FRANCO BRANCIAROLI
Rachid Benzine, islamologo e filosofo francese di origine marocchina, è uno degli esponenti di spicco di quella nuova generazione di intellettuali dediti allo studio del Corano in un´ottica di dialogo con le altre culture e religioni occidentali. Sociologo di formazione, sul finire degli anni Novanta, poco più che ventenne, avvia una profonda conversazione su islam e cristianesimo con il prete Christian Delorme, da cui nasce il fortunato libro_ Abbiamo tante cose da dirci_ (1998, trad. it. 2000). Negli anni successivi approfondisce i suoi interessi filosofici, studiando l´opera di Paul Ricoer, Michel Foucault e Jacques Derrida e traendone spunto per tornare alla lettura del Corano. È sull´onda di questi studi che prendono forma alcuni dei lavori più incisivi di Benzine, come _Il Corano spiegato ai giovani _(2013, trad. it. 2016)
Lettere a Nour è un dramma epistolare fra un padre - intellettuale musulmano praticante che guarda all’Occidente e osserva la sua religione come messaggio di pace e amore - e una figlia, Nour, partita in Iraq per ricongiungersi a un musulmano integralista di cui si è innamorata. ‘Paradossalmente’ mossa dagli stessi principi di amore e tolleranza ereditati dal padre, e quindi non per fanatismo, la figlia finisce per unirsi alla causa jihadista e a pagarne il duro prezzo.
«Sto lavorando da mesi su una domanda fastidiosa – afferma Rachid Benzine a proposito di Lettere a Nour – una domanda che rimbalza sempre indietro come un’emicrania, ricorrente e familiare. Perché giovani uomini e giovani donne, nati nel mio stesso paese, dalla mia stessa cultura, decidono di partire per un paese in guerra e di uccidere in nome di un Dio che è anche il mio? Questa domanda violenta ha assunto una nuova dimensione la sera del 13 novembre 2015: una parte di me aveva appena attaccato un´altra parte di me, seminando morte e dolore. Come vivere con questo tormento? In risposta, a poco a poco, è nato un dialogo epistolare tra un padre-filosofo e sua figlia, partita per la jihad... Questo dialogo è impossibile, difficile, immaginavo».
Un testo che, nella sua essenzialità drammatica di puro dialogo, si muove con straordinaria efficacia fra cronaca ed ideologia: guardando all’attualità, tocca nel vivo ferite profonde della nostra società contemporanea, a partire dalla potenza di una vicenda privata, di affetti familiari stravolti dalla storia.
Mantenendo un respiro universale, Lettere a Nour offre un ritratto per noi inedito della cultura islamica, nel suo complesso confrontarsi con la cultura occidentale.
Interpretato da un attore di eccezione come Franco Branciaroli, il cui lungo percorso spesso ha incrociato i complessi orizzonti della riflessione religiosa, Lettere a Nour è diretto dal giovane Giorgio Sangati, regista proveniente dalla scuola di Luca Ronconi e che si sta velocemente imponendo all’attenzione di pubblico e critica. Accanto a Branciaroli in scena Marina Occhionero, giovane e promettente attrice, da poco diplomatasi presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico.
Nour ha vent´anni quando decide di partire, di lasciare improvvisamente la sua vita di studentessa brillante per raggiungere l´Iraq e sposare un combattente del nascente Stato Islamico conosciuto su internet. Suo padre, è un professore universitario, un teologo islamico illuminista e progressista che ha perso la moglie quando era giovane, ha cresciuto la figlia da vedovo e ora si ritrova solo.
Nour ha voglia di cambiare il mondo, di agire, di mettere in atto tutto quello che ha studiato e imparato dal padre, a cui rinfaccia di essersi chiuso in un´asfittica torre d´avorio fatta di libri e certezze, senza più rapporto con la realtà.
Il padre vorrebbe solo che la figlia tornasse a casa, al sicuro, che si rendesse conto dell´orrore, del paradosso di una visione del mondo basata sulla violenza e sull´odio.
Da un lato la vita che continuamente si misura col rischio, con l´errore, con la morte; dall´altro la ragione che teorizza il dialogo e la pace, ma pretende a tutti costi di eliminare la violenza e rimuovere il dolore.
Evoluzione e stasi, deriva e blocco, giovinezza e vecchiaia, ribellione e orgoglio. Due sguardi sul reale antitetici, due punti di vista sull´islam indagati senza pregiudizi.
Due anni di corrispondenza, due anni di scontro e amore, per raccontare un rapporto intenso e travagliato, un conflitto familiare, generazionale e culturale apparentemente senza via d´uscita.
Un epistolario drammatico, un dialogo a distanza, in cui i concetti stessi di intimità e lontananza perdono consistenza e le parole spesso ne nascondono altre, perchè è difficile parlarsi veramente, ascoltare e vedere davvero quando è in gioco un legame così profondo, archetipico, come quello tra un padre e una figlia.
In scena, in un´ideale non-luogo interiore, in una sorta di spazio dell´anima -contemporaneamente incubo, paradiso e trappola- l´incontro tra uno dei più grandi interpreti di sempre, Franco Branciaroli e una giovane e promettente attrice, Marina Occhionero. Insieme a loro, mimetizzati sul palco, un trio di musicisiti, i Mothra, a costruire una scenografia sonora impalpabile, sospesa, a metà tra oriente e occidente, tra futuro e passato, musica come presente, come sangue, come vita.
Rachid Benzine, a sua volta intellettuale e islamista, sostenitore convinto di una lettura critica e aperta del Corano, da tempo si batte per svincolare gli studi sulla religione da strumentalizzazioni politiche di qualsiasi tipo e alimentare la ricerca con strumenti provenienti dalle scienze umane e sociali.
In Lettere a Nour va dritto al nucleo della questione: perché ragazze e ragazzi giovanissimi decidono di lasciare i loro paesi per partecipare alla folle guerra dello stato islamico? Cosa cercano? Cosa è mancato? Evitando semplificazioni e restando coraggiosamente all´interno del perimetro dell´islam, costruisce una specie di clone di se stesso: il padre di Nour, più vecchio dell´autore, diventa così una sua possibile proiezione. Benzine teatralmente si sdoppia e si immagina a colloquio con una generazione di figli che non riesce a comprendere il senso del suo pensiero. Si interroga sulle possibili motivazioni alla base di questa "rottura", si mette in discussione, si osserva senza sconti.
Non vuole, però, fornire risposte, piuttosto suggerire domande, offrire spunti: forse la rimozione dell´emozione (e della morte) e l´eccesso di razionalità possono rendere sterile anche il punto di vista più aperto.
È necessario rimanere sempre in ascolto, in contatto col mondo (tutto) e non chiudersi in se stessi, nel proprio orgoglio. Sarebbe fatale in questo momento rinunciare al dialogo con l´altro, soprattutto quando l´altro sposa una causa per frustrazione, subendo la manipolazione di approfittatori senza scrupoli. Il suggerimento tra le righe non è da poco in un mondo che tende a dividere sistematicamente, in ogni ambito, buoni (noi) e cattivi (gli altri). Certo, i mostri ci sono, da una parte e dall´altra ed è bene riconoscerli, ma solo creando ponti sarà possibile riallacciare i rapporti all´interno dell´unica grande famiglia degli uomini; le divisioni, i muri non servono a nulla: perché - come dice il padre di Nour - il destino di un muro è il suo crollo.
Lettere a Nour è una storia così personale, così privata da diventare pubblica, universale: c´è qualcosa di classico in questa scrittura contemporanea che mette insieme Lear e Pastorale americana. Un testo che ci riguarda tutti: tutti siamo figli o genitori o entrambe le cose, tutti stiamo in questo stesso presente e stare a guardare ormai potrebbe non bastare.
Giorgio Sangati
di Rachid Benzine
traduzione italiana a cura di Anna Bonalume
regia Giorgio Sangati
con Franco Branciaroli, Marina Occhionero
e con il trio Mothra
**Fabio Mina **flauto, flauto contralto, duduk, elettronica
Marco Zanotti batteria preparata, percussioni, elettronica
Peppe Frana oud elettrico, godin multioud, elettronica
assistente alla regia Virginia Landi
scene Alberto Nonnato
luci Vincenzo Bonaffini
musiche originali trio Mothra
costumi Gianluca Sbicca
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, Centro Teatrale Bresciano, Teatro de Gli Incamminati
in collaborazione con Ravenna Festival
_Nato a Milano nel 1947, viene riconosciuto da giovanissimo come uno dei maggiori talenti del teatro italiano. Si è diplomato alla Civica Scuola del “Piccolo Teatro di Milano” e proprio al Piccolo ha debuttato nell’estate 1970 in La battaglia di Lobowitz di Peter Hacks, con la regia di Guy Rétoré. Nello stesso palcoscenico ha fatto la sua prima vera apparizione diretto da Patrice Céreau in Toller di Tankred Dorst. Dopo aver incontrato Aldo Trionfo al Teatro Stabile dell’Aquila in Arden of Faversham, dal ‘72 al ‘76 lavora con lui allo Stabile di Torino, interpretando Peer Gynt di Ibsen, Ettore Fieramosca di Massimo d’Azeglio, Nerone è morto di Miklos Hubay, con Wanda Osiris – il suo lancio come protagonista -, Gesù di Theodor Dreyer in prima mondiale, Bel Amì e il suo doppio di Luciano Codignola e Faust – Marlowe – Burlesque, pastiche di Trionfo e Salveti, in coppia con Carmelo Bene, scambiandosi nel corso della serata i ruoli di Faust e Mefistofele. Con Carmelo Bene è anche Romeo in Romeo e Giulietta ed è Calaf nella Turandot di Virginio Puecher da Gozzi, con Valentina Cortese. Partecipa quindi al Laboratorio di Prato diretto da Luca Ronconi, dove incarna Sigismondo ne La Torre di Hoffmansthal e interpreta nel 1979 L’uccellino azzurro di Maeterlinck. Lavora con Scaparro (Il revisore di Gogol, Teatro Popolare di Roma) e con Squarzina (Oreste di Euripide, a Siracusa e Caligola di Camus per la RAI TV). Dirige Pugacev di Esenin. Mette in scena Synge (Il furfantello dell’Ovest), La vita è sogno di Calderon de la Barca, Peer Gynt e Spettri di Ibsen. Interpreta come protagonista Confiteor e In exitu di Giovanni Testori guidato dall’autore. Oltre che in televisione, ha lavorato al cinema con: Michelangelo Antonioni (Il mistero di Oberwald tratto da L’aquila a due teste di Cocteau), Mikos Jancso (Vizi privati e pubbliche virtù) e Tinto Brass (La chiave, Miranda, Così fan tutte, L’ uomo che guarda). Con la regia di Ronconi nel 1990 lavora in Besucher di Botho Strauss e in Féerie – Pantomima per un’altra volta di Celine. Nella stagione ’90/’91 interpreta il doppio ruolo di Tonino e Zanetto ne I due gemelli veneziani di Carlo Goldoni per la regia di Gianfranco de Bosio. Nel frattempo continua il sodalizio con Giovanni Testori del quale interpreta Verbò, Sfaust, SdisOrè. Nella stagione ’91/’92, diretto da Marco Sciaccaluga è Cirano in Cirano di Bergerac di Edmond Rostand, Roberto Zucco in Roberto Zucco di Koltes, Petruccio ne La bisbetica domata di William Shakespeare, in coppia con Mariangela Melato. Nel 1993 realizza la regia di tre spettacoli: Re Lear di W. Shakespeare per l’Estate Teatrale Veronese (interpretando anche il ruolo del protagonista), L’Ispettore generale di Gogol a quattro mani con Marco Sciaccaluga (interpretando anche la parte del Sindaco), I due gemelli veneziani di Carlo Goldoni per la Compagnia del Teatro dell’Arca di Forlì. Continua l’impegno shakespeariano con il Teatro Romano di Verona interpretando Macbeth per la regia di Giancarlo Sepe, cui farà seguito nel 1995 l’allestimento de La Dodicesima Notte di cui è anche regista. L’interpretazione dei grandi capolavori shakespeariani prosegue con la messinscena di Otello per la regia di Gabriele Lavia con Umberto Orsini nel ruolo di Jago. Nel 1996 interpreta Medea di Euripide per la regia di Luca Ronconi, che, in un allestimento originalissimo in cui Branciaroli interpreta la parte della stessa Medea, viene presentato per oltre 200 repliche nei maggiori teatri italiani. Lo spettacolo sarà riproposto poi, riallestito da Daniele salvo, nel 2017. Tra gli altri spettacoli, nel 2000 affronta La vita è sogno di Luca Ronconi e con lui partecipa al progetto Greci al Teatro di Siracusa dove è Prometeo nel Prometeo incatenato. Nella stagione 2000/’01 Branciaroli è Edipo re di Sofocle per la regia di Lamberto Puggelli. La stagione 2001/’02 lo vede impegnato ne La Moscheta di Angelo Beolco detto il Ruzante con la regia di Claudio Longhi, da cui si fa dirigere anche nel 2002/’03 nel testo di Albert Camus, Caligola, nel 2003-2004 nella Peste di Albert Camus, nel 2004 – 2005 in Lo zio ( scritto da Branciaroli stesso). Nel 2006 è Hamm in Finale di partita di Beckett, scene di Margherita Palli, in un’edizione che avrà grandi riscontri di pubblico e critica. Nella stagione 2006/2007 2007/2008 è Galileo in Vita di Galileo di B. Brecht per la regia di Antonio Calenda. Ha partecipato al film I Vicere di Roberto Faenza, con Alessandro Preziosi e Lando Buzzanca, e Bianco e nero, per la regia di Cristina Comencini. Nell’estate 2008 interpreta Re Claudio in Amleto di Shakespeare, insieme a Alessandro Preziosi e Silvio Orlando. Nel 2009-2010-2011 è protagonista di un’originale one man show da Don Chisciotte di Cervantes in cui dà le voci di Vittorio Gassman e Carmelo Bene ai due protagonisti. Da luglio 2010 è consulente artistico del Centro Teatrale Bresciano. E nella stagione teatrale 2011-2012, è impegnato nei panni di Sir ne Il Servo di Scena di Ronald Harwood, uno spettacolo che inaugura la collaborazione tra il Centro Teatrale Bresciano e il Teatro de Gli Incamminati. Una riflessione sul mondo teatrale che continua nella stagione 2012-2013, con l’interpretazione del frustrato e megalomane Bruscon, ovvero Il Teatrante di Thomas Bernhard. Di entrambe le pièce cura anche la regia. Nel 2014 debutta Enrico IV, suo primo lavoro pirandelliano e il suo ultimo testo, Dipartita finale, che vede in scena Gianrico Tedeschi, Ugo Pagliai, Massimo Popolizio e Branciaroli stesso. Nel 2015 dirige ed interpreta Macbeth di William Shakespeare e, infine, nel 2017 la suddetta Medea, un riallestimento con cui festeggia i suoi 70 anni e gli oltre 40 di carriera. _
Si è formato come attore alla Scuola del Piccolo Teatro di Milano, dove, sotto la guida di Luca Ronconi, si è diplomato nel 2005, e è si laureato all´Università di Padova in Scenze della Comunicazione, con una tesi su La tragedia nel cinema di Pier Paolo Pasolini. Giorgio Sangati, nonostante la giovane età (è classe 1981), ha già maturato una vasta esperienza di palcoscenico sia come interprete, sia come drammaturgo che regista. Dal 2007 al 2015 ha recitato nell´Arlecchino servitore di due padroni del Piccolo Teatro di Milano, per la storica versione di Giorgio Strehler, prendendo parte nel frattempo a numerosi spettacoli di Luca Ronconi e alla fortunata edizione della Resistibile ascesa di Arturo Ui diretta da Claudio Longhi (ERT Fondazione-Teatro di Roma, Premio ANCT 2011 come “miglior spettacolo dell´anno”). Nello stesso periodo è anche attore al cinema, dove ha lavorato con Marco Tullio Giordana (Sangue Pazzo), Renato De Maria (La prima linea), Michele Placido (Vallanzasca), Carlo Mazzacurati (La sedia della felicità). Indirizzatosi progressivamente verso la regia e la drammaturgia, ha studiato con maestri della scena internazionale quali Lev Dodin, Anatolij Vassiliev, Yoshi Oyda, Anne Bogart, Declan Donnelan, per diventare poi assistente alla regia di Luca Ronconi dal 2011 fino alla Lehmann Trilogy. Nello stesso anno inizia a dirigere spettacoli in prima persona, sia scritti da lui sia partendo da drammaturgie altre. Tra i numerosi allestimenti che, in poco tempo, ha messo in scena, sono da citare il suo testo Massacritica (2013, Teatro Stabile del Veneto), Arlecchino servitore di due padroni da Carlo Goldoni (2015, Teatro Stabile del Veneto), Le donne gelose di Carlo Goldoni (2016, Piccolo Teatro di Milano), gli intermezzi melodrammatici Rosiccia e Morano di Francesco Feo (2017, Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto), Mahagonny Songspiel da Brecht/Weill (2017, Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto) e, nell´ultima stagione, il fortunato I due gentiluomini di Verona di William Shakespeare (CTB-Teatro Stabile del Veneto).
Nasce ad Asti nel 1993. Dopo il diploma al Liceo Classico Alfieri si trasferisce a Roma per studiare recitazione. Svolge i suoi studi presso l´Accademia d´Arte Drammatica Silvio D´Amico e il Conservatoire d´Art Dramatique di Parigi, ottenendo il diploma dell´Accademia a ottobre 2016. Comincia subito a lavorare in teatro diretta da Oscar de Summa negli spettacoli Riccardo III e La Cerimonia, poi nella ripresa di In Cerca d´autore di Luca Ronconi presso il Piccolo Teatro di Milano e con Cristina Comencini nel suo nuovo spettacolo Tempi Nuovi. La prima esperienza con la telecamera è con Fuori sede, cortometraggio diretto da Sergio Rubini; subito dopo esordisce nel film L´età imperfetta di Ulisse Lendaro nel ruolo protagonista ed è nel cast del film La ragazza nella nebbia di Donato Carrisi al fianco di Toni Servillo, Alessio Boni e Jean Reno. Recentemente ha partecipato ai film Il primo Re di Matteo Rovere, In viaggio con Adele di Alessandro Capitani e Palloncini di Laura Chiossone, tutti in uscita nel 2018.