Tovel, Jacopo Mazzonelli
Il pianoforte è senza dubbio lo strumento che più rappresenta la fioritura della cultura musicale occidentale dal tardo Settecento a oggi. In questo senso, la performance musicale The Act of Touch, costruita sull’opera ABCDEFG dell’artista Jacopo Mazzonelli, permette un cammino a ritroso, una sorta di regresso all’essenziale, un percorso di “purificazione” creativa votata a catturare l’immagine più profonda di ciò che si sta scrivendo: la materia, i tasti bianchi, le sette note, l’alternanza rigo spazio del pentagramma.
Con lo pseudonimo di Tovel, il compositore Matteo Franceschini rilancia la figura dell’autore/interprete con l’obiettivo di sperimentare un nuovo sound “dall’interno”; il diretto coinvolgimento come esecutore e l’inevitabile lavoro a stretto contatto con i musicisti si presenta come un vero atto creativo. Jacopo Mazzonelli realizza sculture, assemblaggi e installazioni che indagano l’ampia zona di confine tra arti visive e musica. L’indagine sulla percezione del ritmo e del divenire del tempo si accompagna a quella sul “gesto musicale” inteso come ciò che sottende l’esecuzione e non il suono prodotto: lavorando sull’interpretazione e sulla visualizzazione della dimensione sonora, l’artista si confronta con strumenti che destruttura, trasforma e ricompone.
The Act of Touch getta lo spettatore all’interno di un paesaggio sonoro inatteso, dove il suono organizzato si palesa dopo un complesso itinerario di esplorazione dei materiali. Ordinata su più livelli visivi e concettuali, la performance si configura come una graduale e consapevole scoperta d‘identità – un percorso di conoscenza e sviluppo che l’impiego dei sette pianoforti/scultura modificati permette di compiere – dove la scrittura acustica si fonde con la manipolazione elettronica in tempo reale. La nuova fisionomia dei pianoforti e la trasformazione dei suoi materiali si delinea come il punto di partenza per una riflessione sulla natura stessa del rapporto tra suono e materia.
La performance è un progetto di Tovel e Jacopo Mazzonelli, che insieme alla pianista Eleonora Wegher ne sono anche interpreti diretti.
TRATTO DALL'OPERA
ABCDEFG
DI
Jacopo Mazzonelli
musica e live concept Tovel (aka Matteo Franceschini)
artworks e live concept Jacopo Mazzonelli
partitura pubblicata da Casa Ricordi
live electronics Tovel (aka Matteo Franceschini)
performer Jacopo Mazzonelli, Eleonora Wegher
light designer Mariano De Tassis
Al mondo ce ne sono tanti di pianoforti verticali derelitti, di cui nessuno sa più che farsene. Finirebbero dagli sfasciacarrozze dei piano se l’artista trentino Jacopo Mazzonelli, che nel suo lavoro intrattiene una relazione speciale con gli strumenti e gli altri arnesi della musica,
non li salvasse per dare loro nuova vita, ricongegnandoli. Sette costituiscono l’opera ABCDEFG, le lettere con cui nei paesi anglofoni e di lingua tedesca vengono chiamate le note. Ognuno di questi pianoforti sembra essersi sottoposto a una gran cura dimagrante, e ristretti i fianchi come fosse stato schiacciato da una pressa, non racchiude più una tastiera intera, ma un unico tasto bianco, solo soletto. Questi strumenti mono-tasto e mono-nota godono di un’esistenza propria come oggetti d’arte, però all’occorrenza possono riprendere a suonare.
La prima volta è successo nel 2017, quando Mazzonelli ha chiesto al compositore Matteo Franceschini, suo conterraneo, di lavorare con lui e i pianoforti a una performance nella Galleria Civica di Trento. Venti minuti di durata: il primo nucleo di ciò che un anno dopo, alle Murate di Firenze (per la stagione concertistica del Gamo – Gruppo aperto musica oggi) si è riconfigurato ed esteso in The Act of Touch, installazione/performance di un’oretta in cui gli autori Mazzonelli e Franceschini erano protagonisti assieme alla pianista Eleonora Wegher, ciascuno impegnato a suo modo nell’esplorare l’anima sonora delle sette sculture anche attraverso la loro manipolazione elettronica in tempo reale. Da allora questa performance si è ripetuta una decina di volte in vari luoghi d’Italia: Mazzonelli e Wegher impegnati attorno ai pianoforti; alla consolle elettronica Franceschini, che qui, come accade ogniqualvolta lui assume le vesti di interprete di proprie musiche, si serve dello pseudonimo di Tovel, dal nome di un lago del Trentino. Stavolta, per questa ripresa spoletina, The Art of Touch accentua il tratto site specific, mettendo a punto anche un nuovo disegno luci.
La collaborazione tra Mazzonelli e Franceschini sembra orientata dagli astri, e non solo perché i due sono stati compagni di liceo tra metà e fine anni Novanta. Il fatto è che le loro ricerche fremono di una stessa impazienza nei confronti delle recinzioni tra arti. A Mazzonelli, che ha una solida formazione alla musica, interessa sostare nel territorio di confine tra visualità e ascolto, in genere però arrestandosi prima che il gesto a cui possono essere sottoposte le sue opere “musicali” le renda corpi risonanti. Poiché, dice, a lui interessa piuttosto innescare quei «meccanismi sottili che traghettano lo spettatore dal tattile all’uditivo, dal retinico al poetico, e ritorno». Di multimedialità, musica-visione-azione, e mescidanza di generi, ricerca colta squarciata da una propensione extracolta, è impregnato il fare creativo di Franceschini, che oggi abita a Parigi e insegna in Italia. Lui, Leone d’argento per la musica alla Biennale di Venezia 2019, negli ultimi tempi è riuscito a liberare la sua vera natura di autore-performer che ibrida senza pregiudizi il sapere accademico (i diplomi in clarinetto e composizione, gli studi di contrabbasso e piano) con la passione per il rock, che ha frequento fin dall’adolescenza suonando nei club. «Nelle opere più recenti sono arrivato ad adoperare insieme varie grammatiche musicali e a riflettere sul format del concerto, durante il quale spesso mi metto io stesso in gioco a carte scoperte convertendo il Franceschini autore nel Tovel performer», racconta.
In The Act of Touch, lavoro cruciale nella maturazione espressiva tanto di Mazzonelli quanto di Franceschini, diviene fluidissimo il confine fra scultura e strumento musicale, fra i suoni naturali, amplificati e artificiali, fra teatralità e dj set. Il tatto dei performer ispeziona minuziosamente in ogni loro parte gli oggetti-pianoforte (cattedrali apparentemente inespugnabili, secondo Mazzonelli) e le voci che da questi vengono emesse, si tratti di rumori o di intonazioni riconoscibili, il live electronics le rimodella in maniera tale da far parere all’ascoltare che a essere tastato sia un pianoforte monstre, capace pure di trasformarsi in dispositivo percussivo di una ritualità da dance floor. Ogni atto è regolato dalla partitura di Franceschini (edizioni Ricordi), di fattura formale quasi classica per quanto è simmetrica, ponderata: una struttura che aspira a una sfericità levigata e, tuttavia, implica situazioni acustiche in tumulto espressivo. I due performer che si occupano dei pianoforti devono prendersi cura di tre strumenti ciascuno. Invece il mono-tasto Fa rimane territorio d’entrambi, un’isola su cui approda l’uno o l’altro a seconda dei momenti. Il legno degli strumenti viene accarezzato, ticchettato, sfregato, i tasti sono sollecitati a emettere la propria nota, che esce sorda, scordata. Sempre, l’elettronica traduce questi atti in entità timbriche avvolgenti, via via più esplosive, lampeggìi furiosi, bacchici, pulsanti come disco music, che comunque da ultimo si placano, così da inscrivere la performance in un percorso circolare. Le indicazioni in partitura parlano chiaro: dall’avvio “meditando, curioso”, “sospeso”, “riflessivo”, attraverso una sezione “immateriale” di qualche minuto in cui i performer possono procedere con un minimo di autonomia pur entro un’intelaiatura stabilita dal compositore, il raggiungimento del climax impetuoso, orgasmico è segnato come “frenetico”, “febbrile”, “meccanico”, dopodiché lo scaricarsi d’ogni tensione conduce allo “sgretolandosi”, al “rimembrando”, all’“allontanandosi” conclusivi. Dei pianoforti non soltanto è suonata la mono-tastiera, ma anche il coperchio superiore sotto il quale sono collocati dei sensori. Su quel legno i performer digitano le linee melodiche prescritte dalla partitura, come se davvero avessero sotto le dita una tastiera intera. I sensori percepiscono l’entità, la qualità, la velocità d’ogni colpo di polpastrelli, catturandolo e trasformandolo in segnale digitale affidato al performer alla consolle. Risulta visivamente suggestiva questa muta articolazione di falangi che genera sonorità inaspettate, cosicché pare che da una dura tavola di legno possano magicamente fiorire note psichedeliche. E poetico è il momento in cui i due performer si ritrovano, accanto, a occuparsi del dorso di un piano appoggiandovi i loro diapason: sembrano medici intenti ad auscultarne i polmoni.
Franceschini intende The Act of Touch come prima parte di un trittico intitolato Live, progetto performativo che prevede sempre la presenza del compositore-Tovel in scena. Gli altri due pannelli, datati 2019, sono Songbook e Opus. L’uno, per quartetto rock, ensemble amplificato e live electronics, presentato alla Biennale Musica, è un lavoro sulla forma-canzone. Nell’altro, la cui idea risale addirittura a un decennio fa, si assiste a una interazione narrativo-drammaturgica tra musica e linguaggio visivo, dunque tra quartetto d’archi, elettronica, videoproiezioni; presentato a La Scala-Paris, si avvale della collaborazione dell’Ircam e dello studio parigi- no di design e visual art 1024 Architecture.
Matteo Franceschini nasce da una famiglia di musicisti. Inizia lo studio della composizione con il padre diplomandosi al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano sotto la guida di Alessandro Solbiati. Si perfeziona all’Accademia Nazionale “Santa Cecilia” di Roma con Azio Corghi e frequenta il “Cursus de Composition et d'Informatique Musicale” all’Ircam di Parigi, città nella quale attualmente vive e lavora. Riceve commissioni da istituzioni quali la Filarmonica della Scala, la Biennale di Venezia, l’Ensemble Intercontemporain, la Philharmonie de Paris, la Wigmore Hall di Londra, l’Ircam-Centre Pompidou, il Grand Théâtre de Provence, il Festival Mito, l’Orchestre national d’Île-de-France, l’Orchestre national de Belgique, l’Opera di Saint- Étienne, il Mart, il Festival Milano Musica, la Fondazione Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, l’Accademia Filarmonica Romana. Realizza opere per il teatro, composizioni sinfoniche, corali e da camera, colonne sonore, performances ed installazioni multimediali interattive. Il suo immaginario musicale si fonda sulla forza dei contenuti narrativi e sulla necessità di accostare linguaggi di matrice diversa seguendo le regole del contrasto e della fusione. La ricerca sul timbro nutre il suo lavoro, che rivela un universo onirico ed un acuto senso della teatralità. È nominato compositore in residenza presso l’Arcal di Parigi, all’Orchestre national d’Île-de-France, l’Accademia Filarmonica Romana e la Fondazione Haydn. Leone d’argento per la Musica 2019 a La Biennale di Venezia e “Lauréat” de la Fondation Banque Populaire nel 2018, nel 2014 riceve il “Fedora - Rolf Liebermann Prize for Opera” e nel 2011 il titolo di “Italian Affiliated Fellow in the Arts” da parte dell’American Academy di Roma. Sotto il nome di TOVEL, Matteo Franceschini approfondisce la figura dell’autore/interprete al fine di sperimentare un nuovo sound “dall’interno”; la composizione, messa a confronto con una pratica strumentale, apre nuove prospettive sulla consapevolezza teatrale del gesto sonoro. Il coinvolgimento diretto sulla scena e il lavoro a stretto contatto con altri musicisti costituiscono un vero e proprio atto creativo: trasformare la partitura in energia sonora. TOVEL elude il confine tra creazione preparata (la pagina scritta) ed invenzione nel momento dell’esecuzione, ma mostra anche il desiderio di abolire la frontiera tra interpreti e spettatori. Dal 2011 è edito da Casa Ricordi - Universal Music Publishing.
Jacopo Mazzonelli realizza sculture, installazioni e performances che indagano l’ampia zona di confine tra arti visive e musica. La sua ricerca si avvale di tecniche e metodologie mutuate da diverse discipline. Lavorando sull’interpretazione e sulla visualizzazione della dimensione sonora, l’artista si confronta con strumenti che destruttura, trasforma e ricompone. Al centro del suo interesse è il “gesto musicale”, le indagini sulla percezione del ritmo e del divenire del tempo. Ha tenuto mostre personali in Italia e all’estero. Nel 2017 il MART – Galleria Civica di Trento gli ha dedicato un’ampia mostra personale - To be played at maximum volume - corredata di una monografia a cura di Luigi Fassi e Margherita de Pilati. Suoi lavori sono già in importanti collezioni tra le quali: AGI-Verona; Caldic Collection, Rotterdam, Unicredit Art Collection; VAF-Stiftung Collection; MART Collection, Rovereto; Fondazione Francesco Fabbri, Treviso. Tra le principali esposizioni ricordiamo: Sonografia, Museo Internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna (2018); To Be Played at Maximum Volume, Mart - Galleria Civica di Trento (2017); VI Vaf Prize-Posizioni Attuali dell’arte, Schauwerk, Sindelfingen (Stuttgart) e Stadtgalerie, Kiel (2014); La Correzione, con Silvia Giambrone, Paolo Maria Deanesi Gallery, Trento; Difference and Repetition, Galleria Giovanni Bonelli, Milano; Jce Biennal d’Art Contemporain, Le Beffroi, Montrouge, Museu de l’Empordà, Figueres, The Art Building, Vrå, Amadeo De Souza-Cardoso Museum, Amarante; Isorhythm, con Giulio Paolini, Galleria Studio G7, Bologna. In collaborazione con il compositore Matteo Franceschini, dal 2017 realizza una fitta serie di progetti performativi dei quali, insieme alla pianista Eleonora Wegher, è anche interprete diretto.
Nata a Verona, intraprende lo studio del pianoforte con Laura Palmieri e si diploma con Lode presso il Conservatorio Bonporti di Trento sotto la guida della prof.ssa M. R. Corbolini. Si perfeziona con i M° L. Margarius e A. Kravtchenko presso l’Accademia Pianistica Internazionale di Imola “Incontri col Maestro” e successivamente presso la Hochschule fur Musik und Theater “F. Mendelssohn” di Leipzig con i M° A. Meinel e H. M. Schreiber. Vincitrice fin da giovanissima di numerosi concorsi tra cui XXIII° Concorso Pianistico Muzio Clementi di Firenze, XI° Concorso Pianistico Internazionale Roma - Premio Seiler, XIV° Concorso Internazionale Franz Schubert di Ovada, si è esibita - tra le altre - con l’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, l’Orchestra Classica di Alessandria e l’Orchestra da Camera del Teatro La Fenice di Venezia. Ha partecipato a Masterclass tenute dai maestri Vladimir Ashkenazy, Lilya Zilberstein, Joaquin Soriano, Leslie Howard, Menheim Pressler. Primo Premio al Concorso Pianistico Internazionale Vila de Capdepera di Palma de Mallorca e al Concorso Internazionale Gaetano Zinetti di Sanguinetto, Terzo Premio al Concorso Pianistico Internazionale Delia Steinberg di Madrid e Secondo Premio al Concorso Pianistico Internazionale Fausto Zadra di Abano Terme, è stata ospite di importanti festival in Italia e all’estero, tra cui Venerdì Musica di Pistoia, Steinway Society, Amici della Musica e Società del Quartetto di Verona, Festival Dino Ciani di Venezia, Milano PianoCity, Festival Europeo della Musica di Bologna, Società Filarmonica e Teatro S. Chiara di Trento, Sala Filarmonica di Rovereto, Festival Schloss Georgium di Dessau, XIX Leipziger Chopin-Tage di Schneeberg, Festival Seiler di Kitzingen am Main, Festival Martinu di Brno. Collabora alle performance musicali The Act of Touch e Tabulae di Jacopo Mazzonelli e Matteo Franceschini esibendosi per importanti istituzioni quali MART – Galleria Civica di Trento; Festival GAMO – Le Murate Pac di Firenze; ArtCity Bologna – Museo Internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna; Galleria Giovanni Bonelli – Milano; Festival Veronarisuona – Giardino Giusti, Verona; Blue Lakes Festival 3.0 – MUSE Museo delle Scienze di Trento; Ō Tempo di FESTIVAL – Terme di Diocleziano, Roma; AngelicA Festival – Teatro San Leonardo, Bologna; Jeans Music Festival – Palazzo Baronale di Caprarica di Lecce; Festival Innovasound – Le Centquatre, Parigi. Da anni colleziona - insieme all’artista visivo e performer Jacopo Mazzonelli - rari strumenti musicali a tastiera, con i quali si esibisce in festival e concerti. La collezione conta - tra gli altri - diversi esemplari di digitorium, typatune, toy piano e percussioni a tastiera.
Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Antonio Pappano
Barbara Hannigan
Dianne Reeves
Budapest Festival Orchestra,
Coro dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Iván Fischer
Antonio Pappano
Barbara Hannigan
Alessandro Carbonare