Già esposta alla Guildhall Art Gallery di Londra (11 dicembre 2018 - 30 aprile 2019), la mostra testimonia una qualità visionaria che non è prerogativa esclusiva di un periodo o di una determinata personalità, ma una caratteristica che definisce le linee essenziali della creatività. Nell’arte di William Blake (1757-1827) che scaturisce da una personale decodificazione del razionalismo illuminista (per quanto osteggiato) a sostegno di quell’anelito alla spiritualità che contraddistingue la sua opera, nell’arte del visionario preraffaellita Edward Coley Burne Jones (1833-1898) che decora le chiese alla ricerca del senso del divino tramite una visione interpretativa che volge al simbolismo, nell’arte di John Latham (1921-2006) che focalizza la sua attenzione sul cosmo e sulla fisica teorica per significare quella trascendenza espressa da Blake e Burne Jones per altre vie, è determinante una lucida e persistente tensione visionaria che si contrappone alla grande utopia illuminista. La mostra di Spoleto si arricchisce della partecipazione di nuovi artisti: Ulay (nato nel 1943) un visionario dell’arte performativa del Ventesimo secolo, pioniere di un approccio viscerale alla performance e alla body art, sperimenta relazioni emotive, dolore fisico e uso di riprese cinematografiche; il suo lavoro “in divenire” si estende fino ai giorni nostri e unitamente ad una collezione di artisti di “Age of Future”, esemplifica cosa significa essere visionario nel Ventunesimo secolo. Un sottile filo collega questa mostra alla città di Spoleto. Sir Denis Mahon e Gian Carlo Menotti non erano solo simili nella loro generosità e filantropia, ma anche nel loro amore per l’opera lirica. È testimoniato l’incontro tra i due grandi uomini e, sebbene Sir Denis sia più conosciuto per il suo contributo accademico alla pittura italiana del XVII secolo, la sua seconda passione non deve passare inosservata.
mostra a cura della Fondazione Sir Denis Mahon
in collaborazione con Flat Time House, Richard Saltoun e Age of Future