Jeanne Candel, la vie brève
Baùbo / sull’arte di non essere morto
Io sono non so chi,
muoio non so quando,
Sono sorpreso di essere così felice.
Esplorare il corpo e l'anima mentre sono travolti dalle tempeste della passione e osservarne le espressioni selvaggiamente contrastanti: questa è l'ambizione di Baùbo, una performance di teatro musicale affascinante e irriverente, in cui musica e azione si fondono come in un sogno.
Jeanne Candel, dopo il successo di Demi-Véronique e Le Crocodile trompeur / Didon et Énée, torna al Festival dei Due Mondi con una nuova creazione ispirata al mito di Baùbo: Demetra, dea della fertilità e del raccolto, in preda a un triste stato di smarrimento dopo il rapimento della figlia Persefone da parte di Ade provoca il drammatico prosciugamento della terra coltivabile. La vecchia sacerdotessa Baùbo le restituisce il sorriso sollevandosi le vesti e mostrandole il sesso: la dea scoppia in un riso liberatorio e accetta di nutrirsi di nuovo. Il resto del mito genererà il ciclo delle stagioni.
Jeanne Candel e il direttore musicale Pierre-Antoine Badaroux compongono un'anatomia della passione in cui ancora una volta musica e teatro si intrecciano.
«Apriremo il corpo e l'anima che sono stati catturati dal tumulto della passione», racconta Candel. «Il montaggio attraverso la logica del sogno sarà il nostro metodo di lavoro. Il sogno e il suo linguaggio singolare racchiudono poteri di scrittura che desidero mettere alla prova. Vorrei rivelare la vita interiore del tumulto passionale, mostrare la vita dall'inarticolato, il mistero di questa energia che può trascinare via qualsiasi esistenza».
Come già assaporato a Spoleto, sul palcoscenico il gioioso gruppo di attori e musicisti che li accompagna percorre il vertiginoso cammino di questa trasgressione liberatoria per sviscerare con appetito e insolenza ciò che ci fa sentire più intensamente vivi.
adattamento da opere di Buxtehude, Musil, Schütz e altri materiali
regia Jeanne Candel
direzione musicale Pierre-Antoine Badaroux
scene Lisa Navarro
costumi Pauline Kieffer
assistente ai costumi Constant Chiassai-Polin
luci Fabrice Ollivier
collaborazione artistica Marion Bois, Jan Peters
direzione di scena e generale Sarah Jacquemot-Fiumani
di e con Pierre-Antoine Badaroux, Félicie Bazelaire, Stéphanie Padel, Jeanne Candel, Richard Comte, Pauline Huruguen, Pauline Leroy, Hortense Monsaingeon, Thibault Perriard
produzione la vie brève - Théâtre de l'Aquarium
coproduzione Théâtre National Populaire, Villeurbanne; Tandem, scène nationale Arras-Douai; Théâtre Dijon Bourgogne, CDN; Comédie de Colmar - CDN Grand Est Alsace; Spoleto Festival dei Due Mondi; NEST Théâtre - CDN de Thionville -Grand Est; Théâtre Garonne, scène européenne - Toulouse
realizzazione delle scene presso gli Ateliers de la MC93 – Bobigny
in collaborazione con la vie brève - Théâtre de l'Aquarium
realizzazione dei costumi da parte degli Ateliers du Théâtre National de Strasbourg
con i costumi di Spoleto Festival dei Due Mondi
con il sostegno di Ministère de la Culture, Centre National de la Musique, SPEDIDAM, Città di Parigi, Théâtre National di Strasburgo
con il coinvolgimento del Jeune Théâtre National
ringraziamenti Théâtre du Soleil, Jean-Jacques Lemêtre e Marie-Jasmine Cocito, Adrien Béal, Jean-Brice Candel e Léo-Antonin Lutinier
sopratitoli in italiano a cura di Prescott Studio, Firenze
INFORMAZIONI
Spettacolo in lingua francese con sopratitoli in italiano.
Si avvisa che lo spettacolo prevede scene di nudo integrale
Baùbo è uno dei personaggi più misteriosi della tradizione orfica greca. La sua storia è intrecciata a quella di Demetra, dea della fecondità e del raccolto. Che, sconvolta per la perdita della figlia Persefone, rapita da Ade, dio degli inferi, si ritira dal mondo, provocando il prosciugamento dei fiumi: niente crescerà più. Per attirare la dea allo scoperto, le sacerdotesse organizzano una festa con musica e balli. Nulla sembra però scuotere il dolore letargico di Demetra. Fino a quando non le si avvicina un’anziana nutrice, Baùbo. Tra battute e storielle volgari, la donna solleva le vesti mostrando il suo sesso a Demetra, che scoppia in un riso liberatorio, e con ciò ritorna al mondo.
Testo di Laura Zangarini
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Al mito di Baùbo si ispira la nuova creazione di Jeanne Candel, attrice e regista francese classe 1979, che dopo il successo di Demi-Véronique e Le Crocodile trompeur / Didon et Énée (2022), torna con la sua compagnia la vie brève al Festival dei Due Mondi di Spoleto con Baùbo / sull’arte di non essere morto. Non una rappresentazione letterale del mito, quanto l’occasione per vagabondare attraverso ardori, contraddizioni e imprevedibilità del cuore. Una «fantasticheria sulla passione», la definisce Candel, composta intrecciando frammenti dalle opere di Buxtehude, Musil, Schütz e altri materiali, una traversata musicale e teatrale tra gli stati estremi in cui ci getta la passione nelle sue diverse forme: «Tutti abbiamo sperimentato la fine di un amore, ma tutti reagiamo in modo diverso» – esordisce l’attrice e regista. «Tuttavia, c’è un momento in cui il nostro stato cambia, in cui la vita prende il sopravvento. Questo era ciò che mi interessava affrontare, il passaggio in un altro stato, in un altro mondo». Baùbo / sull’arte di non essere morto, prosegue Candel, «è la storia della rinascita di una donna (interpretata da Pauline Huruguen) che è scesa nei suoi più profondi inferni interiori e prova a superarli. Lo spettacolo è composto da due parti, evoca la storia di questa donna che ha appena vissuto una grande storia d’amore, una passione devastante per un uomo, un uomo che non riesce a lasciare andare. È bloccata, in lutto. Colma di sofferenza. È come se non riuscisse ad andare oltre quest’amore, quasi fosse una morte interiore. Nella seconda parte della creazione c’è invece un capovolgimento, ci troviamo in un’altra forma – in realtà è solo un’altra prospettiva sullo stesso tema, un altro modo di mettere in scena la passione non più come favola ma come percorso alla scoperta di ciò che il racconto nasconde. Facciamo ingresso in un altro mondo, nella storia di Baùbo, figura mitologica greca (ma tracce del mito si trovano anche nei Sumeri, in Egitto e persino nell’antico Giappone, ndr), una sacerdotessa che incontra la dea Demetra, disperata per aver perso la figlia Persefone, rapita e offerta in sposa al dio Ade. Demetra, sprofondata nel dolore, vaga in uno stato di mestizia attraverso tutte le terre, alla ricerca di Persefone. Finché non le appare Baùbo: vuole strapparla alla malinconia che la intorpidisce, vuole restituirla alla vita».
Baùbo, prosegue la regista, provoca la dea «con un gesto incongruo, discordante: solleva la gonna e mostra il sesso a Demetra. Un gesto osceno. Che libera la luce. Demetra scoppia a ridere, uno shock salutare che le restituisce la gioia di vivere, che la riconsegna ai vivi. Un’allegoria che incarna il potere e la persistenza del desiderio, la forza della risata come pulsione di vita e strumento di rinascita». Dunque la sacerdotessa ha ricondotto la dea alla vita con un gesto simbolico che rappresenta a un tempo la fertilità, il desiderio, la creazione; ma che è anche buffo, comico. Osserva Candel: «Mi chiedo: cosa ha spinto Baùbo a sollevare la veste, a fare quel gesto provocatorio? L'ho trovato pazzesco e totalmente assurdo». Nei momenti più bui e oscuri della nostra vita, la vita trova sempre una strada. L’atto di Baùbo, sostiene l’artista, «è l’equivalente di un gesto creativo. Credo che la creazione artistica abbia il potere di risvegliare, di stimolare alcune forze che sono in noi, a cui non prestiamo però attenzione. Con Pierre-Antoine Badaroux, direttore musicale del progetto, ci siamo divertiti a lavorare nell’intersezione tra questi mondi, conscio e inconscio. Ci sono diversi colori e tessiture nello spettacolo, uno spettro di emozioni, di suggestioni che insieme formano una polifonia molto particolare».
Una parte importante della colonna sonora della produzione di Candel è opera di Heinrich Schütz (1585 – 1672), tra i maestri del barocco tedesco, autore di una musica a un tempo austera e luminosa, rielaborata liberamente da Badaroux e dai musicisti per un ensemble eterogeneo composto da violino, sassofono, chitarra classica ed elettrica, contrabbasso e percussioni. A essa si accompagna la voce carnale e vellutata del mezzosoprano Pauline Leroy, capace di sfumare dolcemente il canto nel silenzio. Del resto nel suo teatro, sottolinea la regista, «il testo è un materiale tra gli altri. In Demi-Véronique, creazione basata sulla Quinta Sinfonia di Mahler che ho portato al Festival due anni fa, ad esempio, le parole venivano pronunciate solo durante il prologo. Tutto il resto era musica, corpi, gesti. Il mio non è un teatro di testo, ma un teatro di immagini e movimenti». Tableaux vivants che emergono da «un caos interiore che per me» – precisa Candel – «è qualcosa di molto fecondo. Quando creo, mi piace la vertigine del rischio di andare verso ciò che non conosco».
I temi che attraversano le sue creazioni sono «universali», come il lutto e il desiderio. «In Baùbo c’è anche la disobbedienza, qualcosa di più provocatorio. Quello che mi interessa» – aggiunge l’attrice – «è però poter “giocare” con lo spettatore, dunque quando lavoro non mi domando su cosa vorrei che il pubblico si interrogasse: desidero che sia ciò che è in scena a risvegliare, agitare, eccitare, provocare l’inconscio di chi guarda. Con questa creazione provo soprattutto ad aprire paesaggi interiori che mettano lo spettatore davanti alle sue visioni, alle sue suggestioni». L’arte ci salva? «Se ci fosse più arte, se mettessimo arte dappertutto il mondo sarebbe un posto migliore» – afferma senza esitazione la regista. «Se non lo credessi smetterei di farla, perché penso che l’arte possa cambiare la vita. Ogni forma d’arte: la letteratura, la poesia, la musica, il cinema, la pittura. Ma è anche vero che, a volte, sono così disperata che mi domando qual è il senso di fare arte. Una domanda che credo interroghi tutti. Forse i corpi gioiosi e pieni di vita che vediamo in scena, la condivisione di questo rito collettivo che è il teatro, può aiutarci a trovare una risposta. Ero un’adolescente quando vidi per la prima volta sul palco un lavoro di Pina Bausch. Fu uno shock, attraversavo un momento difficile e la sua arte ebbe il potere di salvarmi, cambiò la mia vita. Vedere quello spettacolo mi spinse verso il grande desiderio di creare». Una vitalità ribelle che in Candel continua ad ardere.
d'Art Dramatique (CNSAD) dove lavora con Andrzej Seweryn, Joël Jouanneau, Muriel Mayette, Philippe Adrien, Mario Gonzalès e Arpàd Schilling. Dal 2006 al 2011 lavora regolarmente con Arpàd Schilling con cui realizza quattro spettacoli. Nel 2009 fonda la vie brève e si esibisce con la compagnia: Robert Plankett (Artdanthé, 2010); Le Crocodile trompeur / Didon et Enée, in co-produzione con Samuel Achache, adattato dall'opera di Purcell e da altri materiali (Théâtre des Bouffes du Nord, 2013); Le Goût du faux et autres chansons (Festival d'Automne, 2014), Orfeo, in co-produzione con Samuel Achache, adattato da Monteverdi (Comédie de Valence, gennaio 2017); Demi-Véronique, balletto teatrale ispirato alla Quinta Sinfonia di Gustav Mahler co-creato e interpretato con Caroline Darchen e Lionel Dray (Comédie de Valence, febbraio 2017); Tarquin, dramma lirico composto da Florent Hubert su libretto di Aram Kebabijan (Nouveau Théâtre de Montreuil - CDN, settembre 2019). Nel febbraio 2016 è invitata a mettere in scena Brùndibar di Hans Krasa all'Opéra de Lyon. In piena crisi sanitaria, mette in scena Hippolyte et Aricie di Jean-Philippe Rameau, diretta da Raphaël Pichon con l'Ensemble Pygmalion (Opéra Comique, novembre 2020) e The Rape of Lucretia di Benjamin Britten, diretta da Léo Warynski (Opéra de Paris / Théâtre des Bouffes du Nord, maggio 2021). Nell'aprile 2022 è stata impegnata in La Nuit sera blanche, tratto da Una creatura gentile di Fëdor Dostoevskij con la regia di Lionel González (Théâtre Gérard Philipe, Saint-Denis). Ha una passione per le creazioni in situ, in cui la forza motrice della creazione si basa sull'estrazione di racconti, storie inconsce da luoghi preesistenti. Creazioni in situ: Nous brûlons, une histoire cubiste, spettacolo itinerante nei recessi del villaggio di Villeréal (luglio 2010); Some kind of minster, creazione su un campo da tennis (Villeréal 2012); Dieu et sa maman, una performance in una chiesa sconsacrata di Valence, riempita di canoe, creata e interpretata con Lionel Dray (festival Ambivalences, maggio 2015); TRAP, una performance nel piano inferiore del teatro della Comédie de Valence e negli archivi dipartimentali della città (maggio 2017). Da luglio 2019 gestisce insieme a Marion Bois ed Elaine Meric il Théâtre de l'Aquarium, nella Cartoucherie di Parigi, facendone una casa di creazione dedicata all'intreccio tra musica e teatro.
Sul palco è un sassofonista. Fuori dal palco compone, arrangia, ricerca, ricostruisce e decostruisce la sua musica e quella altrui. Come membro del collettivo Umlaut è coinvolto nella produzione, dal vivo o registrata, di varie musiche: jazz, improvvisazione o composizione contemporanea e musica sperimentale. Come direttore artistico della Umlaut Big Band, approfondisce, attraverso la pratica, una riflessione sulla storia del jazz, sulla sua rilettura e sul mondo degli arrangiatori. Insegna jazz al Conservatorio di Montreuil. Attualmente è membro del quartetto Peeping Tom (Axel Dörner, Joel Grip e Antonin Gerbal), di Jupiter Terminus (Jean-Luc Guionnet e Antonin Gerbal), di Protocluster (Bertrand Denzler, Benjamin Dousteyssier e Antin Gerbal). Ha codiretto con Sébastien Beliah l'Hodos Ensemble. Ha collaborato con i compositori Philip Corner, Jean-Luc Guionnet, Bertrand Denzler, Peter Ablinger e Hannes Lingens. Ha creato con l'ONCEIM opere di Eliane Radigye, Peter Ablinger o John Tilbury. Dal 2015 è co-organizzatore di Jazz Series, una serie di concerti che attingono al repertorio spesso dimenticato del jazz. Ad oggi, Pierre-Antoine Badaroux ha all’attivo oltre venti registrazioni discografiche.
Fondata da Jeanne Candel nel 2009 a Parigi, la vie brève è un ensemble in cui attori, musicisti, registi teatrali, scenografi, costumisti, tecnici si riuniscono regolarmente per periodi di ricerca e creazione. Dai membri iniziali, la vie brève non ha mai smesso di svilupparsi, si trasforma, si riformula in base alle necessità degli spettacoli che propone. È la scrittura collettiva a dare forma alle creazioni della compagnia. Il risultato è una scrittura polifonica in cui attori e/o i musicisti e i cantanti sono messi al centro e sono considerati come creatori e autori, non come semplici esecutori. la vie brève si interessa in modo particolare al rapporto tra musica e teatro. La compagnia mette in scena la musica: dal vivo (la maggior parte degli interpreti sono musicisti provenienti da una formazione jazz o classica) o registrata, la musica è presente in tutti gli spettacoli. La domanda principale che ci si pone durante le prove è: come la musica e il teatro "intrecciano l'azione" contemporaneamente; come il teatro e la musica giocano insieme, giocano tra loro, si oppongono, si fondono e aprono una profondità di campo? Questo ci porta a sperimentare vari processi di ricerca e forme libere da ogni dogma, perché radicate nell'esperienza del palcoscenico. Le creazioni sono fatte di vari materiali che rendono flessibili i confini di una performance: materiali pittorici, cinematografici, scientifici o filosofici e i riferimenti sono tante basi attoriali che invochiamo durante l'improvvisazione o la scrittura scenica. Da luglio 2019, la vie brève gestisce il Théâtre de l'Aquarium che è diventata una casa di creazione per il teatro e la musica. "Far volteggiare le persone in ogni angolo" è il leitmotiv. Artisti associati, attori-musicisti-cantanti, compagnie in residenza lavorano per far vibrare questo strumento di risonanza. La compagnia organizza due volte l'anno, in inverno e in primavera, il BRUIT - Festivals théâtre et musique.