Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Jakub Hrůša
Concerto inaugurale - Annullato
Una piccola volpe astuta
È di grande fascino il programma del concerto inaugurale della 66° Edizione del Festival dei Due Mondi, affidato all’Accademia di Santa Cecilia, al terzo anno in residenza a Spoleto, sotto la guida del talentuoso direttore ceco Jakub Hrůša, recentemente nominato direttore musicale della Royal Opera House di Londra succedendo ad Antonio Pappano.
Al centro vi è la musica di Leoš Janáček di cui Hrůša, nato a Brno, è connazionale e tra i più apprezzati interpreti – grande successo ha riscosso di recente la sua direzione dell’opera Káťa Kabanová al Festival di Salisburgo. La musica di Janáček è probabilmente tra le più espressive che si possano trovare nel XX secolo e Hrůša ha realizzato una Suite con scene cantate dall’opera originale della celebre Piccola volpe astuta, con la quale si apre questo programma. Ispirata a un romanzo a puntate per ragazzi, la storia della volpe Bystrouska (astuta) è un esempio di teatro musicale unico del suo genere e le vicende del piccolo animale sono una prima occasione per riflettere sul rapporto tra uomo e natura che sottende a tutto il programma del Festival.
Di grande suggestione è la dimensione popolare: a cavallo tra Ottocento e Novecento Janáček ha fatto della ricerca sui canti e le danze della Moravia uno dei tratti distintivi della sua musica e della sua ricerca etnomusicologica. Nelle Danze di Lachi, omonima regione orientale della ceco-slovacchia, ritroviamo melodie popolari e tradizioni con le quali riproduce in chiave personale l’estro gioioso di un’esecuzione folklorica. Il programma si chiude con la Sinfonietta, forse il suo lavoro più conosciuto, è un omaggio alla sua città, della quale ripercorre strade e luoghi simbolici.
Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
direttore Jakub Hrůša
soprano Louise Alder
Bystrouška, volpe femmina
soprano Corinne Winters
Lišák, volpe maschio
baritono Roman Hoza
Revírník, guardiacaccia
musica
Příhody Lišky Bystroušky
La piccola volpe astuta
Suite
versione di Jakub Hrůša
con scene dall’opera originale
Danze di Lachi
n.3 Dymák Danza dell’incudine
n.6 Pilky Danza della sega
n.5 Čeladenský Danza del villaggio di Celadna
Sinfonietta
ANNULLAMENTO CONCERTO INAUGURALE
A causa del maltempo il Festival dei Due Mondi ha annullato il Concerto inaugurale di ieri sera in Piazza Duomo. L’organizzazione e gli artisti hanno sperato fino all’ultimo di poter far iniziare il concerto anche per gli aggiornamenti dalle previsioni meteo che sembravano promettere una perturbazione passeggera. Ringraziamo tutto il pubblico, i cantanti solisti, il direttore e l’orchestra per la paziente attesa. L’arrivo del temporale ha sancito la resa con lo spegnimento di sicurezza di tutti gli impianti audio e luci. Lo staff ha provveduto a comunicare a tutto il pubblico anche personalmente l’annullamento del concerto. Il Festival però continua e da questa mattina sono in corso tutti gli appuntamenti programmati, in attesa del debutto di questa sera dell’opera Pelléas et Mélisande al Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti. Il pubblico ha diritto al rimborso dei biglietti secondo le modalità indicate di seguito.
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Testo di Sandro Cappelletto
«La volpe astuta è l’Alice in Wonderland di un umanitario socialista moravo; ma è una fiaba per adulti. Naturalmente, la fiaba ha un fondo amaro per gli spettatori latini, incapaci di amare la Vita senza darle esterne giustificazioni. Eppure il racconto di Janáček trova il suo senso completo proprio nel simbolo inesplicato della Volpe, e in questa pagana accettazione dell’esistenza, in quanto essa possa essere «bella e selvaggia», degna di amore anche quando sembri respingere l’amore». Così, implacabilmente saggio, Eugenio Montale raccontava, nel 1958, l’allestimento alla Scala della Volpe astuta nella storica edizione con la regia di Walter Felsenstein prodotta dalla Komische Oper di Berlino.
Příhody lišky Bystroušky, Le avventure della volpe Bystrouska, più conosciuta come La piccola volpe astuta, debutta nel 1924 a Brno, la principale città della Moravia, nella Repubblica Ceca. La vicenda è tratta da un racconto di Rudolf Tesnohlídek e da una serie di disegni di Stanislav Lolek, ispirati a paesaggi rurali e ad animali dei boschi, apparsi a puntate sul quotidiano praghese Lidové noviny. Tesnohlídek è scrittore anarco-pessimista, che denuncia le convenzioni e le esclusioni imposte dai codici sociali. La sua volpe per quanto Bystry (furba) cerchi di essere, non lo sarà abbastanza per sfuggire alla crudeltà degli uomini. L’animale che non accetta di farsi addomesticare, viene catturato, fugge e infine soccombe, ha il proprio doppio nel personaggio di Térynka, la ragazza «bella e selvaggia» corteggiata dai notabili del villaggio, che sceglie invece un venditore vagabondo e border-line rispetto alle buone maniere della vita borghese.
«La primavera rifiorisce intorno e la vita, sola trionfatrice, ricomincia il suo ciclo», commentava ancora Montale, che in quegli stessi anni mai mancava l’appuntamento con Spoleto, offrendo reportage che consentivano ai lettori del suo giornale, il Corriere di Informazione, di condividere l’atmosfera favolosa delle prime edizioni del Festival.
A quella recita del 1958 alla Scala assiste anche Massimo Mila: «Solo la nota indifferenza degli italiani agli aspetti della natura, quando non si cristallizzino in punti di vista panoramici da cartolina illustrata, potrebbe ritardare il successo di questo puro capolavoro».
Questa sera ascolteremo una suite sinfonica dell’opera impaginata dal direttore Jakub Hrůša, moravo come Janáček, e che vede la presenza di tre cantanti. E’ passato un secolo dal debutto di La volpe astuta, un secolo durante il quale l’antropocene allora smisuratamente orgoglioso di sé, si scopre oggi in profondissima crisi di senso e di progettualità. Ci farà dunque riflettere il panteismo misterioso che caratterizza la musica di Janáček e che possiamo ritrovare soltanto nel contemporaneo L'Enfant et les sortilèges di Maurice Ravel, dove a prevalere sono lo sguardo magico dell’infanzia. La scrittura di Janáček è seduttiva nell’intrecciare momenti ritmicamente incalzanti a ampie pagine di trepida calma, nel privilegiare – come conviene ad una favola – gli scarti imprevisti che accentuano la sghembatura narrativa, nell’attesa di quanto potrà accadere. Scrittura che sfugge ad ogni rigida definizione, come avviene anche per la linea del canto, lontana dalle torsioni espressioniste, dall’empito lirico, dal sempre complesso equilibrio tra parola e voce dello Sprechgesang. Immaginiamo di venire attratti dalla segreta bellezza di una foresta e di smarrirci, di ascoltarne i suoni, i mormorii, di dare voce alle allegorie che l’osservazione della natura suscita in noi. Provando contemporaneamente, come la volpe, il rischioso desiderio di uscire da quel fitto per andare incontro alla civiltà degli uomini, mettendo a rischio il libero vagabondare. L’immediata riconoscibilità dei temi orchestrali (il passo veloce, sfuggente, zigzagante della volpe, che nell’opera ha voce di soprano), la varietà dell’orchestrazione, la levità della scrittura trasformano questa suite nella porta d’ingresso, come suggerisce Montale, in un Wonderland, a patto di diventare anche noi – ma chi ne sarà capace? - tante e tanti Alice.
L’amore per il folclore della propria terra, che non è la cifra tipica di La volpe astuta e che non può diventare l’orizzonte critico prevalente verso la musica di Janáček, si manifesta con maggiore evidenza nelle Danze di Lachi (1889-1890). Sei ne prevede la partitura originale, tre ne ascolteremo stasera: Dymák (Danza dell'incudine), Čeladenský (Danza del villaggio di Celadna), Pilky (Danza della sega). La riscoperta del patrimonio musicale etnografico che entusiasma i compositori europei tra fine Ottocento e inizio Novecento non rappresenta soltanto, allo sguardo dello storico della musica, l’esito di un’operazione nostalgica in chiave patriottica. Nei modi del folklore, lontani dalle regole dell’armonia tonale e che affondano le radici in un passato storicamente indefinito, i musicisti non cercavano soltanto le radici della loro identità nazionale, ma un’incorrotta linfa vitale, quasi un grado zero della creatività. Così è anche per Janáček, nell’effervescenza di Dymák, come venissimo trascinati in un ballo a tondo sempre più stringente, nell’incalzante ritmo in due tempi di Čeladenský, nel lieto incedere dell’inizio di Pilky, l’episodio più articolato, che presto diventa evocazione di una comunità danzante e brevemente ritorna al cadenzato passo iniziale soltanto per precipitarsi verso il finale. Il compositore cita e reinventa, offre le sonorità e i colori di un’intera orchestra a musiche tramandate oralmente di generazione in generazione e crea quel fertile rapporto di ricreazione che ha sempre caratterizzato le relazioni, oggi molto compromesse, tra cultura popolare, spesso anonima, e opera d’arte d’autore.
Come La piccola volpe astuta anche Sinfonietta (1926) appartiene all’estremo periodo creativo di Janáček. Il titolo originale è Vojenská synfonietta, Sinfonietta militare. Il lavoro viene dapprima dedicato alle forze armate cecoslovacche e il compositore prevede una divisione in cinque movimenti: Fanfare, Il castello, Il chiostro della regina, La strada, Il municipio. Al momento dell’edizione a stampa, l’aggettivo militare scompare, così come vengono omessi i titoli delle diverse sezioni. L’ispirazione originaria rimane riconoscibile, per la presenza in orchestra di 4 corni, 3 trombe, 4 tromboni e basso tuba - ai quali si aggiungono nel primo movimento altri 13 ottoni: 9 trombe, 2 tube tenori, 2 trombe basse – e per l’andamento marziale che riappare anche nella parte finale. «Come per miracolo il raggio luminoso della libertà si levò a risplendere sulla città intera – la rinascita del 28 ottobre 1918, gli squilli delle trombe vittoriose, la pace del Chiostro della regina, le ombre della notte, il respiro delle colline verdeggianti e la visione della grandezza della città, della mia Brno: tutto questo contribuì a dar vita alla Sinfonietta». Il 28 ottobre 1918 è la data che celebra la nascita della Repubblica Cecoslovacca, alla fine della Prima Guerra Mondiale e dopo la dissoluzione dell’Impero absburgico. Con queste parole Janáček ci offre la migliore chiave d’accesso a un’opera destinata a diventare il suo più amato titolo orchestrale. Come per La volpe astuta, anche adesso è necessario immaginare: la città di Brno, la sua città, i lunghi anni di guerra, l’indipendenza e la pace finalmente raggiunte, la possibilità di liberare le dolcezze della fantasia. E chi ci impedisce di pensare che le pagine finali della partitura evochino la sfilata delle truppe mentre suonando marciano verso le caserme per deporre le armi, in un tripudio festoso e incruento, sognando la felicità.
L’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia è stata la prima in Italia a dedicarsi esclusivamente al repertorio sinfonico, promuovendo prime esecuzioni di capolavori del Novecento. Dal 1908 a oggi ha collaborato con i maggiori musicisti del secolo: è stata diretta, tra gli altri, da Mahler, Debussy, Strauss, Stravinskij, Toscanini, Furtwängler, De Sabata, Karajan, Abbado e Kirill Petrenko. I suoi direttori stabili sono stati Molinari, Ferrara, Previtali, Markevitch, Schippers, Sinopoli, Gatti, Chunge e Sir Antonio Pappano (2005-2023), al quale nell’ottobre 2024 succederà, come nuovo Direttore Musicale, l’inglese Daniel Harding. Dal 1983 al 1990 Leonard Bernstein ne è stato il Presidente Onorario. L’Orchestra e il Coro sono stati ospiti dei maggiori festival: i Proms di Londra, i Festival di Lucerna, delle Notti Bianche di San Pietroburgo, di Salisburgo, e delle più prestigiose sale da concerto, tra cui Philharmonie di Berlino, Musikverein di Vienna, Concertgebouw di Amsterdam, Royal Albert Hall di Londra, Salle Pleyel di Parigi, Teatro alla Scala di Milano, Carnegie Hall di New York. L’intensa attività discografica degli ultimi anni è stata coronata da diversi riconoscimenti e premi internazionali. Tra le ultime incisioni dirette da Antonio Pappano ricordiamo l’Otello di Verdi con Jonas Kaufmann, Cinema con Alexandre Tharaud al pianoforte, Insieme-Opera Duets con Jonas Kaufmann e Ludovic Tézier, la Messa di Gloria di Rossini recentemente premiata agli International Classical Music Awards nella sezione “Choral Music” e la Turandot di Puccini con Sondra Radvanovsky e Jonas Kaufmann (marzo 2023, Warner Classics).
Nato nella Repubblica Ceca, Jakub Hrůša è Direttore principale dei Bamberger Symphoniker, Direttore ospite principale dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Direttore ospite permanente della Filarmonica Ceca ed è stato Direttore ospite principale della Philharmonia Orchestra di Londra. Dal 2025 sarà il nuovo Direttore musicale del Royal Opera House-Covent Garden di Londra. Hrůša collabora regolarmente con le principali orchestre del mondo: Wiener e Berliner Philharmoniker, Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks, Orchestre de Paris, Royal Concertgebouw Orchestra, Mahler Chamber Orchestra, Cleveland Orchestra, New York Philharmonic e Chicago Symphony. Come direttore d’opera è stato ospite del Glyndebourne Festival, Covent Garden di Londra, Staatsoper di Vienna, Opernhaus di Zurigo e Opéra National de Paris. Ha collaborato con solisti e cantanti quali Leif Ove Andsnes, Lisa Batiashvili, Yefim Bronfman, Christian Gerhaher, Kirill Gerstein, Hilary Hahn, Barbara Hannigan, Janine Jansen, Leonidas Kavakos, Lang Lang, Igor Levit, Jan Lisiecki, Viktoria Mullova, Anne-Sophie Mutter, Daniil Trifonov, Mitsuko Uchida e Yuja Wang. Tra le sue più recenti pubblicazioni discografiche segnaliamo la Asrael Symphony di Suk con la Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks, le Sinfonie nn. 3 e 4 di Brahms e, appena pubblicata, la Sinfonia n. 1 di Hans Rott con i Bamberger Symphoniker. Jakub Hrůša è Presidente dell’International Martinů Circle e della Dvorak Society ed è stato il primo vincitore del Sir Charles Mackerras Prize.
Studia alla Royal College of Music International Opera School dove è la prima borsista di Kiri Te Kanawa. I suoi impegni nella stagione 2022/23 includono Fiordiligi in una nuova produzione di Così fan tutte per la Bayerische Staatsoper di Monaco e il ritorno al Festival di Glyndebourne come Anne Trulove in The Rake's Progress. In concerto canta la Sinfonia n. 2 di Mahler con la London Symphony Orchestra/Sir Simon Rattle e la Sinfonia n. 4 con la Bayerisches Statsorchester/Vladimir Jurowski, L'astuta vipera di Janáček con l'Accademia Nazionale di Santa Cecilia/Jakub Hrůša e Exsultate, jubilate di Mozart con l'Orchestra Filarmonica di Berlino/Kirill Petrenko. Tra i suoi precedenti successi figurano Susanna per la Wiener Staatsoper, la Bayerische Staatsoper di Monaco e l'Opernhaus Zürich; Zerlina in Don Giovanni per la Royal Opera House, il Covent Garden e il Teatro Real di Madrid; Gretel in Hänsel und Gretel e Marzelline in Fidelio per la Bayerische Staatsoper di Monaco; Sophie in Der Rosenkavalier per la Wiener Staatsoper e il Festival di Glyndebourne e Cleopatra in Giulio Cesare per il Theater an der Wien e l'Oper Frankfurt. Le sue apparizioni in recital includono i BBC Proms, il Musikverein di Graz e l'Oper Frankfurt con Gary Matthewman, la Wigmore Hall con Joseph Middleton e James Baillieu, la Schubertiade Schwarzenberg con Daniel Heide e l'Oxford Lieder Festival e la Fundación Privada Victoria de los Ángeles a Barcellona con Sholto Kynoch.
Soprano americano, si diploma all’Academy of Vocal Arts di Philadelphia. Riceve riconoscimenti da prestigiose istituzioni statunitensi e si afferma in concorsi internazionali. Inizia la carriera nel suo Paese per poi debuttare in Europa. Particolarmente apprezzata come Violetta ne La traviata, ha interpretato questo ruolo alla Royal Opera House Covent Garden, English National Opera, Theater Basel, Opera Australia, a San Diego, Seattle, Wolf Trap, Detroit, Ottawa e Hong Kong. Fra i suoi impegni passati ricordiamo Fiordiligi in Così fan tutte (ROH, Santa Cecilia a Roma), Mélisande in Pelléas et Mélisande (Zurigo, Saint Louis), Mimì ne La bohème (ENO, Washington, Arizona Opera), Juliette in Roméo et Juliette (Arizona Opera), Alice in Falstaff (Birmingham Symphony Orchestra), Soong Ching-ling nella prima americana di Dr. Sun Yat-sen (Santa Fe); i debutti come protagonista in Kát’a Kabanová (Seattle), Desdemona nell’Otello e Rachel ne La Juive (Anversa), Tat’jana in Evgenij Onegin (Arizona Opera; Detroit), Magda ne La rondine (Saint Louis), Liù in Turandot con l’Orchestra Bolívar diretta da Dudamel, Léïla ne Les pêcheurs de perles (Festival di Santa Fe), Halka nell’opera omonima (Theater an der Wien), Les nuits d’été con la Borusan Istanbul Philharmonic Orchestra, Requiem in tour in Europa con Monteverdi Choir and Orchestras diretti da Gardiner. Impegni recenti e futuri: l’acclamato debutto con Kat’á Kabanová al Festival di Salisburgo, opera interpretata anche a Stoccarda, Genève e Lione, il debutto come Cio-Cio-San in Madama Butterfly al Circo Massimo con l’Opera di Roma e a Francoforte; il ritorno a Londra come Rusalka, negli Stati Uniti con Evgenij Onegin e la IX Sinfonia di Beethoven, ancora a Roma con Kat’á Kabanová e per i Dialogues des Carmélites inaugurali, Il Trittico a Bruxelles, Jenůfa a Ginevra e Valencia.
Nato nel 1990 a Zlin, nella Repubblica Ceca, oltre agli studi presso l'Accademia Janacek di Brno e la Hochschule für Musik und darstellende Kunst di Vienna, frequenta corsi di perfezionamento con C. Ludwig, L. Watson, H. Deutsch, J. P. Fouchécourt, T. Krause, A. Plachetka o D. Syrus, solo per citarne alcuni. Nel 2014 partecipa al Salzburger Festspiele Young Singers Project come Dandini in Cenerentola. Nello stesso anno prende parte all'opera studio dell'Opera National de Lyon. Dal 2015 al 2016 è membro dell'opera studio della Deutsche Oper am Rhein di Düsseldorf/Duisburg dove appare sul palco in molti ruoli di repertorio come Morales, Silvano, Marullo e altri. Nel 2020 Hoza entra a far parte dell'ensemble della Deutsche Oper am Rhein e interpreta ruoli come Papageno (Die Zauberflöte), Dandini (La Cenerentola) o Belcore (Elisir d'amore). Roman Hoza è anche solista dell'Opera Janacek di Brno, dove interpreta il ruolo di Don Giovanni, Guglielmo (Cosí fan tutte), Marbuel (Dvorak: Kate and the Devil), Rimbaud (Le Comte Ory), Belcore (Elisir d'amore) o Jaufré Rudel (Saariaho: L'Amour de loin). È ospite regolare del Teatro Nazionale di Praga (Don Giovanni e Figaro di Mozart, Mamma Agata di Donizetti o Dandini di Rossini) e del Teatro Nazionale di Ostrava nel ruolo del titolo di Amleto di A. Thomas. Il suo repertorio comprende, tra l'altro, il ruolo del titolo in Eugen Onegin, parti di basso/baritono in Carmina Burana, The Messiah, Johannespassion, Paulus, Die Schöpfung, Te Deum di Dvorak e molti altri. Hoza si dedica anche alla musica da camera (cicli di canzoni di Dvorak, Janacek, Mahler, Martinu, Ravel, Schubert, Schumann fra gli altri) e alla musica barocca collaborando con i principali ensemble barocchi della Repubblica Ceca (fra cui Collegium 1704, Musica Florea, Ensemble Inégal).
Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Antonio Pappano