Pina Bausch /
Germaine Acogny & Malou Airaudo
L’idea di “scambio” è centrale in questo programma in due parti che segna la prima collaborazione tra Pina Bausch Foundation (Germania), École des Sables (Senegal) e Sadler’s Wells (UK_)._
Le Sacre du printemps di Pina Bausch è interpretato per la prima volta da una compagnia di danzatori africani. In questo lavoro pionieristico, con la musica di Stravinskij, una “eletta” viene sacrificata per ingraziarsi la benevolenza degli dèi in vista del ritorno della primavera.
Oltre a Le Sacre du printemps, il programma in due parti presenta common ground[s],_ _un nuovo lavoro ideato, interpretato e ispirato alle vite di due donne straordinarie: Germaine Acogny e Malou Airaudo. In questo pezzo tenero e poetico, Germaine Acogny, fondatrice dell’École des Sables e nota per essere la “madre della danza africana contemporanea”, e Malou Airaudo, icona del Tanztheater Wuppertal e interprete principale in molti dei primi lavori di Pina Bausch, esplorano le proprie storie e le proprie esperienze in uno spettacolo che le vede per la prima volta insieme sul palcoscenico.
durata 95 minuti (compreso intervallo)
COREOGRAFIA
Pina Bausch
MUSICA
Igor Stravinskij
SCENE E COSTUMI
Rolf Borzik
COLLABORATORE
Hans Pop
Prima rappresentazione 3 dicembre 1975, Opera House Wuppertal
DIRETTORI ARTISTICI
Jo Ann Endicott Jorge Puerta Armenta, Clémentine Deluy
DIRETTORI DELLE PROVE
Kenji Takagi e Çagdas Ermis, Ditta Miranda Jasjfi, Barbara Kaufmann, Julie Shanahan
DANZATORI
Rodolphe Allui, Sahadatou Ami Touré, Anique Ayiboe D’Aquin Evrard Élisée Bekoin, Gloria Ugwarelojo Biachi, Khadija Cisse, Sonia Zandile Constable, Rokhaya Coulibaly Inas Dasylva, Astou Diop, Serge Arthur Dodo, Estelle Foli Aoufice Junior Gouri, Luciény Kaabral, Zadi Landry Kipre, Bazoumana Kouyaté Profit Lucky, Vuyo Mahashe, Babacar Mané, Vasco Pedro Mirine Stéphanie Mwamba, Florent Nikiéma, Shelly Ohene-Nyako, Brian Otieno Oloo Oliva Randrianasolo (Nanie), Asanda Ruda, Amy Collé Seck, Pacôme Landry Seka Gueassa Eva Sibi, Carmelita Siwa, Amadou Lamine Sow, Aziz Zoundi
UN RINGRAZIAMENTO A
Korotimi Barro, Franne Christie Dossou Harivola Rakotondrasoa, Tom Jules Sammie, Armel Gnago Sosso-Ny, Didja Kady Tiemanta
CO-COREOGRAFE E DANZATRICI
Germaine Acogny, Malou Airaudo
COMPOSITORE
Fabrice Bouillon LaForest
COSTUMI
Petra Leidner
LUCI
Zeynep Kepekli
DRAMATURG
Sophiatou Kossoko
CONTRABBASSO
Adam Davis, Carlota Margarida Ramos
VIOLONCELLO
Ana Catarina Pimentel Rodrigues, Mariana Silva Taipa
VIOLA
Wei-Chueh Chen, Alejandro Vega Sierra
VIOLINO
Nicolas Lopez, Ana Maria Sandu, Alexandru-Adrian Semeniuc
TASTIERA
Fabrice Bouillon LaForest
DIRETTORE
Prof. Werner Dickel
INGEGNERE DEL SUONO
Christophe Sapp
LIVE MIX
Tristan Assant, Fabrice Bouillon LaForest
produzione Pina Bausch Foundation, École des Sables & Sadler’s Wells
coproduzione Théâtre de la Ville, Paris; Les Théâtres de la Ville de Luxembourg; Holland Festival, Amsterdam; Festspielhaus, St Pölten; Ludwigsburg Festival; Teatros del Canal de la Comunidad de Madrid;
Adelaide Festival, Festival dei Due Mondi di Spoleto
Il progetto è finanziato da German Federal Cultural Foundation,
dal Ministero della Cultura e della Scienza dello Stato tedesco della Renania Settentrionale-Vestfalia e dall’International Coproduction Fund del Goethe-Institut, è sostenuto da Tanztheater Wuppertal Pina Bausch
durata 95 minuti (compreso intervallo)
PRODUZIONE
capo della produzione Adam Carrée
manager di produzione in tournée Imogen Clarke
direttore di scena di compagnia Marius Arnold-Clarke
manager di compagnia Laye Kane
direttore di palcoscenico Ben O’Grady
ingegnere del suono Dan Harmer
responsabile del guardaroba Anne-Marie Bigby
elettricista di produzione Joe Pilling
tecnico di palcoscenico Hex Emalia
osteopata Alexandra Haydon
costumista Petra Leidner
assistenti ai costumi Mariola Kopczynski (Dakar), Silvia Franco (Wuppertal)
Pina Bausch Foundation
direttore esecutivo Salomon Bausch
managing director Simone Rust
project manager Gertraud Johne
comunicazione Denise Fertig
educational Kathrin Peters
École des Sables
fondatori Germaine Acogny e Helmut Vogt
direttore Helmut Vogt
direttore tecnico di produzione Didier Delgado
produzione Stan Mandef, Mame Bousso MBaye
coordinatore Paul Sagne
casting/consigliere Patrick Acogny
contabilità Phillipe Bocandé
comunicazione Eleine de Graça-Sccientia
Sadler’s Wells London
direttore artistico e amministratore delegato Alistair Spalding CBE produttore esecutivo Suzanne Walker
responsabile della produzione e delle tournée Bia Oliveira
produttore senior Ghislaine Granger
assistente produttore Hannah Gibbs
tour producer Aristea Charalampidou
marketing manager Jordan Archer
addetto stampa Laura Neil
assistente marketing Chantal Edwards
SERVICE
production management (in Senegal) Gacirah Diagne, Association Kaay Fecc (Papa Abdoulaye Faye, Mamadou Coumba Diouf, Francis S. Gomis,
Jean Louis Junior Gomis, Ouleymatou Niang)
direzione tecnica di produzione (in Senegal) Abdou Diouf (per Les Ateliers Abdou Diouf) audition partner (in Costa d’Avorio, Burkina Faso e Senegal) Ange Aoussou
(per Compagnie Ange Aoussou), Salamatou Diene (per CDC – La Termitière)
e Gacirah Diagne (per Association Kaay Fecc)
riprese Fontäne Film: Florian Heinzen-Ziob (regista e montatore),
Enno Endlicher (direttore della fotografia), Armin Badde (ingegnere del suono)
e Igor Novic (operatore supplementare)
fotografia Maarten Vanden Abeele
UN RINGRAZIAMENTO A
Petra Boettcher, Keyssi Bousso, Stefan Brinkmann, Ismaël Dia, S. E. M. Abdoulaye Diop, Theowen Gilmour, Dr. Massamba Guèye, Dirk Hesse, Hochschule für Musik und Tanz Köln (Wuppertal), Lani Huens, Anne Teresa de Keersmaeker, Daniel King, Nassy Konan, Abdoulaye Koundoul, Folkwang Universität der Künste, Claudia Lüttringhaus, Pascal Moulard, Abdoul Mujyambere, Balla Ndiaye, Birane Niang, Gráinne Pollak, Nicole Pieper, Madeline Ritter, Chelsea Robinson, Sahite Sarr Samb, Mohamed Y. Shika, Gabriel Smeets, Felicitas Willems, Laura-Inès Wilson, Wuppertaler Bühnen
Tutto nasce in una spiaggia del Senegal, fra la sabbia e l’azzurro del mare. Intorno a un grande rettangolo i danzatori, ragazzi in pantaloni scuri e ragazze con camiciole bianche. Parte la melodia sinuosa della Sagra della Primavera di Stravinskij e quando entrano i suoni ritmati degli archi, da quei particolari ports de bras espressionisti, un braccio in alto, uno lungo il corpo che disegna una curva appena accennata si riconosce subito il segno di Pina Bausch.
Abbiamo imparato a conoscerlo prima in video che in teatro questo Le Sacre du printemps con i danzatori africani. E subito è stato un entusiasmo generale. Quella ripresa delle prove generali in Senegal ha fatto il giro del mondo della danza. Dalle prove alla presentazione dello spettacolo in teatro c’è stato di mezzo il Covid e molti temevano che non ci sarebbe stato nulla di più di quella testimonianza in video.
Ma ora siamo pronti a vederli dal vivo, sulla scena del Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti, in un luogo chiuso dove ancor più la danza diventa una coazione a muoversi dalla quale non si può sfuggire. Dunque era il 1975 quando il brano debuttò a Wuppertal, più di cinquanta anni fa. Il fatto è che lo sguardo così sincero e crudele sui rapporti umani sullo scontro fra uomo e donna non cessa di sconvolgersi. Del resto, sconvolgente, nel 1913, era la musica di Stravinskij e la coreografia originale di Nijinskij che da allora si porta con sè il profumo sulfureo della modernità.
Ma ora eccoci pronti ad assistere a questa grande impresa. L’iniziativa è di Mama Africa, la grande Germaine Acogny creatrice dell’Ecole des Sables a Dakar, Leone d’Oro alla carriera alla Biennale di Venezia, con la Pina Bausch Foundation e il teatro Sadler’s Wells.
Sino ad ora la Sagra della Bausch, oltre che dalla compagnia di Wuppertal, era in repertorio dell’Opéra di Parigi e del Balletto delle Fiandre. Solomon Bausch, il figlio di Pina, avvalora questa situazione: «Per lungo tempo i pezzi di Pina Bausch erano danzati soprattutto al Tanztheater Wuppertal e molti interpreti sono stati in compagnia per anni, anche decadi. Pochi al di fuori della compagnia hanno avuto l’opportunità di danzare questi brani. Il progetto è partito su proposta di Jorge Puerta Armenta, della compagnia di Pina». Nei video delle prove con i danzatori africani lo si vede insegnare i passi e movimenti al gruppo, e già questa è un’esperienza coinvolgente che consigliamo ai frequentatori di YouTube o Vimeo. Niente di selvaggio, come banalmente ci si potrebbe aspettare. Lo scontro fra uomo e donna rude, sacrificale diventa qui una energia costantemente tenuta sotto controllo. C’è quasi terrore fra le donne nel passarsi il drappo rosso che diventerà una camiciola per l’eletta, la destinata alla morte. E il suo assolo finale, il crollo a terra, coinvolge ed emoziona. La spinta verso il basso, il richiamo della terra, abolita la leggerezza, accomuna tanta danza contemporanea europea e africana. Gli interpreti sviluppano una forte intensità e dimostrano tutti una buona formazione.
Resta aperta una riflessione sul rapporto fra danza contemporanea europea e Africa. Importare la Sagra della Bausch in corpi africani ad uso, soprattutto immaginiamo, dello spettatore europeo, è un’operazione che sa di neocolonialismo o serve piuttosto a dimostrare quanto sia profondo il pensiero coreografico della Bausch, anche se calato in una realtà estranea?
Ma ai danzatori coinvolti e allo sviluppo della danza contemporanea africana è difficile dire, se vogliamo essere un po’ talebani, quanto serva questo progetto, se non a subire l’imposizione di modelli europei. Piuttosto soddisfa quella “sindrome del colonialista”, quel bisogno di “risarcire” che spesso rispunta anche nella cultura e nello spettacolo. Sin dai tempi di Joséphine Baker, il corpo nero, di ebano, sensuale o adrenalinico, ricolmo di energia ed esotismo è stato un oggetto di consumo estetico, se non erotico, per lo spettatore bianco. È un aspetto di cui dobbiamo tenere conto. E Bill T. Jones, per esempio, lo ha ribadito in molti suoi spettacoli impegnati come Last Supper at Uncle Tom’s Cabin. È vero che contemporaneamente abbiamo assistito a un fenomeno inverso, il percorso di appropriazione della cultura di danza bianca da parte dei neri, e questa Sagra può essere un esempio. Un nome per tutti Misty Copeland dell’American Ballet Theatre e la sua battaglia perché le fossero affidati ruoli da étoile. Ugualmente sa di rivendicazione lo sfarzo vistoso dell’abbigliamento di certe star afroamericane. Lo sottolinea Sidi Larbi Cherkaoui che ha coreografato il video Apeshit, con Beyoncé e Jay-Z ricoperti di abiti e gioie riluccicanti in uno scrigno di bellezza e ricchezza, al museo del Louvre, a Parigi: «L’Europa ha costruito la sua ricchezza grazie anche allo sfruttamento del continente africano e allo schiavismo. E ci porta a riflettere sull’emigrazione dall’Africa all’Europa di oggi. C’è tutta una parte della storia europea che non si impara bene a scuola. Ma di alcune azioni dei nostri avi non c’è da andare fieri e molte ricchezze le abbiamo conquistate altrove. Tutto ciò ha creato una sorta di credito che a un certo punto dovrà essere rimesso in discussione. A volte sono i figli che pagano gli errori dei genitori, ma è così. E dunque c’è una necessità da parte dell’Europa di svegliarsi e capire che non può soltanto prendere senza condividere».
E la Sagra senegalese non è senz’altro un risarcimento, così come non lo sono state molte operazioni da parte della nouvelle danse francese intenta a esportare i propri modelli in Africa o a invitare coreografi africani in Francia. Come aiutare la danza contemporanea africana a svilupparsi è un problema e non imporre il proprio sviluppo coreografico non è facile, è vero. Un esempio da seguire con attenzione invece è quello di Dada Masilo che introduce e include temi europei in una struttura africana. Nata in Sudafrica, una formazione a Bruxelles con Anne Teresa De Keersmaeker, racconta i blockbuster del repertorio europeo con uno sguardo e un approccio assolutamente africano: la ballerine nere che fanno passi Zulu in Swan Lake, l’approccio femminista nella Carmen, gli spiriti degli antenati in Giselle.
Germaine Acogny e Malou Airaudo, due papesse della danza contemporanea, entrambe interpreti del Sacre in occasioni e modi differenti. Airaudo con Pina a Wuppertal, Acogny (Leone d’Oro alla carriera alla Biennale di Venezia) con Olivier Dubois in Mon élue noire (La mia eletta nera). Due vite straordinarie, piene di esperienze. È dedicata tutta a loro due la seconda parte del programma common ground[s], un nuovo lavoro ideato, interpretato e ispirato alle vite di due donne straordinarie. Le due artiste esplorano le proprie storie condivise e le proprie esperienze emotive in uno spettacolo che le vede per la prima volta insieme sul palcoscenico.
Pina Bausch nasce a Solingen nel 1940 e muore a Wuppertal nel 2009. Riceve la sua formazione coreutica presso la Folkwang School di Essen sotto la direzione di Kurt Jooss, dove raggiunge l'eccellenza tecnica. Dopo che il direttore dei teatri di Wuppertal, Arno Wüstenhöfer, la ingaggia come coreografa, dall'autunno 1973 la Bausch ribattezza l'ensemble Tanztheater Wuppertal. Con questo nome, nonostante un inizio controverso, la compagnia raggiunge gradualmente la fama internazionale. La sua combinazione di elementi poetici e quotidiani influenza in modo decisivo lo sviluppo della danza internazionale. Premiata con alcuni fra i premi più prestigiosi e riconoscimenti internazionali, Pina Bausch è una dei coreografi fra i più influenti del nostro tempo.
La danzatrice, insegnante e coreografa franco senegalese Germaine Acogny è conosciuta come la “madre della danza africana contemporanea”. Ha studiato all’École Simon Siegel di Parigi e ha fondato il suo primo studio di danza a Dakar nel 1968. Lì sviluppa la sua tecnica combinando l’influenza delle danze ereditate dalla nonna, una sacerdotessa Yoruba, con la sua conoscenza della danza tradizionale africana e occidentale. Tra il 1977 e il 1982, la Acogny è direttrice artistica di Mudra Afrique (Dakar), prima di trasferirsi a Tolosa nel 1985, dove fonda con suo marito, Helmut Vogt, lo ” Studio-École-Ballet-Théâtre du 3ème Monde”. Nel 1995, torna in Senegal e fonda un centro internazionale di formazione per le danze africane tradizionali e contemporanee, l’École des Sables. Nel 1998 fonda la sua compagnia di danza, Jant-Bi, le cui produzioni includono Les écailles de la mémoire – Scales of memory (2008), una collaborazione con Urban Bush Women, e in particolare Fagaala, basato sul genocidio in Ruanda e vincitore di un Bessie Award (2007). Altri importanti lavori della Acogny includono Sahel (1987), YE’OU (1988 – vincitore del London Contemporary Dance and Performance Award 1991), Tchouraï (2001), Bintou Were – a Sahel Opera (2007), Songook Yaakaar (2010), Mon élue noire – Sacre no.2, coreografia di Olivier Dubois, (2014, basato sulla musica originale di The Rite of Spring, vincitore di un Bessie Award (2018) e A un endroit du début (2015). La Acogny collabora con scuole, centri di danza e tiene masterclass in tutto il mondo.
Nata a Marsiglia nel 1948, Malou Airaudo inizia a ballare all’Opéra di Marsiglia all’età di otto anni. A diciassette entra nel Ballet Russe de Monte-Carlo, dove diventa solista con Léonide Massine, prima di unirsi a Françoise Adret e il suo Ballet-Théâtre-Contemporain nel 1968. All’inizio degli anni 1970, si trasferisce a New York per lavorare con Paul Sanasardo e Manuel Alum, quest’ultimo coreografo dell’assolo Woman of a Mystic Body. Qui incontra per la prima volta Pina Bausch che nel 1973 la invita a Wuppertal, in Germania, dove il direttore dei teatri della città Arno Wüstenhöfer aveva appena nominato la Bausch direttrice del Wuppertal Ballet, che presto le ribattezza Tanztheater Wuppertal. La Airaudo diventa una delle figure chiave dell’ensemble, dando vita a importanti ruoli in varie produzioni come Iphigenie auf Tauris, Orpheus und Eurydike, Café Müller e danzando, fra gli altri, The Rite of Spring.
È stata membro fondatore della compagnia di danza parigina La Main, insieme a Jacques Patarozzi, Dominique Mercy, Helena Pikon e Dana Sapiro, e ha lavorato con la coreografa Carolyn Carlson al Teatrodanza La Fenice di Venezia. Dal 1984 al 2018 insegna danza alla Folkwang University of the Arts di Essen-Werden e nel 2012 diventa direttrice dell’Istituto di danza contemporanea dell’università. Fra i suoi successi citiamo Le Jardin des Souvenirs, Jane, Je Voudrais Tant, Schwarze Katze e If You Knew, creati a partire dalla metà degli anni ’90 per compagnie come il Folkwang Tanz Studio, il Ballet de Nancy, il Ballet de Geneva, il Ballet du Nord e la Biennale di Venezia. Nell’ultimo decennio lavora con il Pottporus Renegade Theatre creando coreografie con break-dancer come Irgendwo e Verlorene Drachen.
Luz Arcas / La Phármaco
Alexander Vantournhout/not standing
Ayelen Parolin / RUDA