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66

Claude Debussy

Pelléas et Mélisande

Budapest Festival Orchestra

Iván Fischer

Sabato da 25€ a 100€, domenica da 20€ a 80€
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Durata 180 minuti con intervallo
Opera

Sinossi

Torna in cartellone al Festival di Spoleto l’Opera con la nuova messa in scena di uno dei titoli più affascinanti del repertorio, Pelléas et Mélisande di Claude Debussy, affidato alla Budapest Festival Orchestra e con la direzione di Iván Fischer, tra i massimi interpreti del momento. Al centro dell’allestimento c’è proprio l’esecuzione musicale: una disposizione scenica non convenzionale unisce musica e teatro, seguendo lo spirito di tutte le produzioni operistiche firmate dal Maestro con Marco Gandini. Un cast internazionale vede Bernard Richter nella parte di Pelléas e Patricia Petibon in quella di Mélisande. Nicolas Teste è Arkël Tassis Christoyannis è Golaud. I costumi sono di Anna Biagiotti e le scene di Andrea Tocchio.

«Sogno un poema drammatico che non mi condanni a degli atti lunghi, pesanti; che mi fornisca delle scene mobili, di carattere molto diverso fra loro; in cui i personaggi non discutono, ma subiscono la vita e il destino» scriveva Debussy che aveva scelto Il dramma di Maurice Maeterlinck come ideale di un nuovo teatro. Il poeta è per Debussy qualcuno capace «di dire le cose a metà e di creare una storia senza luogo e senza tempo». In questo non luogo Pelléas ama la diafana Mélisande, sposa di suo fratello Golaud: ma alla scoperta del loro amore, Pelléas e Mélisande sanno già che esso è perduto.

Come il Prélude à l’après-midi d’un faunePelléas et Mélisande è la perfetta sintesi dell’arte musicale di Claude Debussy: il suo unico dramma musicale segna l’apertura del nuovo secolo e inaugura, con un profondo mutamento di stile e di linguaggio, il teatro lirico del Novecento.

Crediti

Programma

Dramma lirico in 5 atti e 12 quadri

musica Claude Debussy

libretto Maurice Maeterlinck

prima rappresentazione Parigi, Opéra-Comique, 30 aprile 1902

Budapest Festival Orchestra

direttore Iván Fischer

regia Iván Fischer, Marco Gandini

scene Andrea Tocchio

costumi Anna Biagiotti

luci Tamás Bányai

INTERPRETI

Pelléas Bernard Richter

Golaud Tassis Christoyannis

Arkël Nicolas Testé

Yniold Oliver Michael

un dottore Peter Harvey

Mélisande Patricia Petibon

Geneviève Yvonne Naef

direttore tecnico Róbert Zentai

direttore di scena Wendy Griffin-Reid

assistente alla regia Heide Stock

assistente al direttore d'orchestra Johannes Marsovszky

con la collaborazione dello staff tecnico del Festival dei Due Mondi

produzione Iván Fischer Opera Company

coprodotto da Müpa Budapest, Spoleto Festival dei Due Mondi, Vicenza Opera Festival

Nuovo allestimento

Programma di Sala

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Testo di Alberto Mattioli

C’è un documento sonoro remoto e prezioso, che ricorda la prima assoluta di Pelléas et Mélisande. È un vecchio disco a 78 giri della Gramophone & Typewriter, oggi una superchicca da collezionisti perché non se ne conoscono più di tre copie sopravvissute, ma che per fortuna è stato riversato in cd. Nel 1904, due anni dopo il debutto dell’opera, si ritrovarono davanti alla rudimentale macchina d’incisione due dei suoi protagonisti. E così da un mare di fruscii esce, nonostante tutto incredibilmente limpida, la voce del soprano scozzese Mary Garden, la prima Mélisande, accompagnata al piano da Debussy in persona. È l’inizio del terzo atto, il monologo “Mes longs cheveux”, lei che pettina la sua lunghissima chioma penzoloni da una finestra del castello di Allemonde, una scena che è la delizia degli ascoltatori e la croce dei registi. Pur nella precarietà del suono, la corrispondenza di musicali sensi fra i due è percettibile e, si direbbe, intensa. Artisticamente, si amavano. Nel 1908, sulla rivista Musica, Debussy raccontò così la morte di Mélisande nell’interpretazione di Garden: “Fu per me una sorpresa di cui non riesco a esprimere l’emozione. Era la dolce voce che avevo sentito in segreto […] quell’arte avvincente alla quale fino ad allora non avevo voluto credere e che in seguito ha fatto sì che l’ammirazione del pubblico s’inchinasse con fervore sempre più grande davanti al nome di Mlle Mary Garden”. Lei, dal canto suo, del Pelléas parlò così: “Non conosco nessuna opera più carica di mistero il cui charme tenero e malinconico sappia risvegliare maggiormente il sentimento dell’aldilà”. E dire che la signora non era esattamente un mammoletta. Concluse la carriera all’Opera di Chicago di cui fu anche direttrice generale, e dove la sua interpretazione di Salome di Strauss fu così descritta da uno scandalizzato capo della polizia municipale: “Era indecente, disgustosa. Miss Garden si rotolava intorno come un gatto su un letto di erba gatta”.

Proprio la scelta di Garden provocò l’incredibile rottura fra Debussy e Maurice Maeterlinck, il poeta belga, Nobel per la Letteratura nel 1911, dal cui dramma simbolista del 1898 fu tratta l’opera e grande ispiratore di musicisti (le musiche di scena le scrisse Fauré che ne trasse poi una suite, mentre sullo stesso soggetto scrissero anche Schönberg, Sibelius e altri ancora). Debussy si era innamorato del teatro di Maeterlinck già all’epoca della Princesse Maleine, che avrebbe voluto musicare; la prima e unica rappresentazione parigina di Pelléas et Mélisande, il 17 maggio 1893 ai Bouffes-Parisiens, lo colpì tanto che, ricorda Enzo Restagno nel suo recente bellissimo saggio su Debussy, “conservò per tutta la vita il biglietto di quella matinée che avrebbe segnato il suo destino”. Rodrigue et Chimène, l’opera tratta dal Cid di Corneille cui stava lavorando, fu abbandonata all’istante. Anzi, Debussy raccontò al suo librettista, Catulle Mendès, cito sempre Restagno, “che aveva appoggiato il manoscritto dell’opera ormai completa sul bordo del caminetto dal quale era poi scivolato fatalmente fra le fiamme”, e ovviamente era vero niente: né che l’opera fosse completa, né che fosse finita flambé. Sta di fatto che già nel 1893 Maeterlinck diede il permesso a Debussy, poi formalizzato in un regolare contratto, di scrivere l’opera sul suo dramma. I guai, e qui torniamo a Garden, iniziarono quando il Pelléas, inteso come opera, fu finalmente messo in cartellone all’Opéra-Comique di Parigi per il 30 aprile 1902. Maeterlinck voleva, fortissimamente voleva, che la parte della protagonista fosse affidata alla sua amante, il soprano Georgette Leblanc, che dal canto suo dichiarava a chiunque la stesse a sentire che Mélisande era proprio il personaggio che aspettava da anni. Debussy, che non era esattamente un cuor di leone, non la disingannò, spingendosi fino a provare con lei la parte. Quando Maeterlinck e Leblanc scoprirono (dai giornali!) che Mélisande sarebbe stata Garden non la presero affatto bene. Il poeta ricorse al tribunale, ma perse;  allora sfidò Debussy a duello e poi minacciò di farlo bastonare. Peggio: il 14 aprile, scrisse una lettera al Figaro: “Il Pelléas mi è diventato completamente estraneo, quasi nemico e, privato di ogni controllo sulla mia opera, mi vedo ridotto ad augurarmi che la rappresentazione si risolva in un clamoroso fiasco”.

Così, la prova generale del 28 aprile (in effetti, la vera prima, davanti al consueto pubblico di invitati addetti ai lavori e anzi, come si vedrà, ai livori) si svolse in un clima alquanto surriscaldato. Sui giornali si erano rincorsi pettegolezzi, anticipazioni e stroncature preventive; “un programma di sala distribuito all’ingresso del teatro – racconta Fiamma Nicolodi – ironizzava sui doppi sensi, raccontando la trama in termini maliziosamente voyeuristici […], mentre Le Figaro annunciava per scherzo il matrimonio di un certo P. Léas con la signorina Méli Zandt”. E così, più che i fischi, poterono le risate, i lazzi, le urla. Quando Mélisande cantò la frase “Non sono felice” una voce replicò: “Nemmeno noi!”, mentre chi apprezzava, che pure c’era, reagiva indignato. Come spesso avviene in teatro, gli oppositori ottennero il risultato opposto e i contestatori furono contestati. Per la prima ufficiale di due giorni dopo, si mobilitò tutta la Parigi artisticamente progressista. Nonostante il direttore del Conservatorio, Théodor Dubois, avesse vietato ai suoi allievi di assistere allo spettacolo, gli “Apaches”, i giovani musicisti innovatori, Ravel in testa, occuparono militarmente la galleria e si misero a zittire chi fischiava. “Imponevamo il silenzio a chi rideva e l’emozione e il coinvolgimento conquistarono un po’ alla volta gli uomini di buona volontà”, scrisse nel suo Journal intime il pianista Ricardo Viñes. Insomma, fu un successo, cresciuto ulteriormente nelle repliche nonostante le molte riserve della critica e anche qualche sbrigativa stroncatura. Il baccano, al solito funzionò da cassa di risonanza. Finché Jean Lorrain, su Le Journal del 22 gennaio 1904, ironizzò sui sostenitori più sfegatati dell’opera, ribattezzati “Pelléastres” e descritti così: “Efebi dai lunghi capelli con una sapiente scriminatura nel mezzo, dai volti opachi e dagli sguardi profondi”.  

Fin dall’inizio fu chiaro un punto: Pelléas et Mélisande, comunque la si giudichi, è un’opera diverse da tutte le altre, un’ipotesi di teatro musicale radicalmente nuova e destinata a esaurirsi in sé stessa. Di Debussy, a parte il genio, è incredibile la coerenza. Il musicologo Maurice Emmanuel pubblicò nel 1926 la trascrizione di alcune conversazioni fra il giovane Debussy, ancora studente al Conservatorio, e il suo professore di composizione Ernest Guiraud, oggi ricordato soprattutto come, diciamo così, autore di opere altrui (fu lui a rimaneggiare, fra le altre, Carmen e Les contes d’Hoffmann). Più che discepolo e maestro, i due erano amici, nottambuli accomunati dalla passione per il biliardo e le sigarette. Passata la sbornia wagneriana, inevitabile per ogni giovin compositore dell’epoca, Debussy era in cerca della sua strada, ma aveva già le idee chiarissime. Alla domanda di Guiraud su quale poeta avrebbe potuto offrirgli un testo soddisfacente da musicare, la risposta fu questa: “Quello che, dicendo le cose a metà, mi consentirà di innestare il mio sogno sul suo; quello che saprà concepire personaggi dei quali la storia e il luogo non si collochino in nessun tempo e in nessun luogo; quello che non mi imporrà dispoticamente la scena da costruire e che mi lascerà libero, qua e là, senza paura di essere più artista di lui e di completare la sua opera. Non ripeterò gli errori del teatro lirico dove la poesia messa in disparte passa in secondo piano, soffocata da un abbigliamento musicale sovraccarico”. È esattamente l’operazione compiuta su Maeterlinck, che grazie a Debussy va ad aggiungersi alla folta schiera dei drammaturghi rappresentati e osannati nella loro epoca e poi sopravvissuti solo grazie alle opere liriche che ispirarono (l’elenco sarebbe piuttosto lungo e comprende anche nomi illustrissimi: chi ha mai visto in teatro una tragedia di Voltaire? Invece Tancredi e Semiramide e perfino Alzira in palcoscenico ci sono ancora).

In occasione del debutto della sua opera, Debussy scrisse un testo, intitolato Perché lo scritto Pelléas, che contiene un’esposizione assai precisa delle sue intenzioni. Sono le stesse che aveva già espresso vent’anni prima, quando era ancora uno studente: “Da molto tempo cercavo di fare musica per il teatro, ma la forma he volevo darle era così insolita che dopo vari tentativi avevo quasi rinunciato. Volevo dare alla musica una libertà che essa contiene forse più di tutte le altre arti, poiché non si limita a una riproduzione più o meno esatta della natura, ma si allarga alle corrispondenze misteriose tra la natura e l’immaginazione. Il dramma di Pelléas, che a dispetto della sua atmosfera di sogno contiene molta più umanità dei cosiddetti “documenti sulla vita” [Debussy detestava oltre ogni dire il verismo e il realismo, ndr], mi sembrò mirabilmente adatto al mio scopo. Contiene infatti una lingua evocativa, la cui sensibilità poteva prolungarsi nella musica e nell’ornamento orchestrale. Ho anche provato a obbedire a una legge di bellezza che sembra stranamente dimenticata quando si ha a che fare con la musica drammatica; i personaggi del dramma cercano di cantare come persone naturali, e in non in una lingua arbitraria fatta di tradizioni antiquate. Da ciò nasce il rimprovero che è stato mosso al mio presunto partito preso della recitazione monotona, dove non compare mai nulla di melodico. Per prima cosa, è un’affermazione falsa; poi è impossibile che i sentimenti di un personaggio si esprimano continuamente in modo melodico; infine, la melodia drammatica deve essere molto diversa dalla melodia in generale. Non ho la pretesa di avere scoperto tutto con Pelléas, ma ho tentato di aprire un cammino che altri potranno seguire, allargandolo con idee personali che forse sbarazzeranno la musica drammatica della pesante costrizione in cui vive da tento tempo”.

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Date & Biglietti

Sabato da 25€ a 100€, domenica da 20€ a 80€
INFO BIGLIETTERIA
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Biografie

Budapest Festival Orchestra

Iván Fischer realizza il proprio sogno quando fonda la Budapest Festival Orchestra nel 1983 insieme a Zoltán Kocsis. Grazie al suo approccio innovativo alla musica e alla dedizione senza riserve dei suoi musicisti, la BFO è diventata il più giovane ensemble ad entrare nella top ten delle orchestre sinfoniche del mondo. Oltre che a Budapest, l’orchestra si esibisce regolarmente in alcune delle più importanti sedi concertistiche della scena musicale internazionale ed è presente anche sulle piattaforme di streaming internazionali. Dalla sua istituzione, la BFO è stata premiata da “Gramophone”, il prestigioso periodico musicale britannico, per ben tre volte: nel 1998 e nel 2007 la giuria della rivista ha assegnato alla BFO il premio per la migliore registrazione, mentre nel 2022, grazie ai voti del pubblico, è stata nominata Orchestra dell’anno. I successi più importanti della BFO sono legati a Mahler: la registrazione della Sinfonia n. 1 è stata nominata per un Grammy Award. Oltre ai successi discografici e alle acclamate tournée, la BFO si è fatta conoscere a livello internazionale anche grazie una serie di concerti particolarmente originali. Gli Autism-friendly Cocoa Concerts, i Surprise Concerts – apprezzati anche ai Proms di Londra –, le maratone musicali, le Midnight Music performance rivolte ai giovani, i concerti all’aperto a Budapest, le Community Weeks gratuite e il Bridging Europe Festival, organizzato in collaborazione con Müpa Budapest – sono tutti eventi unici a loro modo. Un’altra caratteristica peculiare dell’Orchestra è che i suoi membri cantano regolarmente durante i concerti. Ogni anno la BFO, in collaborazione con la Iván Fischer Opera Company, la Müpa Budapest, il Vicenza Opera Festival e il Festival dei Due Mondi di Spoleto, mette in scena una produzione operistica. Le rappresentazioni sono state invitate al Mostly Mozart Festival di New York, all’Edinburgh International Festival e all’Elbphilharmonie di Amburgo; nel 2013, le Nozze di Figaro sono state al vertice della classifica dei migliori eventi dell’anno di musica classica stilata dal New York Magazine. Il Vicenza Opera Festival, fondato da Iván Fischer, ha debuttato nell’autunno 2018 al Teatro Olimpico.

Iván Fischer

Direttore d'orchestra, compositore, regista d'opera, pensatore ed educatore, Iván Fischer è considerato uno dei musicisti più visionari del nostro tempo. Il suo obiettivo è sempre la musica e, a tal fine, ha sviluppato diversi nuovi formati di concerto e riformato la struttura e il metodo di lavoro dell'orchestra sinfonica. A metà degli anni Ottanta fonda la Budapest Festival Orchestra e da allora introduce e stabilisce numerose innovazioni. Fischer immagina un insieme di musicisti al servizio della comunità in varie combinazioni e stili musicali. Il suo lavoro come direttore musicale della Budapest Festival Orchestra si è trasformato in una delle più grandi storie di successo musicale degli ultimi 30 anni. Con tournée internazionali e una serie di registrazioni per Philips Classics e Channel Classics, si è guadagnato la reputazione di uno dei più celebri direttori d'orchestra del mondo, per il quale tradizione e innovazione vanno di pari passo. Ha fondato numerosi festival, tra cui il Budapest Mahlerfest, il festival "Bridging Europe" e il Vicenza Opera Festival. Il World Economic Forum gli ha conferito il Crystal Award per i suoi risultati nella promozione delle relazioni culturali internazionali. È stato direttore principale della National Symphony Orchestra di Washington, dell'Opéra National de Lyon e della Konzerthausorchester di Berlino, quest'ultima lo ha nominato Conductor Laureate. La Royal Concertgebouw Orchestra lo ha nominato direttore ospite onorario dopo molti decenni di collaborazione. È spesso direttore ospite dei Berliner Philharmoniker, dell'Orchestra Sinfonica della Radio Bavarese e della New York Philharmonic Orchestra. Iván Fischer ha studiato pianoforte, violino e violoncello a Budapest, prima di unirsi alla classe di direzione di Hans Swarowsky a Vienna. Dopo aver trascorso due anni come assistente di Nikolaus Harnoncourt, ha intrapreso la carriera internazionale come vincitore del concorso di direzione d'orchestra della Rupert Foundation a Londra. Dopo varie apparizioni come ospite in teatri d'opera internazionali, ha fondato la Iván Fischer Opera Company. I suoi allestimenti hanno sempre come obiettivo la fusione tra musica e teatro. Le produzioni dell'IFOC, che spesso uniscono nello spazio strumentisti e cantanti, sono state accolte con grande successo negli ultimi anni a New York, Edimburgo, Abu Dhabi, Berlino, Ginevra e Budapest. Fischer è attivo come compositore dal 2004. La sua opera The Red Heifer ha suscitato grande interesse a livello internazionale; l'opera per bambini The Gruffalo ha avuto numerose riprese a Berlino; la sua opera più frequentemente eseguita, Eine Deutsch-Jiddische Kantate, è stata eseguita in diversi Paesi. Iván Fischer è cittadino onorario di Budapest, fondatore della Hungarian Mahler Society e sostenitore della British Kodály Academy. Il Presidente della Repubblica di Ungheria gli ha conferito la Medaglia d'Oro e il governo francese lo ha onorato come Chevalier des Arts et des Lettres. Nel 2006 è stato insignito dell’Hungarian Kossuth Prize, nel 2011 del Royal Philharmonic Society Music Awarde del Dutch Ovatie Prize e nel 2013 è stato nominato membro onorario della Royal Academy of Music di Londra.

Marco Gandini

Marco Gandini è stato collaboratore alla regia al fianco di Franco Zeffirelli e Graham Vick. Ha lavorato nei maggiori teatri d'opera italiani (tra cui Teatro alla Scala, Teatro dell'Opera di Roma, Teatro San Carlo di Napoli, Teatro del Maggio Musicale di Firenze, Arena di Verona, Teatro La Fenice di Venezia, Teatro Massimo di Palermo, Teatro Comunale di Bologna) e compagnie liriche internazionali (Metropolitan Opera House di New York, Washington e Los Angeles Opera, NNT di Tokyo, Royal Opera House di Londra, Teatro Real di Madrid, Teatro Liceu di Barcellona, Teatro Marinsky di San Pietroburgo, Kremlin Theatre di Mosca, Odeo di Erode Attico di Atene). I suoi impegni più recenti e futuri includono: La Bohème al Teatro alla Scala di Milano (ripresa della Bohème di Franco Zefirelli); co-regia de L'incoronazione di Poppea con Iván Fischer al Teatro Olimpico di Vicenza, nell'ambito della tournée della Budapest Festival Orchestra; Il Trovatore alla Novaya Opera di Mosca e al Birgitta Festival di Tallinn; Le Nozze di Figaro e Giovanna d’Arco all'Opera Nazionale Estone; Don Giovanni, Survivordi Varsavia e Der Kaiser von Atlantis di Ullman (in forma semi-scenica) al Teatro Massimo di Palermo; La Fille du Régiment al Teatro Massimo Bellini di Catania; co-regista di Turn of the Screw di Britten con la Budapest Festival Orchestra a Budapest e Vicenza; Le Nozze di Figaro, Don Giovanni e Così Fan Tutte al Teatro del Giglio Showa, Tokyo; Il Campiello alla Fujiwara Opera, Tokyo; I Capuleti e Montecchi con l'Orchestra Simon Bolivar, Caracas.

Bernard Richter

Svizzero di nascita, è ospite dei più importanti teatri d'opera internazionali, tra cui il Teatro alla Scala di Milano, la Royal Opera House di Londra, la Staatsoper di Vienna, il Teatro Real di Madrid, l'Opera di Zurigo e il Grand Théâtre de Genève. Tra i ruoli più importanti del suo repertorio figurano quelli di Pelléas et Mélisande, Idomeno e La Clemenza di Tito, oltre a Don Ottavio (Don Giovanni), Lurciano (Ariodante) e Chevalier (Dialogues des Carmélites). Oltre al suo lavoro sui grandi palcoscenici dell'opera, Bernard Richter è anche un ricercato cantante da concerto. Si esibisce con le principali orchestre e collabora regolarmente con rinomati direttori d'orchestra come Zubin Mehta, Daniele Gatti, Teodor Currentzis, Philippe Jordan, Daniel Harding, Adam Fischer, Kent Nagano, Marc Minkowski e Fabio Luisi.

Tassis Christoyannis

Nato ad Atene, è stato uno dei principali baritoni della Greek Opera house (1995-1999) e della Deutsche Oper am Rhein di Düsseldorf (2000-2006) dove ha cantato Posa, Germont, Conte (Figaro), Don Giovanni, Figaro (Barbiere), Guglielmo, Onegin, Amleto, Pelleas. Come ospite canta a New York (Carnegie Hall, Electra), Glyndebourne Festival e Ginevra (Falstaff), Bruxelles (La Traviata), Amsterdam (Lucia di Lamermoor), Berlino (Il barbiere di Siviglia), Francoforte (Don Carlo, Il Trovatore), Nantes (Falstaff), Budapest (Così fan tutte, Don Giovanni, Falstaff con Iván Fischer), Faust, Il barbiere di Siviglia, I Pagliacci e Il ritorno di Ulisse in patria a Parigi, Il Barbiere di Siviglia a Vienna, La Traviata al Covent Garden, Macbeth e Simon Boccanegra a Bordeaux ecc. Particolarmente degna di nota la sua interpretazione di Wozzeck ad Atene all'inizio del 2020 e di Sharpless (Madame Butterfly) all'Opéra national du Rhin. Recentemente ha cantato Idoménée di Campra a Lille e alla Staatsoper di Berlino, Abramane (Zoroastre) con Les Ambassadeurs a Namur, Anvers e Tourcoing, Don Andrès de Rebeira (La Périchole) all'Opéra Comique- Paris, Cinna (La Vestale) al Théâtre des Champs-Elysées, Iago (Otello) e Scarpia (La Tosca) ad Atene. I suoi progetti per la stagione 2022/2023 e le successive: Falstaff (ruolo del titolo) a Lille e Lussemburgo, Coelenus (Atys) in tournée, Golaud (Pelléas et Mélisande) a Tolosa, Germont (La Traviata) a Ginevra. La sua registrazione del Tamerlano di Handel è stata premiata e lodata a livello internazionale, così come il Giulio Cesare di Handel, l'Andromaque di Gretry e il Falstaff di Verdi sotto la direzione di Vladimir Jurowski su DVD, Reynaldo Hahn e le melodie di Charles Gounod.

Nicolas Testé

Il basso francese Nicolas Testé ha studiato pianoforte, fagotto e storia della musica a Parigi prima di intraprendere la carriera di cantante. Ha studiato all'Opéra National de Paris e al Centre de Formation Lyrique. Nel 1998 ha ottenuto il secondo premio al concorso "Voix Nouvelles".Nicolas Testé si esibisce regolarmente in molti rinomati teatri d'opera come il Metropolitan Opera di New York, la Staatsoper di Monaco, l'Opera di Los Angeles, l'Opera di San Francisco, la Deutsche Oper di Berlino, l'Opéra National de Paris, il Teatro San Carlo di Napoli, il Grand Théâtre de Genève, il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro La Fenice, oltre che al Festival di Glyndebourne e alle Chorégies d'Orange.Il suo vasto repertorio comprende ruoli da protagonista in Iphigénie en Aulide (Agamennone), Roméo et Juliette (Frère Laurent), Manon (Des Grieux), Amleto (Claudio), Il Trovatore (Ferrando), Die Zauberflöte (Sarastro), Castor et Pollux (Giove), Faust (Mephisto), Les Contes d'Hoffmann (I quattro cattivi) e Il Barbiere di Siviglia (Basilio).Nelle stagioni precedenti si è esibito alla Bayerische Staatsoper in La Bohème (Colline), al Metropolitan Opera in Carmen (Zuniga), all'Opéra de Paris in Samson et Dalila (Abimelech) e all'Opera di Los Angeles nel ruolo dei Quattro Cattivi in Les Contes d'Hoffmann.Altre esibizioni includono il ritorno di Nicolas Testé alla Bayerische Staatsoper nella produzione di Lucia di Lammermoor (Raimondo). Inoltre, si è esibito all'Opernhaus Zürich in Maria Stuarda (Giorgio Talbot) e alla Deutsche Oper Berlin nello stesso ruolo. Altre produzioni alla Deutsche Oper Berlin includono Faust (Mephisto) e La Gioconda (Alvise Badoero). Nel gennaio 2018 si è esibito all'Opéra National de Paris ne Il Barbiere di Siviglia (Basilio).Nell'ottobre 2018 Nicolas Testé è tornato all'Opéra Bastille per cantare in Les Huguenots di Meyerbeer nel ruolo del servo Marcel, seguito da un impegno al MET esibendosi in Les Pêcheurs de perles (Nourabad).Nella primavera del 2019 Nicolas Testé ha fatto un celebre debutto nel ruolo di Sarastro in Die Zauberflöte di Mozart all'Opéra Bastille di Parigi e ha debuttato nel ruolo di Claudio nelle rappresentazioni in versione concerto di Amleto a Barcellona e alla Deutsche Oper di Berlino. Nell'autunno 2019 Testé è tornato a interpretare Sir Giorgio ne I Puritani di Bellini all'Opéra Bastille.Nella stagione 2021/22 è stato in scena come Comte des Grieux in Manon all'Opéra di Lione, come Ramfis in Aida al Teatro San Carlo di Napoli, in Norma come Oroveso al Gran Teatre del Liceu di Barcellona e come Colline in La Bohème al MET.Oltre a numerose produzioni operistiche, Nicolas Testé si esibisce regolarmente con orchestre sinfoniche di fama internazionale. Nel novembre 2017 ha intrapreso una tournée asiatica insieme al celebre soprano Diana Damrau eseguendo programmi di gala e recital d'opera con concerti a Singapore, Shanghai, Tokyo, Seoul, Taipei e Pechino. Nell'ambito del tour VERDIssimo ha tenuto concerti nelle principali sale da concerto europee a maggio e giugno 2018.Nelle prossime stagioni Nicolas Testé sarà nuovamente in tournée in Europa e in Asia insieme al soprano Diana Damrau, presentando il loro nuovo programma "Kings and Queens of Opera".

Peter Harvey

Studia inglese e francese al Magdalen College di Oxford e, in seguito, alla Guildhall School of Music di Londra, dove vince il Walther Grüner International Lieder Competi- tion, l’English Song Award e il Peter Pears Award. Effettua oltre un centinaio di registrazioni in un repertorio che abbraccia otto secoli, con particolare attenzione alla musica dell'Alto Barocco.Fra i principali interpreti delle opere di Bach si lega alla J.S. Bach Foundation St. Gallen. Oltre a comprovati specialisti di musica antica come John Eliot Gardiner, Philippe Herreweghe, Masaaki Suzuki, Christophe Rousset, Hervé Niquet, Ton Koopman, Paul McCreesh e a grandi come Gustav Leonhardt e Michel Corboz, ha eseguito le opere di Bach con orchestre come la Boston Symphony Orchestra/Bernhard Haitink, the Orchestre symphonique de Montréal/Kent Nagano, the Bavarian Radio Symphony Orchestra and the Oslo Philharmonic/both with Herbert Blomstedt.Oltre al barocco tedesco e inglese, Peter Harvey si è fatto conoscere anche per le sue registrazioni del repertorio barocco francese, nonché per le opere successive, come le sue pluripremiate registrazioni della Creazione di Haydn e del Requiem di Fauré. Attualmente le sue collaborazioni includono: Hans-Christoph Rademann/Internationale Bachakademie, Lars Ulrik Mortensen/Concerto Copenhagen, Iván Fischer/Budapest Festival Orchestra and Richard Egarr/Scottish Chamber Orchestra.

Patricia Petibon

Studia con Rachel Yakar al CNSM di Parigi e viene poi scoperta da William Christie facendosi un nome come una delle cantanti più versatili nel suo campo, con un repertorio che spazia dal barocco francese alla musica contemporanea. Patricia Petibon collabora con Alain Altinoglu, Giovanni Antonini, Bertrand de Billy, Ivor Bolton, Frédéric Chaslin, Daniele Gatti, Bernard Haitink, Emmanuelle Haïm, Daniel Harding, Kristjan Järvi, Andrea Marcon, Josep Pons, Paavo Järvi, Lorenzo Viotti e molti altri. Tra i momenti salienti della sua carriera si citano Ginevra/Ariodante, il ruolo del titolo in Alcina al Festival di Aix-en-Provence, Euridice in Orfeo et Euridice al Théâtre des Champs Elysées di Parigi. Oltre a Giunia in Lucio Silla a Vienna sotto la direzione di Nikolaus Harnoncourt, con il quale lavora regolarmente, il debutto nel ruolo del titolo di Lulu di Berg a Ginevra, Barcellona e Salisburgo e Blanche/Les Dialogues des Carmélites al Théâtre des Champs-Elysées. Nel maggio 2017 celebra un grande successo come Mélisande in Pelléas et Mélisande di Debussy al Théâtre des Champs-Elysées. Nel 2019 torna all’Opéra-Comique de Paris per Manon di Massenet, a cui seguono i tre ruoli femminili di Les Contes d’Hoffmann di Offenbach alla Monnaie de Bruxelles. Nel 2021, Patricia Petibon è stata ascoltata per la prima volta in La Voix Humaine di Poulenc e in Point d’Orgue di Thierry Escaich ed è tornata come Mélisande in Pelléas et Mélisande al Théâtre des Champs Elysées. Nella scorsa stagione canta una nuova produzione di La Voix Humaine di Poulenc diretta da Katie Mitchell all’Opéra National du Rhin di Strasburgo. Oltre a numerosi recital, è stata in tournée con l’Orchestra Barocca La Cetra e Andrea Marcon e con l’ensemble barocco francese Amarillis. La si è potuta ascoltare, inoltre, in Shéhérazade di Ravel con Les Siècles e François-Xavier Roth, oltre all’Orchestre Philharmonique du Luxembourg e Jérémie Rohrer. Essendo ugualmente a suo agio sui grandi palcoscenici dei recital, si esibisce spesso a Parigi, Lione, Lille, Strasburgo, al Musikverein e alla Konzerthaus di Vienna, al Festival di Salisburgo, a Graz, Ginevra, Dortmund, Amburgo, alla Wigmore Hall di Londra, a Edimburgo, Aix-en-Provence, Lussemburgo, Amsterdam, Copenhagen, Barcellona, Madrid, Granada e Bilbao. Nel 2019 firma un contratto discografico con Sony Music Masterworks. La prima registrazione sotto l’etichetta Sony Classical, intitolata L’amour, la mort, la mer, viene pubblicata nel febbraio 2020. Il nuovo album da solista intitolato La Traversée, che Patricia Petibon ha registrato con Andrea Marcon e La Cetra, è stato pubblicato alla fine di marzo 2022

Yvonne Naef

Originaria della Svizzera, collabora con i più prestigiosi teatri d'opera e sale da concerto. Il suo vasto repertorio è composto principalmente da ruoli nelle opere verdiane (Aida, Il Trovatore, Don Carlo, Un ballo in maschera), che ha cantato in teatri importanti come il Metropolitan Opera House, la Royal Opera House Covent Garden, la Vienna State Opera e l'Opéra de Paris. Nel repertorio francese si è distinta in opere come Ariane et Barbe-Bleue, Carmen, Les Troyense e La damnation de Faust, oltre alla sua predilezione per le opere russe e quelle di Richard Wagner. Sui palcoscenici dei concerti, Naef interpreta compositori che vanno da Bach a Boulez con orchestre e direttori fra i più importanti. Specialista delle sinfonie e dei cicli di canzoni di Mahler, ha eseguito le Sinfonie n. 2, 3 e 8, i Kindertotenlieder, i Lieder eines fahrenden Gesellen, i Lieder aus des Knaben Wunderhorn sotto la guida di direttori come Marin Alsop, Pierre Boulez, Semyon Bychkov, Sylvain Cambreling, Gustavo Dudamel, Christoph Eschenbach, Rafael Frühbeck de Burgos, James Levine, Kent Nagano, Jonathan Nott e Franz Welser-Möst. Tra gli altri importanti direttori d'orchestra con cui ha lavorato in numerosi e diversi progetti concertistici e operistici figurano James Conlon, Christoph von Dohnanyi, Vladimir Fedoseyev, Iván Fischer, Sir John Eliot Gardiner, Daniele Gatti, Michael Gielen, Bernard Haitink, Mariss Jansons, Philipp Jordan, Jesús López Cobos, Marc Minkowski, Seiji Ozawa, Sir Simon Rattle, Georges Prêtree e Michael Tilson Thomas. Dal 2014 Yvonne Naef è docente di canto presso l'Università delle Arti di Zurigo.

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