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66

Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Antonio Pappano

Concerto finale

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July
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Durata 90 minuti
Musica

Sinossi

L’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e Antonio Pappano sono i protagonisti dell’attesissimo concerto finale del Festival dei Due Mondi. Spoleto 66 si chiude con due capolavori di Gustav Mahler, compositore forse più di ogni altro capace di renderci partecipi, nella sua musica, dell’immensità del mondo che ci circonda.

Scrivendo i quattro Lieder eines fahrenden Gesellen e la Sinfonia n. 1 Mahler si accorge dell’importanza che aveva per lui il rapporto tra uomo e natura. La sua Natura è estatica e terrificante, è un labirinto che risuona di voci segrete in cui l’animo umano si specchia in tutta la sua inconoscibilità.

Dei Lieder Mahler scrive anche il testo: un giovane inizia a camminare, senza sapere cosa sta cercando, spinto solo da un tormento interiore. La natura che lo circonda è l’unica interlocutrice possibile per il suo dolore rassegnato, la sentiamo rispondere nel richiamo del cuculo, nel saluto del fringuello e della campanula, cui danno voce gli strumenti dell’orchestra.

La Sinfonia prosegue il viaggio intrapreso con i Lieder, al punto da prenderne in prestito alcune melodie. Il primo movimento, che in una delle versioni portava il titolo “Primavera senza fine”, si apre con le voci della natura. «Con il primo suono – disse Mahier alla violista Natalie Bauer-Lechner – il lungo “la” degli archi con armonici, siamo in mezzo alla natura: nel bosco, dove la luce del sole estivo scintilla, tremolando tra i rami». In questo bosco rimaniamo incantati a osservare lo svolgersi di tutta la Sinfonia. A un certo punto da lontano vediamo avvicinarsi un fantastico corteo: lepri, volpi, cervi e caprioli danzano scortando in mezzo a loro il corpo di un cacciatore morto. Sembra che sia stata proprio l’incisione di Moritz von Schwind “Funerale del cacciatore”, popolare illustrazione della letteratura tedesca dell’infanzia, a dare a Mahler l’idea per la Marcia del terzo movimento. I contrabbassi intonano la melodia di “Fra martino” – resa funebre e grottesca dal cambio di tonalità – per accompagnare il cammino di questi animali, un po’ lieti e un po’ tristi, quasi umani.

Crediti

Programma

Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

direttore Antonio Pappano

mezzosoprano Sasha Cooke

Gustav Mahler

Lieder eines fahrenden Gesellen

(Canti di un giovane in viaggio)

per voce e orchestra

Sinfonia n. 1 in re maggiore Titano

produzione Spoleto Festival dei Due Mondi

Programma di Sala

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Testo di Andrea Estero

Un La sovracuto agli archi, sfiorato e tenuto per molte battute. Appoggiato su altri La nel registro medio e grave. Una fascia di consistenza cangiante che crea l’effetto di un pulviscolo o di una bruna mattutina. È l’attacco, rivoluzionario, della Prima Sinfonia di Mahler. In questo ambiente sonoro immobile, degno delle visioni di Ligeti, insorgono e galleggiano figure zoomorfe e antropomorfe (quelle che Hans Heinrich Eggebrecht chiama «vocaboli»): un misterioso motivo di quarta discendente ai legni, più avanti riconoscibile come il verso di un cuculo, un guizzo veloce ai clarinetti, una fanfara che si sente «da lontano» alle trombe, il richiamo nostalgico dei corni, una voce lamentosa ai violoncelli.

Vagiti di vita o Naturlaute (suoni di natura): il «mondo» - parola centrale nell’estetica di Mahler - si risveglia dal torpore invernale. E l’esordio della sua Sinfonia n. 1 (1885-88, l’edizione definitiva è del 1906) descrive un compositore che non soffre di accademismo, che è irriducibile al suo tempo e che a 25 anni ha trovato se stesso e il suo stile. A cosa guardava Mahler?

Gli anni della stesura della sua prima opera propriamente sinfonica e i primi cicli di Lieder vedono un autore proiettato sulla tradizione e le fonti del primo romanticismo. L’antologia Des Knaben Wunderhorn (Il Corno magico del fanciullo), curata da Armin e Brentano, da cui Mahler attinge per il ciclo di Lieder omonimo - ma anche per le altre raccolte precedenti tra cui i Lieder eines fahrenden Gesellen - testimonia di quell’attenzione al “popolare” tipico delle generazioni di letterati tedeschi vissuti nei primi decenni dell’Ottocento. Das klagende Lied, opera giovanile per soli, coro e orchestra, è una ballata romantica di ambientazione fiabesca: un ritorno a quel Medioevo mitizzato dalla generazione degli Schlegel. Ma questa ispirazione non si traduce, come insegna l’attacco della Prima Sinfonia, in un linguaggio musicale ingenuo, “nazareno”. Al contrario il tono mahleriano - già evidente nelle prime Sinfonie e nei primi cicli di Lieder - è dato dalla coesistenza di intonazione popolare e linguaggio sperimentale. Mahler guardava al passato e al futuro, sempre inattuale.

Se le Sinfonie dalla Seconda alla Quarta sono denominate “Wunderhorn-Symphonien” per i legami con la raccolta liederistica del Corno magico del fanciullo; se dalla Quinta alla Settima, “sinfonie senza canto”, predomina nei tempi lenti la relazione con il mondo dei Rückert-Lieder e dei Kindertoten-Lieder (Canti dei bambini morti), la Prima Sinfonia è strettamente legata agli esordi liederistici che culminano nei Lieder eines fahrenden Gesellen. Il secondo Lied del ciclo diventa l’idea principale del primo tempo, la coda del quarto canto costituisce la parte centrale del terzo tempo; il tema del secondo movimento, un popolaresco Ländler, cita il giovanile Hans und Grethe. L’attacco di «Ging heut’ morgen übers Feld» (Questa mattina andavo per i prati), nel primo tempo, segna il passaggio dall’introduzione all’esposizione: il solare e incantevole tema spazza via ogni nebbia e informa lo sviluppo dell’intero movimento con la sua morfologia “lunga” e cantabile, che si intreccia polifonicamente con altri motivi e frammenti, tra cui la quarta discendente che richiama il verso del cuculo. La possibilità di accogliere così tanti riferimenti liederistici è legata alla forma di «poema sinfonico in due parti» in cui fu presentata alla prima esecuzione (Budapest, 1889). Sarebbe troppo lungo ripercorrere qui le varie revisioni e le diverse tappe della sua trasformazione in semplice «Sinfonia in Re maggiore». Eppure ciò che importa di questa metamorfosi è la sua origine in una successione non ortodossa, in 5 movimenti (il secondo, Blumine, fu espunto nel 1896) raggruppati in 2 parti (dopo lo Scherzo Mahler aveva immaginato una pausa); più che il titolo, poi caduto, di «Titan» - riferito a un romanzo di Jean Paul difficile da rintracciare nella narrazione musicale - sono preziosi tutti quei rimandi programmatici che, prima ampliati e successivamente espunti del tutto, lasciano tracce di un preciso «programma interiore»: così lo definiva Mahler.

La prima parte, dunque, era contrassegnata dal motto «’Dai giorni della giovinezza’, un po’ di fiori, frutti e spine»; e il primo movimento da «Primavera senza fine»: la continuità e piena “diffusività” è in effetti la cifra dell’Allegro comodo, dove al tema liederistico non si contrappone alcuna idea alternativa, ma si affiancano i “vocaboli” presentati nell’introduzione, così come avviene, in modo più frammentario, nello sviluppo. Qui la dialettica, più che fra due temi, è tra il Lied che si diffonde in tutte le direzioni e una fanfara che clamorosamente irrompe: è la stessa che nell’introduzione si sentiva in remota lontananza e che ora invece è protagonista di una lacerante irruzione sonora. Adorno, che nel suo libro mahleriano ha intitolato il capitolo dedicato alla Prima «Sipario e fanfara» (laddove il sipario è il velo sonoro che avvolge l’introduzione squarciata dalla fanfara), ha sottolineato la natura di manomissione dall’esterno di questa epifania sonora: è una delle prime manifestazioni dell’io narrante “contro” la logica sinfonica, per le quali lo stesso Adorno ha parlato di analogia col romanzo. Dopo questa lacerazione formale anche la ripresa non può essere uguale all’esposizione: si contrae e sfocia rapidamente nella coda conclusiva.

Il secondo movimento è tripartito, secondo lo schema ABA caro alla tradizione musicale schubertiana e bruckneriana, e presenta un carattere “dialettale”. La prima parte è infatti un Ländler (tipica danza austriaca dal metro ternario) fortemente accentato, più popolaresco che popolare; la sezione centrale, prima della ripetizione del Ländler, richiama le movenze del valzer viennese.

Una nuova vertigine si ha con l’attacco del terzo tempo, una marcia funebre «nello stile di Callot» (riferimento all’incisore francese del Seicento Jacques Callot, ma anche alle Fantasiestücke im Callots Manier di E.T.A Hoffmann), con cui s’iniziava la seconda parte, «Commedia humana». Qui Mahler rivela di aver trovato spunto in una stampa popolare che rappresenta un paradossale funerale del cacciatore celebrato dagli animali del bosco. Il tono sarcastico, l’umor nero, si manifesta nel tema della filastrocca Bruder Martin (Fra Martino campanaro) intonato in modo minore dal contrabbasso solo (e poi a canone dagli altri strumenti), oltre che dai risentiti sberleffi dell’oboe e poi dalle languide movenze di quella che sembrerebbe un’orchestrina di tradizione yiddish ricavata nella trama strumentale. Prima della ripetizione dello stesso funerale, violentemente accentuata e parodiata, i violini divisi intonano il tema del congedo del quarto dei Gesellenlieder: lo struggente congedo del viandante che si riposa accasciandosi sotto il tiglio.

L’ultimo tempo, «Dall’inferno al paradiso» secondo le originarie indicazioni di Mahler, inizia con «l’improvviso scoppio di disperazione di un cuore ferito nel profondo». Ed è davvero uno squarcio lacerante quello che ci ridesta dai sogni e dagli incubi appena trascorsi. Qui l’avvicendamento delle sezioni descrive un percorso per aspera ad astra, verso la trionfale affermazione del Titano. È lo stesso eroe che vedremo colpito a morte ed abbattuto nella Sesta Sinfonia? Il primo tema tempestoso, il secondo tema lirico e appassionato, lo sviluppo, la ripresa e la tripudiante coda si avvicendano distanziandosi l’uno dall’altro (anche grazie anche al sorprendente ritorno della introduzione del primo movimento, col suo misterioso carico di attesa), senza una ferrea logica sinfonica e drammatica: come se fossero ampi capitoli di un romanzo.

Il 16 marzo 1896 Mahler diresse a Berlino, insieme, alla Prima Sinfonia la prima esecuzione dei Lieder eines fahrenden Gesellen, che aveva composto nel 1884-85, in versione orchestrale. La destinazione originaria per orchestra, e non per pianoforte, è il segnale di una vocazione oggettiva ed “epica”, più che puramente lirica, che si accentuerà nei successivi Wunderhornlieder. Non per niente i testi, scritti da Mahler sul calco di poesie popolari (nel primo Lied è stata rintracciata la filiazione da un canto del Wunderhorn), figuravano come anonimi. Il viandante della tradizione romantica, fissato nella Winterreise schubertiana, diventa qui un qualunque fahrender Geseller: «uno in cammino», come nella traduzione proposta da Quirino Principe. I quattro Lieder alternano diversi situazioni espressive e archetipi formali: il primo («Quando il mio amore andrà a nozze a, far festa, allora io vivrò il mio giorno amaro!») è in forma ternaria ABA; il secondo, solo apparentemente più leggiadro («Questa mattina andavo per i prati; la rugiada imperlava ancora l’erba»), è in forma strofica e “presta” la sua melodia al primo movimento della Prima Sinfonia; il terzo è il più drammatico («Ho un coltello rovente piantato nel petto. Oh, che strazio, che strazio!») e presenta una tendenza alla declamazione durchkomponiert, aderente alla parola cantata; il quarto, il più nostalgico e rassegnato («I due occhi del mio tesoro lontano lontano nel mondo mi hanno mandato»), ha un andamento da marcia (funebre) e si conclude con il topos del viandante che trova riposo sotto il tiglio, simbolo di morte e di oblio, anch’esso citato nella Prima Sinfonia.

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Date & Biglietti

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Biografie

Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia

L’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia è stata la prima in Italia a dedicarsi esclusivamente al repertorio sinfonico, promuovendo prime esecuzioni di capolavori del Novecento. Dal 1908 a oggi ha collaborato con i maggiori musicisti del secolo: è stata diretta, tra gli altri, da Mahler, Debussy, Strauss, Stravinskij, Toscanini, Furtwängler, De Sabata, Karajan, Abbado e Kirill Petrenko. I suoi direttori stabili sono stati Molinari, Ferrara, Previtali, Markevitch, Schippers, Sinopoli, Gatti, Chunge e Sir Antonio Pappano (2005-2023), al quale nell’ottobre 2024 succederà, come nuovo Direttore Musicale, l’inglese Daniel Harding. Dal 1983 al 1990 Leonard Bernstein ne è stato il Presidente Onorario. L’Orchestra e il Coro sono stati ospiti dei maggiori festival: i Proms di Londra, i Festival di Lucerna, delle Notti Bianche di San Pietroburgo, di Salisburgo, e delle più prestigiose sale da concerto, tra cui Philharmonie di Berlino, Musikverein di Vienna, Concertgebouw di Amsterdam, Royal Albert Hall di Londra, Salle Pleyel di Parigi, Teatro alla Scala di Milano, Carnegie Hall di New York. L’intensa attività discografica degli ultimi anni è stata coronata da diversi riconoscimenti e premi internazionali. Tra le ultime incisioni dirette da Antonio Pappano ricordiamo l’Otello di Verdi con Jonas Kaufmann, Cinema con Alexandre Tharaud al pianoforte, Insieme-Opera Duets con Jonas Kaufmann e Ludovic Tézier, la Messa di Gloria di Rossini recentemente premiata agli International Classical Music Awards nella sezione “Choral Music” e la Turandot di Puccini con Sondra Radvanovsky e Jonas Kaufmann (marzo 2023, Warner Classics).

Antonio Pappano

Sir Antonio Pappano è Direttore Musicale dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia dal 2005; dal 2002 è Music Director del Covent Garden di Londra. In passato ha ricoperto altri incarichi di prestigio: nel 1990 viene nominato Direttore Musicale della Norske Opera di Oslo e dal 1991 al 2002 ricopre lo stesso ruolo al Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles. Nato a Londra nel 1959 da genitori italiani, ha studiato pianoforte, composizione e direzione d’orchestra negli Stati Uniti. Fra le tappe più prestigiose della sua carriera sono da ricordare i debutti alla Staatsoper di Vienna nel 1993, al Metropolitan di New York nel 1997 e al Festival di Bayreuth nel 1999. Antonio Pappano ha diretto molte tra le maggiori orchestre del mondo, tra cui New York Philharmonic, Wiener Philharmoniker, Berliner Philharmo-niker, Orchestra del Concertgebouw di Amsterdam, Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks, London Symphony Orchestra, è ospite abituale dei teatri d’opera più prestigiosi come Staatsoper di Vienna, Metropolitan di New York, La Scala di Milano e molti altri. Sir Antonio Pappano registra in esclusiva per Warner Classics e con l’Orchestra e il Coro di Santa Cecilia ha inciso numerosi cd. Fra le incisioni più recenti segnaliamo The Puccini Album con Jonas Kaufmann, il cd Anna Netrebko. Verismo (DGG) e la Terza Sinfonia e Il Carnevale degli animali di Saint-Saëns, con Martha Argerich al pianoforte, un cofanetto con le Tre Sinfonie di Bernstein (International Classical Music Award 2019), l’Otello di Verdi, con Jonas Kaufmann nel ruolo del titolo, l’ultima pubblicazione con l’Orchestra di Santa Cecilia è dedicata a Richard Strauss: Ein Heldenleben e Burleske. Dal 2023 Antonio Pappano sarà Direttore principale della London Symphony Orchestra, e ricoprirà la carica di Direttore Emerito dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia.

Sasha Cooke

Il mezzosoprano Sasha Cooke si è formata alla Rice University e alla Juilliard School e ha lavorato con alcune delle più importanti compagnie d'opera, orchestre e direttori d'orchestra del mondo. La sua carriera internazionale, sia sul palcoscenico che come artista discografica, le permette di ottenere due Grammy Awards. Cooke ha cantato con la Los Angeles Philharmonic, la Philadelphia Orchestra, la London Symphony Orchestra, la Tokyo Symphony, la Deutsches Symphonie-Orchester Berlin, la Boston Symphony Orchestra, la Houston Symphony, la Dallas Symphony Orchestra, la Hong Kong Philharmonic, Orchestre Métropolitain de Montreal e New World Symphony sotto la direzione di direttori quali Yannick Nézet-Séguin, Gustavo Dudamel, Bernard Haitink, Michael Tilson Thomas, James Gaffigan, Edo de Waart, Riccardo Muti, Trevor Pinnock, Harry Bicket, Sir Mark Elder, John Nelson e Krzysztof Urbański. In ambito operistico, si è esibita con il Metropolitan Opera, l'Opéra National de Bordeaux, l'Opera di Los Angeles, l'Opera di San Francisco, l'Opera di Seattle, la Houston Grand Opera, l'Opera di Dallas, il Gran Teatre del Liceu e l'English National Opera. Tra i momenti salienti ricordiamo il suo debutto nel ruolo di Cherubino/Le nozze di Figaro diretta da James Gaffigan, Eduige/Rodelinda diretta da Harry Bicket, e Kitty Oppenheimer/Doctor Atomic al Metropolitan Opera, Hänsel und Gretel per la San Francisco Opera, la Los Angeles Opera e la Seattle Opera, il ruolo del titolo in Orlando per la San Francisco Opera, Eduige/Rodelinda per il Gran Teatre del Liceu, il ruolo del titolo in Marnie di Nico Muhly e Kitty/Doctor Atomic per la English National Opera, e Smeaton /Anna Bolena per l'Opéra National de Bordeaux. Ha interpretato il ruolo di Laurene Jobs in The(R)evolution of Steve Jobs di Mason Bates per la Santa Fe Opera. I progetti operistici per la stagione 22/23 includono Thirza/The Wreckers per la Houston Grand Opera, mentre in ambito concertistico prevedono l’interpretazione di Mahler con l'Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretta da Antonio Pappano, Dream of Gerontius alla Wiener Konzerthaus diretta da Nick Collon, Requiem di Mozart con il Concertgebouworkest diretta da Klaus Mäkelä, Messiah con la Philadelphia Orchestra diretta da Yannick Nézet-Séguin, Das Lied for der Erde con la Houston Symphony, Meditations on Rilke di Michael Tilson Thomas con la New York Philharmonic, Gloria di Vivaldi con la Chicago Symphony Orchestra, Elijah con la NDR Elbphilharmonie Orchestra e When Lilacs Last in the Dooryard Bloom'd di Hindemith con la Kansas City Symphony Orchestra. La stagione 21/22 ha visto l'uscita del nuovo CD di Sasha, How do I find you?, con l'etichetta Pentatone, un tributo agli artisti durante la pandemia di Covid-19.

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