Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
direttore Antonio Pappano
Sembra sia nato dalla storia di Antonietta Frapolli, rapita dai corsari nel 1805 e ritornata in Italia dopo aver vissuto nell’harem del bey di Algeri, il libretto de L’italiana in Algeri: nella musica di Gioachino Rossini si ritrova quella fascinazione per l’Oriente che ha percorso le arti per tutto l’Ottocento.
Nel poema sinfonico di Nikolai Rimsky-Korsakov il violino è la voce di Sheherazade, regina persiana che ogni notte – per Mille e una notte – si salva la vita divenendo la mitica narratrice di racconti così belli da convincere il sultano suo sposo ad ascoltare il seguito il giorno successivo. Oggi, centoventi anni dopo, in 1001 Nights in the Harem il compositore turco Fazıl Say ripercorre la stessa storia in quattro quadri per violino e orchestra: l’harem e tutta la varietà dei personaggi femminili che lo abitano, una serata di festa e danze sfrenate, l’indolenza della mattina successiva, una reminiscenza dai suoni orientali.
Il paesaggio sonoro in cui si muove il violino solista Friedemann Eichhorn è scandito da alcuni strumenti della tradizione turca come kudüm, bendir, glockenspiel e arpa, in questo gran finale del Festival affidato all’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia con la direzione di Antonio Pappano.DIRETTORE
Antonio Pappano
VIOLINO
Friedemann Eichhorn
Gioachino Rossini
SINFONIA DA L’ITALIANA IN ALGERI
Fazıl Say
1001 NIGHTS IN THE HAREM
Nikolaj Rimskij-Korsakov
SHEHERAZADE
SUITE SINFONICA OP. 35
A partire dalla fine del Settecento l’interesse per l’Oriente, anche in conseguenza dell’ampliamento delle rotte commerciali e del progressivo sviluppo predatorio degli imperi coloniali europei, ha costantemente alimentato l’ispirazione nel campo delle arti figurative, della letteratura e della musica. Sopite ormai le velleità aggressive dell’impero ottomano, avviato verso una lenta e innarrestabile decadenza, il fascino di paesaggi usanze, sonorità e costumi associati ai paesi delle sponde del Mediterraneo o a remoti distretti posti sotto il dominio diretto o indiretto della Sublime Porta si impone come concorrente di altre mete del vagheggiamento esotico per i viaggiatori e gli artisti europei.
Un’alternativa carica di emozioni più forti e inebrianti rispetto a quelle della Spagna e delI’Italia, il cui potenziale di esotismo permane peraltro a lungo inalterato, esercitando la sua influenza su generazioni assai distanti di compositori, da Mendelssohn a Bizet, da Elgar a Szymanowski, da Čaikovskij a Henze. Nel 1813, all’epoca della fulminea composizione dell’Italiana in Algeri, il ventunenne Gioachino Rossini si misura con un libretto buffo di Angelo Anelli, soggetto turchesco già musicato cinque anni prima da Luigi Mosca e ispirato alla lontana al famoso rapimento della milanese Antonietta Frapolli, tornata libera in patria con una ricca dote dopo che i corsari l’avevano ceduta al bey di Algeri per il suo harem. La brillante scrittura dell’ouverture potrà anche riecheggiare i modi d’oriente nel capriccioso canto dell’oboe come negli improvvisi “tutti” orchestrali, modellati sul vivace clangore delle bande ottomane, ma l’invenzione melodica, il ritmo e i crescendo trascinanti sono pura invenzione del Pesarese. Capovolgendo la prospettiva, l’opera alla fine sembra guardare più all’esotismo dell’Italia stessa, dei suoi costumi e delle sue donne intraprendenti, patria sognata dai prigionieri e da Isabella, la cui arguzia oppone lo scilinguagnolo del Pappataci al turbante del Kaimakan e fronteggia il palo dei supplizi con un caffè che profuma più di Venezia e Vienna che di Algeri. Il clima dell’harem e il susseguirsi delle consorti del sultano si fa più rischioso nella vicenda posta a cornice delle fiabe delle Mille e una notte, la celebre raccolta letteraria dalla storia antica e stratificata, tradotta, o meglio adattata, in francese da Antoine Galland a inizio Settecento, già ispiratrice di innumerevoli variazioni e filiazioni in campo letterario, musicale e infine anche cinematografico. L’impresa di Shéhérazade che notte dopo notte salva la propria vita avvincendo nelle spire dei suoi racconti il brutale sultano, aduso a uccidere ogni sposa alla nuova alba, ha suggerito nel 1888 a Nicolai Rimskij-Korsakov l’idea di un poema sinfonico sotto forma di suite in quattro movimenti. Un oriente intessuto di peripezie avventurose, sensuali mollezze ed efferate crudeltà, la cui proverbiale, smagliante orchestrazione non nasconde del tutto le reali radici profondamente russe, tanto quanto le lasciano intendere le danze asturiane del Capriccio Spagnolo o i fastosi riflessi cangianti della coeva ouverture La grande Pasqua russa. I quattro movimenti della suite sinfonica sono collegati dal ripetersi di due motivi principali, che rappresentano il Sultano e Scheherazade, introdotti già nelle prime battute della suite: quello della narratrice Shéhérazade, giustamente celebre e affidato al canto del violino, si ripresenta all’inizio del secondo e nell’intermezzo del terzo movimento, ciascuno ispirato a una diversa favola di pirati e principi, per emergere nel movimento conclusivo della festa a Baghdad, confrontandosi nuovamente con il cipiglio scostante del sultano, cupi bagliori degli ottoni e dei fiati rinforzati dagli archi, ormai destinato a sciogliersi nel finale in un sorriso di resa. Il concerto per violino e orchestra del pianista e compositore turco Fazil Say, sottotitolato le Mille e una notte nell’Harem, condivide con il brano di Rimskij Korsakov la scansione in quattro movimenti e la funzione narrante del violino, qui elevato tuttavia a indiscusso protagonista del brano. Anche per Say il racconto è poco più che un pretesto: nulla ci dice infatti del rischioso stratagemma dilatorio di Shéhérazade e delle sue fiabe, ma preferisce spostare l’attenzione, come indica lo stesso Say, sull’atmosfera lussureggiante e carica di erotismo dell’harem. Commissionato dall’Orchestra Sinfonica di Lucerna, il concerto è stato creato nel 2008 dall’orchestra della città svizzera diretta da John Axelrod, con solista Patricia Kopatchinskaya. Con la medesima originalità e estroversione che caratterizza le sue interpretazioni pianistiche Say asseconda nel concerto un tratto stilistico eclettico peraltro evidente in altre sue composizioni, fondendo con ispirazione vivida e multiforme i modi della musica orientale con le istanze del concerto d’impostazione classica. Al riparo da ogni accusa di appropriazione culturale il compositore turco gioca e rinnova con assoluta libertà le convenzioni dell’esotismo, dall’incontestabile posizione di chi vanta a un tempo pratica e conoscenza profonda della musica d’arte occidentale e radici solide nelle musiche tradizionali del proprio paese, come già indica la presenza in organico del kudüm e del bendir, percussioni ampiamente diffuse in ambito mediorientale. L’apertura del concerto spetta proprio alle percussioni, su cui presto si distende l’ondeggiante, sinuoso tema in minore del violino. L’orchestra raccoglie e trasforma un frammento del tema iniziale dando l’avvio a un’acceso dialogo col solista e le percussioni, la cui funzione dovrebbe essere quella di presentare le varie personalità femminili che abitano l’harem. Dopo una prima breve cadenza, il secondo movimento ci trascina in un susseguirsi di danze che alternano figurazioni e poliritmie orientali a una vigorosa scrittura orchestrale capace di integrare influenze che dal Novecento russo si spingono a Herrmann e Bernstein. Con un ennesimo scarto illusionistico l’incedere frastagliato del concerto, animato dalla libertà rapsodica di una fantasia, sfocia in un dialogo serrato fra solista e percussioni cui segue per contrasto l’abbandono melodico del terzo movimento. Un rapido passaggio di pizzicati introduce il solista che sembra parodiare con un nuovo tema l’empito romantico della scrittura di Rimskij Korsakov, ma il movimento in verità non è altro che una serie di virtuosistiche variazioni su una famosa canzone turca. Segue una nuova cadenza e il quarto movimento riannoda in un vortice caleidoscopio i fili dei diversi temi del concerto, dai quali lentamente riemerge il tamburo turco, cui è affidato un evocativo solo. Sulle pulsazioni delle percussioni si snoda per l’ultima volta il tema del violino e il concerto si spegne in un eco lontana.
Andrea Penna
The Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia was the first orchestra in Italy to devote itself exclusively to the symphonic repertoire, giving premieres of major masterpieces of the 1900, such as Respighi’s Fountains of Rome and Pines of Rome. Founded in 1908, the Orchestra has been conducted by some of the major musical figures of the 20th century: from Mahler, Debussy, Saint-Saëns, Strauss, Stravinsky, Sibelius, Hindemith, Toscanini, Furtwängler, De Sabata, Karajan and Abbado to the most impressive performers of our day including Gergiev, Thielemann, Dudamel, Temirkanov while Bernardino Molinari, Franco Ferrara, Fernando Previtali, Igor Markevitch, Thomas Schippers, Giuseppe Sinopoli, Daniele Gatti, and Myung-Whun Chung have been its Music Directors. Leonard Bernstein was Honorary President from 1983 to 1990. With Sir Antonio Pappano in the role of Music Director since 2005, the stature of the Orchestra has enjoyed extraordinary success, building an international reputation for itself. With Pappano at the helm, the Orchestra has appeared at some of the major music festivals including the Proms in London, White Nights in St. Petersburg, Lucerne Festival, Salzburg Festival and has performed in some of the most world’s best-known venues, including the Philharmonie in Berlin, Musikverein and Konzerthaus in Vienna, Concertgebouw in Amsterdam, Royal Albert Hall in London, Salle Pleyel in Paris, La Scala in Milan, Suntory Hall in Tokyo, Semperoper in Dresden, Carnegie Hall in New York.Santa Cecilia Orchestra records extensively for Warner Classic. Recent releases, under Pappano, include Nessun Dorma, The Puccini Album with tenor Jonas Kaufmann (Best Classical Music Recordings of 2015 for The New York Times), which made the world charts, Schumann’s Symphonies no. 2 and no. 4, Elgar’s Symphony no. 1 (ICA Classics), the cd “Anna Netrebko. Verismo” (DGG), Le Carnaval des Animaux with Martha Argerich, the Bernstein’s Symphonies (Warner Classics), Verdi’s Otello with Jonas Kaufmann (Sony Classical), Tudor Queens with Diana Damrau (Warner Classics) and Strauss: Ein Heldenleben/Burleske with Bertrand Chamayou (Warner Classics).
Sir Antonio Pappano has been Music Director of the Accademia Nazionale di Santa Cecilia since 1 October 2005; he had already become Music Director of London’s Covent Garden in September 2002. Born in London in 1959 to Italian parents, he studied piano, composition and conducting in the USA. In the past, he has filled other prestigious positions: in 1990 he was named Music Director of Den Norske Opera of Oslo, the theatre where he made his international debut, and from 1991 to 2002 he carried out the same role at the Théâtre Royal de la Monnaie in Brussels. Pappano is in demand as an opera conductor at the highest international level, including with the Metropolitan Opera New York, the State Operas of Vienna and Berlin, the Bayreuth and Salzburg Festivals, San Francisco Opera, Lyric Opera of Chicago, Théâtre du Châtelet and the Teatro alla Scala.Sir Antonio Pappano has conducted many of the world’s major orchestras, including the New York Philharmonic, Chicago Symphony, Philadelphia Orchestra, Cleveland Orchestra, Berlin and Vienna Philharmonic, Royal Concertgebouw Orchestra, Symphony Orchestra of the Bayerischer Rundfunk and London Symphony.Sir Antonio Pappano records extensively for Warner Classics and has made several recordings with the Santa Cecilia Orchestra and Chorus. Among his latest recordings are Verdi’s Aida, Tchaikovsky’s Piano Concerto no. 1 and Prokofiev’s Piano Concerto no. 2 with Beatrice Rana at the piano, Nessun Dorma, The Puccini Album with Jonas Kaufmann, Schumann’s Symphonies No.2 and No.4 (ICA Classics), the CD Anna Netrebko. Verismo (DG), Saint-Saëns Symphony No. 3 and The Carnival of the Animals with Martha Argerich, the Bernstein’s Symphonies, Verdi’s Otello (with Kaufmann) and Strauss Ein Heldenleben.His awards and honors include: in 2012 he was created a Cavaliere di Gran Croce of the Republic of Italy, and a Knight of the British Empire for his services to music, and in 2015 he was named the 100th recipient of the Royal Philharmonic Society’s Gold Medal, the body’s highest honour.In March 2021 he was announced as the next Chief Conductor of the London Symphony Orchestra (Designate from 2023/24).
Le attività artistiche del tedesco Friedemann Eichhorn, artista tra i più creativi e versatili della sua generazione, spaziano dall’esecuzione, con strumenti d’epoca, di musica del periodo primo barocco a opere classiche e contemporanee con rinomate orchestre ed ensemble. Eichhorn riscopre e incide, ed è il primo a farlo, la versione integrale dei concerti per violino del virtuoso francese Pierre Rode. Studia con Valery Gradow, Alberto Lysy e Margaret Pardee e si diploma alla Mannheim University of Music and Performing Arts, all'International Menuhin Music Academy e alla Juilliard School. Consegue un dottorato di ricerca in musicologia presso la University of Mainz. È autore di articoli per dizionari enciclopedici e cura gli spartiti per violino per gli editori G. Henle e Schott Music. È professore di violino alla University of Music Franz Liszt Weimar ed è direttore artistico della Kronberg Academy.
Musicisti dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Quartetto Werther
Musicisti dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Nicola Piovani