Massimo Recalcati
«Sin da ragazzo, da quando avevo vent’anni, volevo scrivere di teatro. Ero un vero appassionato di teatro, mangiavo pane e teatro. Poi, come spesso accade nella vita, ci sono stati incontri che hanno deviato questa mia vocazione. Durante il primo lockdown ho cominciato a scrivere un testo. Mentre scrivevo attorno c’era la morte». Massimo Recalcati debutta come autore teatrale con Amen, spettacolo che il Festival presenta in prima assoluta.
A partire dall’esperienza di una Milano deserta durante la pandemia, lo psicanalista, presente in scena come voce narrante, si interroga sull’ineluttabilità della fine per l’essere umano e sulla necessità di affermare la vita, in un quadro narrativo che fa suo il contrasto tra un “mondo” esteriore sospeso e un tempo interiore che continua a scorrere. La regia di Valter Malosti mette al centro della scena l’essere umano, neonato e poi uomo, mentre i suoni di Gup Alcaro e le voci di Marco Foschi, Federica Fracassi e Danilo Nigrelli diventano protagonisti assoluti dello spettacolo, che assume i contorni di un’installazione sonora. «Amen» – commenta Recalcati – «vuol dire “così sia”, “che sia così”, che la vita sia viva, che la morte non sia l’ultima parola sulla vita».
DI
Massimo Recalcati
REGIA DI
Valter Malosti
INTRODUZIONE DI
Massimo Recalcati
VOCI DI
Marco Foschi, Federica Fracassi, Danilo Nigrelli
PROGETTO SONORO E LIVE ELECTRONICS
G.U.P. Alcaro
CHITARRA ELETTRONICA
Paolo Spaccamonti
LUCI
Umberto Camponeschi
ASSITENTE ALLA REGIA
Thea Dellavalle
Produzione Teatro Franco Parenti / TPE – Teatro Piemonte Europa / ERT Emilia Romagna Teatro Fondazione
Durata: 1ora, 30 minuti
«Sin da ragazzo, da quando avevo vent’anni, volevo scrivere di teatro. Ero un vero appassionato di teatro, mangiavo pane e teatro. Non avevo molti soldi e i pochi che avevo li spendevo per andare a teatro. Poi, come spesso accade nella vita, ci sono stati incontri che hanno in qualche modo deviato questa mia prima vocazione: c’è stata la filosofia, e c’è stata la psicanalisi che mi ha completamente assorbito. Negli ultimi anni ho cominciato però a depositare qualche appunto con l’idea di tornare al teatro. Sono tornato a vedere il teatro, sono tornato a leggere di teatro. E durante il primo lockdown ho cominciato a radunare questi appunti e a scrivere un testo; ho fatto quello che, in piccolo, fa Noè nella Bibbia all’indomani del diluvio. Mentre scrivevo questo testo attorno c’era la morte. Suoni di campane, di autoambulanze, una Milano deserta, i nostri vecchi che morivano. E così ho scritto questo testo. Come direbbe il grande pittore Rothko, quando si fa arte o si parla della vita e della morte o è meglio non farla. Ho seguito questa indicazione. Al centro di questo testo c’è il rapporto tra la vita e la morte, e ci sono delle domande. Domande su cosa ci sarà dopo la vita, se ci sarà “un dopo”, e come saremo noi dopo la vita, cioè il problema della resurrezione della vita dopo la morte. Certamente c’è questo grande tema, ma soprattutto c’è il tema di come la vita può resistere alla tentazione della morte, di come noi possiamo continuare a essere vivi pur essendo destinati alla morte e pur avendo attorno a noi la morte. Amen è quindi la parola che consacra la possibilità che la vita possa esistere anche dove è la morte, che la morte non possa essere l’ultima parola sulla vita. Amen vuol dire “così sia”, “che sia così”, che la vita sia viva, che la morte non sia l’ultima parola sulla vita. […] Nella mia storia c’è un incontro, che poi è all’origine di questo testo, su cui ritorno costantemente nel corso della mia vita di intellettuale. Ed è il fatto che sono nato destinato alla morte. Da piccolo i medici non mi davano chance di sopravvivenza. Il medico, così mi raccontò mia madre, chiamò il prete a sostituire la scienza. Sono stato un bambino che, nel tempo del battesimo, riceve l’estrema unzione. Battesimo – estrema unzione è il ritmo della nostra esistenza, apertura e chiusura. Di questo parla_ Amen_».
Massimo Recalcati
Massimo Recalcati, psicoanalista, saggista e scrittore. Membro della Società Milanese di Psicoanalisi –SMP, fondatore di Jonas: Centro di clinica psicoanalitica per i nuovi sintomi e Direttore Scientifico della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia IRPA di Milano. Insegna all’Università di Pavia e presso lo IULM di Milano. Dal 2003 è direttore e docente del Corso di specializzazione sulla clinica dei nuovi sintomi presso la sede Jonas Onlus di Milano. Attualmente, è supervisore clinico presso il Centro Gruber di Bologna per casi gravi di DCA. Collabora attualmente con le pagine culturali de la Repubblica e La Stampa. Dal 2014 dirige per Feltrinelli la Collana Eredi e dal 2015 per Mimesis la collana Studi di Psicoanalisi. Le sue numerose pubblicazioni sono tradotte in diverse lingue.
Regista, attore e artista visivo, dirige Emilia Romagna Teatro Fondazione – Teatro Nazionale dal maggio 2021. Ha vinto il premio UBU per la regia di Quattro Atti Profani di Tarantino, il premio Flaiano per la regia di Venere in Pelliccia di Ives, il premio dell’Associazione Nazionale Critici di Teatro per Shakespeare/Venere e Adone e Quattro Atti Profani, il premio Hystrio per la regia di Giulietta di Fellini. Malosti ha diretto opere di Nyman, Tutino, Glass, Corghi e Cage, spesso in prima esecuzione, e per il Teatro Regio di Torino Le nozze di Figaro di Mozart. Come attore Malosti ha lavorato per quasi un decennio con Luca Ronconi, e al cinema con Calopresti, Battiato e Martone. È stato Manfred (Schumann/Byron) per la direzione d’orchestra di Noseda. Ha diretto la Scuola per attori del Teatro Stabile di Torino dal 2010 al 2018 e la Fondazione TPE - Teatro Piemonte Europa dal 2018 al 2021.
Accademia Nazionale
d'Arte Drammatica Silvio d'Amico
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