Leonardo Lidi
Il giardino dei ciliegi
Progetto Čechov – Terza tappa
Immersi nell’inutilità del nostro giardino.
Leonardo Lidi torna al Festival dei Due Mondi con Il giardino dei ciliegi per l’ultima tappa della sua trilogia dedicata ad Anton Čechov, presentata anche integralmente domenica 7 luglio.
«Leggendo il testo di Anton Čechov» – racconta Lidi – «mi è sempre sembrato palese (e magari ho sempre sbagliato) che il nostro giardino è sinonimo di nostro teatro. Ed avendo avuto il progetto Čechov una validità politica dal suo principio, dal rientro post pandemico con Il gabbiano per interrogarci sul come ripartire nell’incontro con il pubblico, mi sembra stimolante chiudere il cerchio con questo testo così profondo nelle sue domande».
Leonardo Lidi conduce lo spettatore in un giardino/teatro che ora vive solo nel ricordo dei suoi interpreti. Un giardino inutile, il nostro teatro pubblico, che si può tranquillamente abbattere a favore di un parcheggio.
«Se l’unico pensiero è accumulare in maniera autolesionista e spremere le persone accanto a noi» – commenta il regista – «se crediamo in questa forma di schiavismo del nuovo millennio, se smettiamo di occuparci della qualità delle nostre vite attraverso la qualità della vita degli altri, allora mi chiedo che cosa stiamo facendo, ancora, su un palcoscenico. E se lo chiedono anche gli attori, abbandonati nel tempo a dover auto affermare il valore del proprio lavoro. Ci siamo dimenticati di loro».
Ecco l’ultima immagine che Čechov lascia nel finale di Giardino, nel finale di una vita spesa per il teatro. Una persona che ha servito altre persone per tutta la sua esistenza, senza se e senza ma, dimenticato. Dice a sé stesso, o al teatro che sta occupando ...Non hai più forze, non ti è rimasto proprio niente, niente... Eh, buono a nulla...
Poi una corda tragica di violino a riempire la scena.
di Anton Čechov
regia Leonardo Lidi
Personaggi e interpreti
Ljubov' Andreevna Francesca Mazza
Anja, sua figlia Giuliana Vigogna
Varja, sua figlia adottiva Ilaria Falini
Lenja Andreevna, sorella di Ljubov’ Orietta Notari
Ermolaj Alekseevic Lopachin Mario Pirrello
Peter Sergeevic Trofimov Christian La Rosa
Boris Borisovic Simeonov-Piscik Giordano Agrusta
Charlotta Ivanovna Maurizio Cardillo
Semen Panteleevic Epichodov Massimiliano Speziani
Dunja Angela Malfitano
Firs Tino Rossi
Jasa Alfonso De Vreese
scene e luci Nicolas Bovey
costumi Aurora Damanti
suono Franco Visioli
assistente alla regia Alba Porto
produzione Teatro Stabile dell’Umbria
in coproduzione con Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Spoleto Festival dei Due Mondi
Si avvisa che le date e gli orari potranno subire variazioni.
Per aggiornamenti consultare il sito www.festivaldispoleto.com
Settembre 1903. Anton Čechov cerca invano di concludere la stesura del Giardino dei ciliegi, mentre i sintomi della tubercolosi lo fiaccano. È debole, fa fatica a respirare. «Sono sempre mezzo malato» scrive alla moglie Olga, «ho male alle gambe, alla schiena, tossisco». Quando riesce a scrivere, però, il passato e il futuro sembrano fondersi come per un’alchimia.
Testo di Maddalena Giovannelli
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Ecco il passato: la casa in cui si ambientano le vicende del Giardino contiene le memorie della grande tenuta di Melichovo dove Čechov è cresciuto e che da non molto ha venduto a un costruttore di legname. Il ricordo dei vecchi armadi, della polvere che come il tempo si deposita inesorabile sugli oggetti, del sentiero che corre tra gli alberi «come un nastro che splende nelle notti di luna» si riversa dolcemente sulla pagina. Poi c’è il futuro: il drammaturgo continua a correre con il pensiero al momento in cui spedirà la commedia al Teatro d’Arte e in cui inizieranno le prove. E poi si prefigura il debutto a Mosca, quando quelle parole che ora faticosamente appunta su carta diventeranno corpi e vita. Conosce bene – fin troppo bene – gli attori e le attrici che interpreteranno i personaggi immaginati per mesi. Una è sua moglie: Olga sarà la protagonista Ljuba «giacché nessun’altra potrebbe». Ma anche al resto del cast continua a pensare, dando indicazioni via lettera, disseminando il copione di piccoli indizi, dissuadendo e suggerendo: e di quegli indizi converrà tenere conto ancora oggi, leggendo e guardando il Giardino.
Il mercante Lopachin, a cui spetta la prima battuta della commedia, ne è un ottimo esempio. Alla fine del primo atto, quando lo spettatore ha conosciuto gli splendori e le miserie della tenuta dei ciliegi e si è immerso con la proprietaria Ljuba nella nostalgia dolceamara per un tempo ormai passato, ecco che Lopachin avanza la sua proposta per contrastare la crisi economica che incombe sulla casa: dividere il terreno «in tanti piccoli appezzamenti per costruirci tante villette» perché «si può stare sicuri che i villeggianti aumenteranno». Difficile provare simpatia per una simile visione del mondo, che pare marcare come inutile tutto ciò che non porta guadagno, dall’arte alla marmellata di ciliegie; difficile anche immaginare che un simile freddo pragmatismo piacesse all’autore, che proprio a un commerciante aveva appena venduto la sua amata Melichovo. Eppure Čechov ci mette in guardia dalla tentazione di leggere il personaggio come una pura personificazione del capitalismo, o come un crudele e univoco inno alle leggi del mercato.
A fine ottobre, poco dopo aver finalmente spedito il copione, scrive una lettera all’attore che più ama nella compagnia, Konstantin Stanislavskij, e condivide con lui il desiderio di affidargli un «Lopachin artistico»: «è un mercante, è vero; ma è una persona degna di ogni riguardo; egli deve comportarsi con tutta correttezza, da persona istruita, senza meschinità». In realtà, le cose andranno diversamente, e per una serie di ragioni a Stanislavskij toccherà lo svagato Gaev, fratello di Ljuba; Lopachin sarà invece interpretato da Leonid Leonidov, benché su di lui Čechov avesse avanzato la preoccupazione che desse corpo solo a un «piccolo approfittatore». Attraversare la fitta selva di discussioni e problemi di casting che fiorì tra la fine del 1903 e l’inizio del 1904 non è solo un modo per conoscere piccole e gustose curiosità storiografiche; è piuttosto un’occasione per lasciarsi suggerire nuove prospettive interpretative, utili per non farsi tentare dalle semplificazioni.
Chi scrive per il teatro o si occupa di regia (ma anche l’osservatore teatrale attento) sa bene che la sola fisicità dell’interprete – così come la sua qualità umana, la sua postura nel mondo, il suo modo di parlare – contribuisce in modo significativo a delineare la statura e le caratteristiche di un personaggio. Talvolta persino a mutarne i contorni, o a rivelarne aspetti lasciati silenti dalla tradizione.
Di tutto questo è ben consapevole Leonardo Lidi, regista sempre attento alla composizione del cast, e capace di accordare come un direttore d’orchestra le tonalità di attori e attrici con età ed esperienze assai differenti. Con Il giardino dei ciliegi, Lidi giunge alla sua terza regia cechoviana, realizzata – proprio come accadeva al Teatro d’Arte – con un ensemble quasi identico. Accade così (lo potrà felicemente testimoniare il pubblico del Festival che attraverserà l’intera trilogia domenica 7 luglio) che ci si trovi a riconoscere lo stesso interprete nelle diverse rappresentazioni, e a gustarne i metamorfici cambiamenti; così come è inevitabile che le sovrapposizioni di ruolo si rivelino portatrici di senso. I personaggi e gli attori sembrano in un certo senso esondare dall’una all’altra opera nell’immaginario di chi scrive, di chi dirige e degli spettatori. Leonardo Lidi, proprio come Čechov, ama lavorare sui contrasti, creando piccole crepe tra ciò che si dice di una persona e quello che appare invece come verità sensibile agli occhi del pubblico. Gli uomini per cui tutte perdono la testa, per esempio (il letterato Trigorin ne Il gabbiano o il medico Astrov in Zio Vanja, rispettivamente interpretati da Massimiliano Speziani e Mario Pirrello) appaiono nelle regie di Lidi sgraziati, trascurati, per nulla attraenti. Toccherà a noi trarne le conclusioni, ripensando a quante volte gli innamoramenti e le fascinazioni ci rendano ciechi, o abbiano a che fare più con la persona che guarda che con l’oggetto del sentimento. O ancora: le donne che vengono rifiutate e che si definiscono brutte (Masha nel Gabbiano o Sonja in Zio Vanja, rispettivamente Ilaria Falini e Giuliana Vigogna) non ci appaiono affatto tali. Ma quanto può incidere la nostra autopercezione nel modo in cui veniamo guardati? E ci definisce di più la maschera sociale che indossiamo, il nostro aspetto fisico, o quello che siamo davvero? Varrà dunque la pena osservare con cura i corpi che popolano Il giardino dei ciliegi, non affidarsi mai alla sola tessitura verbale e alle affermazioni perentorie (soprattutto se riguardano chi le pronuncia), ma curiosare proprio nelle intercapedini tra quello che vediamo e quello che ascoltiamo. Ogni essere umano – ci ricorda la trilogia cechoviana nell’intelligente rilettura di Lidi – è una creatura piena di contraddizioni, e rinchiuderlo in una definizione (che sia “piccolo approfittatore” o “affascinante letterato”) è una fatica vana e destinata al fallimento. Raccontano che Čechov fosse un attento osservatore del quotidiano. Capitava di vederlo – lo riferisce Stanislavskij nella sua Autobiografia – accendersi per l’entusiasmo nello spiare il via vai di un ufficio postale dall’altra parte della strada, oppure i lenti movimenti necessari per la pesca. Non è difficile, leggendo i suoi testi, immaginare cosa colpisse la sua fantasia: tutti quei piccoli gesti che ci rivelano nelle nostre grandezze e nelle nostre goffaggini. Talvolta, sembra insinuare Čechov, si vede meglio nella distanza che nell’intimità. Quello strano e meraviglioso paradosso per il quale, quando ci fermiamo ad osservare con attenzione un estraneo alla fermata di un autobus, scopriamo di sapere molto dei suoi desideri e delle sue paure.
Giordano Domenico Agrusta
Nasce nel 1984 a Grottaglie in provincia di Taranto. Dopo il Diploma parte per Milano dove studia Filosofia e si specializza in Neuroscienze Cognitive. Terminati gli studi, si trasferisce a Terni nel 2008 per studiare recitazione con Gastone Moschin, Emanuela Moschin e Marzia Ubaldi. Fonda la compagnia Malabranca Teatro con Daniele Menghini, Ludovico Rohl e Cristina Daniele. Nel 2015 entra a far parte della compagnia attori del Teatro Stabile dell’Umbria. Lavora con Danilo Nigrelli, Michele Placido, Andrea Baracco. Collabora con diverse compagnie private e organismi produttivi teatrali, tra cui Marche Teatro, Teatri di Roma, Teatro alla Scala. È nel cast del Progetto Čechov diretto da Leonardo Lidi: Il gabbiano (2022), Zio Vanja (2023), Il giardino dei ciliegi (2024).
Maurizio Cardillo
Siciliano, è attore e autore. Ha lavorato come attore con Teatro dell’Elfo, Teatri di Vita, Teatro Stabile di Bologna, Teatro Stabile di Bolzano, ErosAntEros ed è stato diretto da Elena Bucci, Gigi Dall’Aglio, Luigi Gozzi, Renato Carpentieri, Paolo Billi e altri. Dal 2007 ad oggi ha partecipato a numerosi spettacoli della compagnia Le Belle Bandiere, formazione con la quale continua a collaborare. Dal 2010 ad oggi ha collaborato frequentemente, come attore e autore, con Tra un Atto e l’altro di Francesca Mazza e Angela Malfitano e Liberty di Elena di Gioia. Per la Società dei Concerti di Parma ha scritto e diretto Lettera a mio padre (da Kafka) con Ugo Pagliai. È nel cast del Progetto Čechov diretto da Leonardo Lidi: Il gabbiano (2022), Zio Vanja (2023), Il giardino dei ciliegi (2024).
Alfonso De Vreese
Nasce a Modena nel 1992. Si diploma nel 2017 alla Scuola di Teatro Luca Ronconi del Piccolo Teatro di Milano dopo essersi formato presso la Scuola di teatro A. G. Garrone e il Corso di Alta Formazione di ERT. Lavora, tra gli altri, con Longhi, Muscato, Condemi, Cabra, Michieletto, Sangati, Romano, Granata. È diretto in Uomini e no, Macbeth, le cose nascoste e La pulce nell'orecchio da Rifici, in Misantropo e Come nei giorni migliori da Leonardo Lidi, in Sogno di una notte di mezza estate da Chiodi e ne Il ragazzo dell'ultimo banco da Gassmann. Nel cinema ha lavorato con il regista Wright nelle riprese di M il figlio del secolo per Sky Studios. Nel 2019 Vince il Premio Scenario con Una vera tragedia di Favaro e Bandini e nel 2022 il Premio Mariangela Melato come miglior attore emergente. Nel 2024 è nel cast de Il giardino dei ciliegi, terza tappa del Progetto Čechov diretto da Lidi.
Ilaria Falini
Diplomata al Centro Universitario Teatrale di Perugia con maestri tra cui Flaszen, Bogdanov, Karpov e Ferrero, prosegue la sua formazione con i registi Schiavelli, Pezzoli, Santagata e Ronconi sotto la cui direzione frequenta il Corso d’Eccellenza del Centro Teatrale Santa Cristina. Ha lavorato in varie produzioni diretta, tra gli altri, dai registi Bruschetta, Carpentieri, Le Moli, Pepe e Dini. Nel 2021 interpreta Kristine nello spettacolo La signorina Giulia per la regia di Leonardo Lidi, produzione TSU, che ha debuttato alla 64ma edizione del Festival dei Due Mondi. È nel cast del Progetto Čechov diretto da Leonardo Lidi: Il gabbiano (2022), Zio Vanja (2023), Il giardino dei ciliegi (2024).
Christian La Rosa
Si diploma nel 2012 alla scuola per attori del Teatro Stabile di Torino, poi frequenta il laboratorio internazionale di teatro diretto da L. Ronconi. In teatro lavora, tra gli altri, con C. Rifici, V. Malosti, M. Sgorbani, A.Chiodi, L. Ferracchiati. Nel 2016 è in Santa Estasi. Atridi: otto ritratti di famiglia diretto da A. Latella e in Qualcuno che tace regia di L.Lidi. Con il ruolo di Pinocchio (Latella) nel 2017 vince l'UBU come miglior attore under 35 e il premio ANCT. Nel 2018 è in Spettri (Lidi); nel 2019/20 in La valle dell'Eden (Latella) e in La città morta (Lidi). È protagonista di Animali domestici di A. Mingarelli nel 2021 e torna con Lidi per La signorina Giulia di Strindberg e Il misantropo di Molière. È nel cast del Progetto Čechov diretto da Leonardo Lidi: Il gabbiano (2022), Il giardino dei ciliegi (2024).
Angela Malfitano
Attrice e regista, inizia a lavorare con Leo De Berardinis, suo maestro, a cui seguono Thierry Salmon, Alejandro Jodorowsky, Claudio Morganti, Dario Fo, Andrea Adriatico, Fabrizio Arcuri, Marco Sgrosso, Marco Baliani, Mimmo Sorrentino, Mattew Lenton. Vince nel 1992 il Premio Giovani Artisti Europei. Nel 1999 fonda con Francesca Mazza Tra un atto e l’altro e dirige produzioni e rassegne anche negli ambiti di cultura sociale e di genere. Cura progetti di teatro con reti di artisti e collabora come docente con Unipv e Unibo. Produce drammaturgia contemporanea e su figure d’eccellenza del territorio con Regione Emilia Romagna, Città Metropolitana di Bologna ed Emilia Romagna Teatro Fondazione. È nel cast del Progetto Čechov diretto da Leonardo Lidi: Il gabbiano (2022), Zio Vanja (2023), Il giardino dei ciliegi (2024).
Francesca Mazza
Diplomata alla Scuola diretta da Alessandra Galante Garrone, dal 1983 al 1995 lavora negli spettacoli di Leo de Berardinis. In seguito, tra gli altri, lavora con la compagnia Fanny & Alexander, con Teatri di Vita, con Accademia degli Artefatti, con il Teatro Stabile del Veneto, Teatro Stabile di Roma, Teatro Stabile di Torino, ERT Emilia Romagna Teatri, Radiotre Rai. Ha vinto il Premio Ubu come migliore attrice non protagonista per la stagione 2004/2005. Nel 2010 ha vinto il Premio Ubu come migliore attrice protagonista con West e gli spettacoli del progetto Ravenhill Spara/trova il tesoro/ripeti. È stata diretta da Leonardo Lidi in La casa di Bernarda Alba e Il misantropo di Molière. È nel cast del Progetto Čechov diretto da Lidi: Il gabbiano (2022), Zio Vanja (2023), Il giardino dei ciliegi (2024).
Orietta Notari
Ha recitato in molti spettacoli dai maggiori autori della drammaturgia classica e contemporanea, tra cui Shakespeare, Moliere, Sofocle, Racine, Ibsen, Labiche, Brecht, Cechov, Pirandello, Beckett, Pinter, Fassbinder, Topor, Fosse. È stata diretta, tra gli altri, da Besson, Ronconi, Sciaccaluga, Stuhr, Bruni e De Capitani, Arias, Binasco e Dini. Nel 2006 è stata candidata al Premio UBU come attrice non protagonista; nel 2016 vince il Premio ANCT, nel 2019 è stata candidata al Premio Le Maschere del Teatro come attrice non protagonista. Nel 2020/21 ha lavorato ne La casa di Bernarda Alba con regia di Lidi, Molly Sweeney e Il piacere dell’onestà regia di Binasco e Casa di bambola regia di Dini. È nel cast del Progetto Čechov diretto da Lidi: Il gabbiano (2022), Il giardino dei ciliegi (2024).
Mario Pirrello
Si diploma nel 1997 alla scuola del Teatro Stabile di Torino diretta da Ronconi. A teatro tra gli altri collabora con Martone, Longhi, Avogadro, Malosti, Lavia, Arcuri, di Mauro, Lagi, Pisano, Lenton, Pitoiset, Bausch. Nel 2018 è tra gli interpreti di Spettri, spettacolo vincitore della Biennale di Venezia College Registi, diretto da Leonardo Lidi, con il quale collabora anche l’anno successivo in Lo zoo di Vetro da Williams e nel 2020 in La città morta da D’Annunzio. Al Cinema viene diretto da Giordana in Yara, da Godano in Marilyn ha gli occhi neri, da Argento per Occhiali neri e da Sollima per Adagio. Per la televisione, tra i suoi ultimi lavori Il Commissario Ricciardi (D’Alatri), Esterno Notte (Bellocchio), Il Circeo (Molaioli), Suburra (Capotondi), SuperSex (Rovere). È nel cast del Progetto Čechov diretto da Lidi: Zio Vanja (2023), Il giardino dei ciliegi (2024).
Tino Rossi
Nato nel 1955 in provincia di Piacenza, inizia a fare teatro nel 1980 a Cremona con una compagnia locale. Nel 1987 dà vita a una sua compagnia Quarta Parete, tuttora in attività, collaborando con altre compagnie del territorio. Nel 1993 si diploma doppiatore al Centro Teatro Attivo di Milano. Prende parte a numerosi stage teatrali, fra i tanti: con Carmelo Rifici, Cesar Brie, Armando Punzo, Serena Sinigaglia, Massimo Popolizio, Salvatore La Ruina e Michele Di Mauro. Ha collaborato a spettacoli teatrali con Carmelo Rifici e Leonardo Lidi e ha preso parte ad alcuni film, fra cui una pellicola di Marco Bellocchio. È nel cast del Progetto Čechov diretto da Lidi: Il gabbiano (2022), Zio Vanja(2023), Il giardino dei ciliegi (2024).
Massimiliano Speziani
Premio Hystrio all’interpretazione 2018. Recita diretto, fra gli altri, da Giancarlo Cobelli, Luca Ronconi, Massimo Castri, Antonio Latella, Federico Tiezzi, Mario Martone, Carmelo Rifici. Ha lavorato con la compagnia Katzenmacher di Alfonso Santagata con cui riceve l'Ubu nel 1997. Auto produce Il Memorioso. Breve guida alla Memoria del Bene che replica da dieci anni. Dal 2000 il sodalizio con i drammaturghi Gabrielli e Molinari. Durante il lockdown crea l’esperienza del Teatro in Condominio e nasce Nessun Miracolo a Milano testo di Gabrielli. Tra i suoi ultimi lavori come attore: La Tragedia del Vendicatore (Donnellan) La Valle dell’Eden (Latella), Combattenti (Gabrielli/Ammendola), Cronache del Bambino Anatra (Dall’Aglio). È nel cast del Progetto Čechov diretto da Lidi: Il gabbiano (2022), Zio Vanja (2023), Il giardino dei ciliegi (2024).
Giuliana Vigogna
Si diploma nel 2014 all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio d’Amico di Roma; frequenta poi il corso di alta formazione al Centro Teatrale Santacristina e il corso di perfezionamento presso il Teatro di Roma. Nel 2016 Antonio Latella la sceglie per Santa Estasi (premio Ubu come miglior spettacolo e miglior gruppo di attori under 30). Collabora con ERT per Il libro di Giobbe regia di P. Babina e 1984 diretto da M. Lenton; nel 2018 è Daphne in Aminta di Latella. Nel 2019 inizia la sua collaborazione con Leonardo Lidi per: Il dito, La città morta e Il lampadario, La casa di Bernarda Alba, La signorina Giulia, Il Misantropo. Nel 2022 è candidata finalista ai Premi Ubu come Migliore attrice o performer Under 35. È nel cast del Progetto Čechov: Il gabbiano (2022), Zio Vanja (2023), Il giardino dei ciliegi (2024).
Si diploma alla Scuola del Teatro Stabile di Torino nel 2012. Nel suo percorso alterna recitazione e regia teatrale. In questi primi dieci anni di lavoro registico spicca per capacità e produttività, vincendo a soli 32 anni il premio della critica teatrale italiana. Dal settembre del 2021 è coordinatore didattico della scuola del Teatro Stabile di Torino e dal 2022 Direttore Artistico del Festival di San Ginesio. Tra gli spettacoli da lui diretti ricordiamo Spettri di Ibsen (Biennale Venezia 2018), Lo zoo di vetro di Williams, La casa di Bernarda Alba di Lorca, La città morta di D'Annunzio, La signorina Giulia di Strindberg (Festival dei Due Mondi 2021) e Il Misantropo di Molière. Lavora inoltre su testi di drammaturgia contemporanea e nell’opera lirica. Nel 2022 insieme al Teatro Stabile dell’Umbria inizia la trilogia su Anton Čechov. Prima tappa del progetto triennale è Il gabbiano. Nello stesso anno è candidato finalista al Premio Ubu per la miglior regia con La signorina Giulia. Nel 2023 dirige Zio Vanja, seconda tappa del Progetto Čechov, spettacolo con cui è candidato finalista per la miglior regia agli Ubu 2023. L'ultimo capitolo della trilogia è Il giardino dei ciliegi (2024).
Leonardo Lidi
Davide Enia
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Antonio Latella