Star Catcher
Barbara Hannigan & All Stars
L’orecchio di John Zorn è sempre in cerca del prossimo suono da trasformare in musica. La voce di Barbara Hannigan canta note inimmaginabili fino al momento in cui ce le fa ascoltare.
Era inevitabile che il loro incontro fosse tra i più straordinari della musica contemporanea. L’occasione è stata un brano che il pubblico del Festival già conosce, Jumalattaret, che prima di finire tra le mani dell’artista canadese era considerano ineseguibile, e che l’ha resa famosa in tutto il mondo.
Hannigan torna sullo stesso palcoscenico del Teatro Romano dal quale due anni fa ci ha presentato Jumalattaret, con una impressionante collezione di brani del compositore newyorkese e una lista di musicisti di primissimo ordine provenienti da esperienze diverse: l’americano JACK Quartet, il batterista Ches Smith, il bassista Jorge Roeder, la vibrafonista Sae Hashimoto e il pianista Stephen Gosling sono tutti collaboratori di lunga data, che Zorn ha scelto per i concerti che nel 2023 hanno celebrato i suoi settant’anni.
John Zorn mette alla prova ogni definizione. Ha cominciato dal jazz per spingersi ben oltre ogni confine musicale, lasciandosi ispirare da Charles Ives, Bruno Maderna e Karlheinz Stockhausen, ma anche da registi, romanzieri e poemi epici delle più diverse tradizioni. L’unica costante del suo percorso è una inesauribile curiosità e la necessità di trovare interpreti che come lui non si accontantano di ciò che già sanno fare. «Mi interessano le situazioni nelle quali i musicisti devono fare più scelte possibili. Nulla dev’essere predeterminato», ha detto Zorn in un’intervista per La Lettura. «I musicisti che lavorano con me sono onesti, sinceri, responsabili, virtuosi, hanno grande immaginazione, sono menti aperte, vivono le sfide come opportunità, apportano intensità e catarsi alla performance. Sono tutti miei amici, la mia famiglia».
voce Barbara Hannigan
JACK Quartet
violino Christopher Otto
violino Austin Wulliman
viola John Richards
violoncello Jay Campbell
batteria Ches Smith
basso Jorge Roeder
vibrafono Sae Hashimoto
pianoforte Stephen Gosling
musica di John Zorn
Star Catcher per soprano e pianoforte
Ab Eo, Quod per soprano, violoncello, vibrafono e batteria
Liber Loagaeth per soprano e quartetto d’archi
Casting The Runes per vibrafono e pianoforte
con improvvisazione di batteria e basso
Pandora’s Box per soprano e quartetto d’archi
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produzione Spoleto Festival dei Due Mondi
INFORMAZIONI
I possessori di uno o più biglietti per gli spettacoli in scena al Teatro Romano potranno ritirare un numero corrispondente di biglietti per l’accesso gratuito al Museo archeologico nazionale e Teatro romano di Spoleto presso:
• Festival Box Office & Merchandising via Saffi, 12 - aperto tutti i giorni con orario 10-13/15-18, dal 24 giugno ore 10-19
• Festival Box Office Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti via Vaita Sant’Andrea, 10 - aperto dal 28 giugno tutti i giorni con orario 10-13/14-19
• Punto informazioni Festival di Spoleto Piazza della Libertà - aperto dal 28 giugno tutti i giorni con orario 10-13/15-18
• Biglietterie dei teatri aperte a partire da un’ora prima l’inizio degli spettacoli
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Si avvisa che le date e gli orari potranno subire variazioni.
Per aggiornamenti consultare il sito www.festivaldispoleto.com
Il vaso di Pandora
Testo di Nazim Comunale
«Everything we do is music»
John Cage
«La perfezione è statica, la musica è dinamica». Personalità inafferrabile e che fa di una fertile irrequietezza la cifra fondante della propria ricerca, John Zorn è noto per la vastità della sua ricerca nell’universo dell’udibile e dell’inaudito: qualsiasi elenco delle terre attraversate da questo esploratore dei continenti acustici risulterebbe per forza di cose incompleto, parziale: klezmer, andalusa, improvvisazione, free, noise, metal, rock, colonne sonore, jazz, pezzi per organo solo, contemporanea nelle sue più varie declinazioni. Da diversi anni ormai l’altosassofonista americano predilige sempre più al ruolo di interprete sul palco quello di compositore in costante dialogo con i suoi interpreti, che provengono da mondi a volte apparentemente lontani, ma trovano sempre un punto d’incontro nell’arte mobile ed enciclopedica del newyorkese, nutrita di stimoli e ispirazioni tra le più varie e talora distanti, secondo l’estetica del cut-off, anima da sempre del suo operato. Mathieu Amalric, attore e regista francese autore di John Zorn I, II & III, trilogia uscita al cinema in Francia a novembre 2023, in un’intervista di presentazione del lavoro, che copre dodici anni della sua carriera, (2010-2016, 2016- 2018, 2018-2022), racconta: «L’ho scoperto nel 2001 e mi sono reso conto della varietà colossale dei generi che esplorava; nel 2008 a Parigi voleva mettere in programma un pezzo che prevedeva l’impiego di due attori, The Song Of Songs e così ci siamo conosciuti di persona. Poi è capitata l’occasione del documentario; spesso in questo tipo di prodotti si riduce la vita a una questione logica, come volessimo rinchiudere un animale selvaggio in uno zoo: con lui questo non era possibile. Da piccolo la madre lo metteva davanti alla tv per guardare i cartoni animati, lui chiudeva gli occhi e si lasciava portare dalle repentine evoluzioni sonore che accompagnavano le azioni: potremmo dire che gran parte del suo mondo scaturisce da questa esperienza, da questo vivere in modo istintivo la potenza e la forza creatrice della rottura, dei cambi improvvisi».
Del resto, come scriveva Carl Gustav Jung, a cui Zorn ha dedicato nel 2010 la composizione Liber Novus, «la creazione di qualcosa di nuovo non è compiuta dall’intelletto ma dall’istinto del gioco». L’atto di organizzare i suoni dunque come gioco irreplicabile, istante magico che non si ripeterà più, quello che il poeta turco Nazim Hikmet, descrivendo i concerti brandeburghesi di J. S. Bach, definiva “il non ripetersi del ripetersi”: partiture come materia viva. Una perfetta dimostrazione dell’importanza che ha avuto l’estetica frenetica dei cartoni animati nella scrittura di Zorn ci viene fornita da Casting The Runes, composizione ipercinetica dove vibrafono e pianoforte attaccano alla giugulare in modalità vertigine, con un dettato fitto e all’insegna dell’iper-swing e che non lascia spazio a pause di riflessione. Protagonista di un cd pubblicato nel 2021, Heaven And Earth Magick, pubblicato dalla casa madre Tzadik, il quartetto, composto da Stephen Gosling al pianoforte, Sae Hashimoto al vibrafono, Josh Roeder al contrabbasso e Ches Smith alla batteria, traduce in Big Bang le ansie da alchimista dell’autore: unisoni, stop’n’go, poi un mid tempo incalzante e feroce. Avant-jazz frullato in una centrifuga a mille chilometri all’ora, bop allucinato e futurista, con il contrabbasso quasi mingusiano in alcuni frangenti e squarci melodici luminosi, il vibrafono a scoiattolare rapido in un buio grondante energia, ispirazione e tensione, metamorfica e imprendibile. Il pezzo è ispirato all’omonimo racconto horror breve del 1911 dello scrittore inglese M.R. James, che racchiude in sé alcuni tra i più significativi aspetti dell’universo magico di Zorn. Protagonista è un ricercatore che ha recensito un testo intitolato La verità dell’alchimia: mutatis mutandis potremmo dire che la verità dell’arte del compositore risiede nella sua inquietudine, nel suo porsi alla perenne ricerca di formule che dischiudano nuovi mondi, che ci portino in altre dimensioni. Come quelle delineate in Pandora’s Box, da Myth and Mythopoeia del 2014, originariamente interpretato dall’Arditti Quartet: un mood allusivo con i suonatori che promettono migrazione, vertigine. Per vendicarsi di Prometeo, il titano che aveva donato il fuoco agli uomini rubandolo a Zeus, il re degli dèi decide di donare la prima donna mortale agli uomini. Si tratta di una sottile vendetta perché Pandora, resa bellissima da Afrodite, a cui Era ha insegnato le arti manuali e Apollo la musica e che è stata resa viva da Atena, è destinata ad arrecare la perdizione al genere umano. Il vaso è un dono che le fa il re dell’Olimpo: Zeus si raccomanda di non aprirlo perché contiene tutti i mali che affliggono l’uomo. La donna però ha ricevuto dal dio Ermes il dono della curiosità e non tarda dunque a scoperchiarlo, liberando così tutti i mali del mondo, ovvero gli spiriti maligni di vecchiaia, gelosia, malattia, pazzia e vizio. Sul fondo del vaso rimane soltanto la speranza, che non fa in tempo ad allontanarsi prima che il vaso venga chiuso di nuovo. Aprendolo, Pandora condanna l’umanità a una vita di sofferenze, realizzando così la punizione di Zeus. Grazie alla voce prodigiosa di Barbara Hannigan e alle rotte nomadi tracciate dagli archi, Zorn scoperchia la giara e segue la massima di Gustav Mahler: «Tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri». Devota a questo modus operandi è anche il soprano e direttrice d’orchestra canadese, a suo agio con repertori tra i più disparati e con un prisma di autori vastissimo. Naturale dunque la complicità con Zorn nel nome di un’arte che fa della curiosità onnivora il motore celeste di un’estetica che attinge da molteplici galassie espressive: ecco allora l’ispirazione di Star Catcher affondare in un quadro surrealista della pittrice messicana Remedios Varo: domina una figura femminile frontale le cui vesti sembrano fatte di corteccia o di ali di uccello o di baldacchini di polvere di stelle; tiene in una mano un retino per farfalle e nell’altra una gabbia per uccelli e all’interno della gabbia c’è una falce di luna catturata. In musica questa immagine diventa un dettato velocissimo, nevrotico, attraversato da attacchi di swing che increspano l’acqua e un organizzatissimo caos pare talvolta prendere il sopravvento. Ab Eo, Quod prende spunto dall’omonimo dipinto dell’anglo-messicana Leonora Carrington ed è un’onirica, evocativa ballata, concepita originariamente per soprano, violoncello, vibrafono e batteria che improvvisa. Liber Loagaeth, per soprano e quartetto d’archi, fa riferimento a un testo della cabala ebraica, una profezia sulla cosmogonia dell’universo. Con la mistica ebraica, le musiche indicibili di John Zorn sembrano portare questo messaggio agli ascoltatori: «La tua anima è un veicolo di luce, pronta a trascendere i confini dell’esistenza».
Incarnando la musica con una sensibilità drammatica senza pari, il soprano e direttore d'orchestra Barbara Hannigan è un'artista all'avanguardia nella creazione. La musicista canadese, vincitrice di un Grammy Award, ha dimostrato un profondo impegno nei confronti della musica del nostro tempo e ha eseguito in prima mondiale oltre novanta nuove creazioni. Con una carriera trentennale, Hannigan ha avuto tra i suoi colleghi artistici Reinbert de Leeuw, Pierre Boulez, Sasha Waltz, John Zorn, Krszysztof Warlikowski, Simon Rattle, Katie Mitchell, Henri Dutilleux, Vladimir Jurowski, Gyorgy Ligeti, Kirill Petrenko, George Benjamin, Andreas Kriegenburg e Hans Abrahamsen. È Direttore Principale Ospite della Göteborgs Symfoniker, Première Artiste Invitée dell'Orchestre Philharmonique de Radio France, Artista Associato della London Symphony Orchestra, Direttore Principale Ospite dell'Orchestra da Camera di Losanna (dal 2024/25 in poi) e Reinbert de Leeuw Professor of Music alla Royal Academy of Music di Londra. Con Alpha Classics ha pubblicato sei album, tra cui il suo ultimo disco, Infinite Voyage, nel 2023. L'impegno di Barbara nei confronti delle giovani generazioni di musicisti l'ha portata a creare le iniziative di mentoring Equilibrium Young Artists (2017) e Momentum: our Future Now (2020). Barbara risiede nel Finistère, sulla costa nord-occidentale della Francia, proprio di fronte all'Atlantico, dove è cresciuta a Waverley, in Nuova Scozia.
Acclamato dal New York Times come "il quartetto di punta della nuova musica" e descritto come "esperto nelle partiture moderne più ferocemente difficili" dal New Yorker, il JACK Quartet è uno dei più apprezzati quartetti d'archi sperimentali contemporanei, impegnato nella sua missione di creare una comunità internazionale attraverso esperienze trasformative, di apertura mentale e ascolto ravvicinato. Composto dai violinisti Christopher Otto e Austin Wulliman, dal violista John Pickford Richards e dal violoncellista Jay Campbell, il JACK Quartet è stato fondato nel 2005 e opera come organizzazione no-profit dedicata all'esecuzione, alla commissione e alla valorizzazione della musica per quartetto d'archi del XX e XXI secolo. Grazie a intense collaborazioni con molte delle voci più creative di oggi, il quartetto ha un prolifico catalogo di commissioni e registrazioni ed è stato nominato per tre GRAMMY Awards.
Originario di Sacramento, California, è un batterista, percussionista e compositore con sede a New York. Dall'inizio degli anni Duemila ha collaborato con numerosi artisti, tra cui Marc Ribot, Tim Berne, John Zorn, Darius Jones, David Torn, John Tchicai, Nels Cline, Mary Halvorson, Trevor Dunn, Terry Riley, Kris Davis, Dave Holland, Secret Chiefs 3, Xiu Xiu, Good for Cows, Theory of Ruin e Mr. Bungle. Ha all'attivo nove dischi come bandleader ed è un fedele cultore di tamburi Vodou haitiani con cui si esibisce in contesti religiosi e folcloristici a New York e Haiti negli ultimi dieci anni.
Originario di Lima, in Perù, il bassista Jorge Roeder è noto per essere uno dei bassisti più versatili ed espressivi del jazz odierno. Combinando un'immaginazione sinfonica con l'intimo lirismo di un musicista folk, l'energia aggressiva di un rocker grezzo con la sensibilità ritmica delle sue radici afro-peruviane, Roeder trasmette un ampio spettro di influenze all'interno di una base solida. Nelle sue mani, scrive Peter Hum dell'Ottawa Citizen, "la musica sembra danzare dalle fondamenta". La sorprendente adattabilità della voce di Roeder è evidenziata dalla varietà dei suoi validi collaboratori. Da tempo collabora con il chitarrista Julian Lage, la cui musica abbraccia una panoramica di stili americani, e con la vocalist argentina Sofia Rei, autrice e interprete creativa di melodie provenienti da varie tradizioni sudamericane. È anche un membro del trio del pianista israeliano Shai Maestro, che fonde complessità ed eleganza, e dell'ensemble Catharsis del trombonista Ryan Keberle. Roeder ha anche condiviso i palcoscenici con innovatori come il vibrafonista Gary Burton, il chitarrista Nels Cline e il compositore/sassofonista John Zorn. Le sue doti sono state riconosciute con numerosi premi, tra cui il primo premio all'International Society of Bassists Jazz Competition del 2007, il piazzamento come semifinalista al Thelonious Monk Bass Competition del 2009 e una nomination ai Grammy Award per Sounding Point, l'album di debutto del Julian Lage Group. Dopo aver iniziato a prendere lezioni di chitarra in tenera età, Roeder ha studiato violoncello classico in Perù e in Russia, ha affinato le sue doti nei rock club di Lima e si è dedicato al jazz presso lo stimato New England Conservatory di Boston, dove ha studiato con grandi del jazz come Danilo Pérez, Jerry Bergonzi, Bob Moses, Cecil McBee e il peruviano Oscar Stagnaro. Con le sue inesauribili capacità, la musica di Roeder sembra sempre protesa verso un nuovo orizzonte. Ha fatto proprie le lezioni della formazione classica, della passione per il rock e dell’improvvisazione jazzistica diventando un bassista unico ed originale, all'avanguardia del jazz moderno
Percussionista di origine giapponese. La sua vasta gamma di competenze e la sua crescente curiosità musicale hanno contribuito alla sua carriera poliedrica che continua ad evolversi. Il suo virtuosismo e il suo impegno costante la rendono un'interprete ricercata di musica classica, barocca, contemporanea e sperimentale. Hashimoto è appassionata di esecuzione di musica di compositori viventi. Come membro del quartetto pianoforte/percussioni Yarn/Wire e del Talea Ensemble, ha lavorato a stretto contatto con le principali voci della musica contemporanea e sperimentale, tra cui Tyshawn Sorey, Michael Gordon, Øyvind Torvund, Agata Zubel e Annea Lockwood. Una lunga collaborazione con John Zorn ha portato alla prima esecuzione di oltre una dozzina delle sue opere per vibrafono, registrate in due album dell'etichetta Tzadik. Come musicista orchestrale si è esibita con la New York Philharmonic, il New York City Ballet, la New Jersey Symphony e l'American Composers Orchestra. Attualmente è la timpanista principale dell'orchestra Symphony in C del New Jersey. Esegue anche musica barocca con i suoi timpani d'epoca del XIX secolo con ensemble come TENET Vocal Artists e Clarion Music Society. La sua musica originale può essere ascoltata in un album omonimo di Archipelago X, un trio basato sull'improvvisazione composto da Brian Marsella alle tastiere e Ikue Mori, vincitore del MacArthur 2022 all'elettronica. Hashimoto e Marsella stanno attualmente lavorando a un nuovo progetto per vibrafono e pianoforte, con un nuovo album che uscirà nel 2025. Il suo amore per le percussioni è nato per caso nella classe di musica della quinta elementare di Osaka, in Giappone. Nel 2012 si è trasferita a New York per frequentare la Juilliard School, dove ha studiato con Daniel Druckman e Markus Rhoten, con il supporto di una borsa di studio della Kovner Fellowship. Dopo aver completato il master nel 2018, è stata selezionata come borsista di percussioni per Ensemble Connect, un prestigioso programma della Carnegie Hall. Attualmente risiede a West Orange, NJ.
Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Barbara Hannigan
Musica da Casa Menotti
Jazz Club
Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Barbara Hannigan