Imany
Voodoo cello
Dalle passerelle al palcoscenico, da dieci anni la voce profonda di Imany, nome d’arte di Nadia Mladjao tra le mannequin più richieste nelle sfilate di Parigi e di New York prima di dedicarsi alla musica, rivelandosi una straordinaria interprete soul, folk e blues grazie a una voce profonda e sensuale.
Imany – “fede” in lingua swahili – porta al Festival dei Due Mondi le sonorità di Voodoo Cello, progetto in cui la cantante francese, accompagnata da otto violoncelli, reinterpreta i successi iconici della musica pop, mettendosi alla prova con le cover di hit di Bob Marley, Daft Punk, Imagine Dragons, Radiohead.
Imany sul palcoscenico incarna una sacerdotessa voodoo, personaggio ispirato a una grande varietà di culture, che tramite la musica e le canzoni racconta la propria storia. Il suo destino, che inizia nell’oscurità e termina nella luce, la porta a una pace interiore raggiunta grazie a danze e rituali che la liberano dai propri demoni.
Ispirata da voci come quelle di Nina Simone, Tracy Chapman e Janis Joplin, Imany, senza alcun artificio, usa la combinazione timbrica degli archi e della sua voce per risvegliare la sua coscienza sul potere del femminile.
Dal trionfo dei due singoli Don’t be so shy e You Will Never Know, ai due album e alla colonna sonora del film Sous les skupes des filles, Imany continua a riscuotere successi in tutto il mondo.
un concerto-spettacolo ideato da Imany
voce Imany
violoncelli Rodolphe Liskowitch, Julien Grattard, Octavio Angarita, Lucie Cravero, Bohdana Horecka, Laure Magnien, Polina Streltsova, Leonore Vedie
arrangiamenti musicali Imany
coreografia Gladys Gambie, Thierry Thieû Niang
luci Jérémy Bargues
realizzazione dei costumi Olivier Rousteing per Maison Balmain
residenza di creazione al Théâtre des Sablons di Neuilly-sur-Seine
produzione Les visiteurs du soir
Testo di Ernesto Assante
Imany, il suo nome d’arte, in swahili significa fede ed è bello pensare che Nadia Mladjao lo abbia scelto perché ha fede nel potere immenso e inarrestabile della musica. Non è esattamente così, racconta lei, quando lo ha scelto non aveva nemmeno idea del suo significato in swahili, piuttosto si era ispirata al personaggio della ragazza americana che sposa il principe di Zamunda in “Il principe cerca moglie” di Eddie Murphy. Ma è bello lo stesso, perché la storia del film è quella di una trasformazione inattesa e improvvisa, da classica favola, e alla fin fine la scoperta della musica nella vita di Nadia, è quella che l’ha trasformata in Imany dando realtà alla favola. Perché per lei, francese con genitori delle Comore, la musica è arrivata come un’illuminazione: quella musicale non è stata la prima delle molte vite che la bravissima artista di Martigues ha vissuto: è stata un’atleta, campionessa di salto in lungo, per molti anni è stata una modella, trasferendosi negli Stati Uniti e vivendo a New York, e solo nel 2008, poco prima di tornare in Francia, ha iniziato a cantare. E ha fatto bene, perché mescolando eleganza e originalità, una vocalità calda e ricca, una curiosità senza limiti, e una ‘fede’ nella capacità comunicativa della musica, Imany ha trovato la sua strada.
Con l’aiuto di sua sorella Fatou, Imany ha iniziato nel 2010 a esibirsi nei club francesi, richiamando pian piano l’attenzione di un pubblico sempre più numeroso e poi di un produttore senegalese, Malick N'Diaye, che l’ha spinta non solo a migliorarsi come interprete ma anche e soprattutto come autrice. Le canzoni di Imany, hanno contribuito a mettere in luce subito la sua personalità, con il suo singolo d’esordio nel 2011, "You will never know", che ha collezionato ben due dischi di platino, che ha aperto la strada al suo album di debutto "Shape of a broken heart", prodotto da As, che l’ha rapidamente proiettata nella scena internazionale. Di album alle spalle adesso ne ha tre, quello d’esordio, il fortunatissimo e acclamato “The wrong kind of war” del 2016 e l’ultimo, un progetto particolarmente originale e interessante intitolato “Voodoo Cello”, registrato con otto violoncellisti che con lei si mettono alla prova con brani di diversa origine, dal pop, alla dance, al soul. Interprete di grandissime doti, Imany non si accontenta di rileggere il repertorio dei grandi, ma ha l’ambizione di poterli ‘riscrivere’, di portarli all’interno del suo mondo, del suo linguaggio di ridisegnarne i contorni senza mai tradirne la natura o l’ispirazione. Se nell’album precedente la cantante francese aveva messo l’accento sulla forza della canzone come strumento di crescita personale, sociale, politica, toccando argomenti importanti, come la guerra, appunto, ma anche l’ambiente, la povertà, il razzismo, con una miscela di rock, soul e jazz che le ha consentito di parlare ad un pubblico estremamente ampio, con il suo ultimo lavoro, uscito nel 2021, ha immaginato quella che può essere definita come una grande sfida anche per un’interprete del suo calibro: tredici brani celeberrimi riletti solo da una voce e otto violoncelli. Il risultato è clamoroso, affascinante, profondo, Imany non solo riesce ancora una volta a catturare l’attenzione con le sue doti vocali ma porta l’ascoltatore a ‘riscoprire’ le canzoni che già conosce perché sono ‘ripensate’ per una struttura musicale completamente differente. Non c’è sezione ritmica, non c’è elettronica, non c’è null’altro che una voce e i violoncelli per interpretare tredici brani che ha scelto con attenzione e cura particolare. L’idea è nata quasi dieci anni prima, quando Imany ha ascoltato per la prima volta il Vitamin String Quartet, ma il tempo per realizzarlo lo ha trovato negli ultimi anni, nei quali è diventata madre e si è dedicata a se stessa e alla scoperta delle infinite possibilità che offrono otto violoncelli insieme, capaci come lei stessa spiega, di trasformarsi in una sezione di fiati o in infuocate chitarre elettriche, come se fossero stregati, come in una sorta di voodoo…E non è solo una celebrazione della voce o delle possibilità degli strumenti ad arco, ma anche del ‘sacro fuoco femminile’, perché, come lei stessa dice, ‘non c’è nulla che una donna non possa fare’.
Ogni suo concerto è un’esperienza diversa, perché Imany esprime la sua ‘fede’ nella musica cambiando costantemente, non lasciando nulla di intentato, trasformando ogni performance in un’esperienza da condividere con gli altri, in nome della musica, della comprensione reciproca, dell’amore e dell’arte.
Originaria di Martigues, l’infanzia di Imany è scandita dai suoni dell'hip-hop. Prima ancora di pubblicare il suo primo EP, è stato tramite le performance che ha affinato il suo stile, prima come spalla, poi come leader. Nel 2011 pubblica The Shape of a Broken Heart, album che, grazie al singolo "You Will Never Know", le regala la fama internazionale con oltre 500.000 copie vendute. Sette anni e seicento concerti dopo, il suo secondo album, The Wrong Kind of War, rimane fedele al suo stile: un suono che fonde e trascende gli stili individuali. Il risultato è un successo che le garantisce un posto di primo piano nel panorama musicale internazionale. Con più di 400.000 album venduti in tutto il mondo, arriva il disco di platino in Francia, trainato dal singolo Don't be so shy, hit che vanta il maggior numero di stream in 15 Paesi, guadagnandosi un posto nella Hall of Fame di Shazam. Nel 2017 si esibisce in occasione della cerimonia di premiazione dei Victoires de la musique accompagnata da un coro gospel.
Nei suoi testi Imany mette in discussione la natura umana e ciò che significa essere una donna. È anche ambasciatrice dell'associazione EndoMIND, che lotta contro l'endometriosi, una malattia che affligge una donna in età fertile su dieci. La parità di diritti non è l'unica battaglia che Imany porta avanti, pari opportunità, solidarietà verso gli emarginati, salvaguardia ambientale sono altri temi che le stanno a cuore. Imany è stata invitata da Patti Smith a partecipare a diversi concerti Pathway to Paris negli Stati Uniti con l'obiettivo di contrastare il cambiamento climatico.
Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Jakub Hrůša
Musicisti della Budapest Festival Orchestra
Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Antonio Pappano