Jeanne Candel, Caroline Darchen Lionel Dray
Una stanza che è stata distrutta da un incendio. Il nero ha invaso lo spazio, i mobili, le pareti, il letto, il pavimento, gli oggetti. Tutto è bruciato. Un altro mondo, in gestazione – terra, fango, acqua – si ricompone.
La Sinfonia n. 5 di Gustav Mahler è la matrice di questa “creazione collettiva“ ideata dalla compagnia la vie brève. La musica guida i loro passi, li indirizza nel comporre questa epopea musicale e teatrale.
«Ciò che colpisce e affascina nel senso fisico del termine, quando si ascolta la Quinta di Mahler, è questa alternanza tra un’umanità sconfinata e qualcosa che si potrebbe classificare come parodia, ironia» afferma Jeanne Candel. Mahler include nella sua sinfonia elementi appartenenti alla memoria collettiva, un fermento di musica popolare che viene da lontano, che riappare o meglio appare, come piccole orchestre fantasma, come echi che evocano le profondità dell’anima.
“Demi-Véronique“, nel gergo della corrida, è un movimento che vede il toro totalmente avvolto dal mantello del torero e indotto a compiere una stretta curva che arresta la sua carica. In musica potrebbe tradursi in una pausa, una sospensione, da cui tutto può trasformarsi.
Fondata nel 2009 a Parigi, la vie brève è un ensemble di attori, musicisti, registi, scenografi, costumisti, tecnici che si riunisce per periodi di ricerca e creazione ed evolve, secondo le esigenze degli spettacoli che propone, in un continuo processo di trasformazione. La scrittura collettiva è ciò che dà forma alle creazioni dell’ensemble: attori, musicisti e cantanti sono posti al centro e considerati come ideatori, autori e non solo come interpreti. Quella de la vie brève è una scrittura polifonica che si focalizza sul rapporto tra musica e teatro. Questi due elementi si contrastano, si fondono e, insieme, “tessono“ l’azione.
produzione la vie brève – Théâtre de l’Aquarium
co-produzione Comédie de Valence – Centre Dramatique national Drôme-Ardèche, Théâtre Garonne – Scène européenne à Toulouse, Théâtre de Lorient – Centre Dramatique national de Bretagne, Fondation Royaumont, Théâtre de Nîmes – Scène conventionnée d’intérêt national – art et création, danse contemporaine
con il supporto di Région Île-de-France, ADAMI e SPEDIDAM
La creazione dello spettacolo è stata sostenuta dalla Fondation d’Entrerpise Hermès nell’ambito del programma New Settings
Lo spettacolo è stato accolto in residenza di creazione all’Ecole des Beaux-Arts in Lorient e al Théâtre du Soleil
ringraziamenti Clément Mao-Takacs, Loïc Nebreda, Amélie Billault, Clara Favriou-Delaunay per il loro coinvolgimento nel progetto fin dall’inizio; Roland Decaudin e il team dell’École des Beaux-Arts in Lorient; Étienne Lemasson, Charles-Henri Bradier, Astrid Renoux, David Buizard, Pascal Gallepe e il team del Théâtre du Soleil per la loro accoglienza in residenza; Patrice Riera, Roland Zimmermann, Florent Favier; Clément Vernerey per il loro aiuto durante la costruzione del set.
ISPIRATO DALLA SINFONIA N. 5 DI GUSTAV MAHLER
UNA CREAZIONE COLLETTIVA DI LA VIE BRÈVE
SCRITTO E INTERPRETATO DA
Jeanne Candel, Caroline Darchen, Lionel Dray
SCENE
Lisa Navarro
DIREZIONE DI SCENA E DIREZIONE TECNICA DELLA CREAZIONE
Vincent Lefèvre
LUCI
Maël Fabre
SUONO
Julien Fezans
COSTUMI
Pauline Kieffer
CREAZIONI IN TESSUTO (ORGANI)
Simona Grassano
CON L’ASSISTENZA DI
Sara Barthesaghi Gallo
REALIZZAZIONE CERAMICHE
Dora Stanczel
ASSISTENTE DELLA MESSA IN SCENA
Carla Bouis
COLLABORAZIONE ARTISTICA
Laure Mathis
COSTRUZIONE DELLE SCENE
Philippe Gauliard, Vincent Lefèvre
PREPARAZIONE FISICA
Shyne Tharappel Thankappan
DIREZIONE DI SCENA E DIREZIONE TECNICA
Vincent Perhirin
REGIA LUCI
Samuel Kleinman
produzione la vie brève – Théâtre de l’Aquarium
co-produzione Comédie de Valence – Centre Dramatique national Drôme-Ardèche, Théâtre Garonne – Scène européenne à Toulouse, Théâtre de Lorient – Centre Dramatique national de Bretagne, Fondation Royaumont, Théâtre de Nîmes – Scène conventionnée d’intérêt national – art et création, danse contemporaine
con il supporto di Région Île-de-France, ADAMI e SPEDIDAM
La creazione dello spettacolo è stata sostenuta dalla Fondation d’Entrerpise Hermès nell’ambito del programma New Settings
Lo spettacolo è stato accolto in residenza di creazione all’Ecole des Beaux-Arts in Lorient e al Théâtre du Soleil
ringraziamenti Clément Mao-Takacs, Loïc Nebreda, Amélie Billault, Clara Favriou-Delaunay per il loro coinvolgimento nel progetto fin dall’inizio; Roland Decaudin e il team dell’École des Beaux-Arts in Lorient; Étienne Lemasson, Charles-Henri Bradier, Astrid Renoux, David Buizard, Pascal Gallepe e il team del Théâtre du Soleil per la loro accoglienza in residenza; Patrice Riera, Roland Zimmermann, Florent Favier; Clément Vernerey per il loro aiuto durante la costruzione del set.
durata 70 minuti
Etimologicamente, nella letteratura mimetica del football, la veronica può indicare la smarcatura usata da Maradona ai quarti di finale del Campionato del Mondo del 1986 a Città del Messico quando in Argentina-Inghilterra conquista la palla a centrocampo, si libera degli avversari, e dopo una lunga corsa mette a segno uno dei gol più belli della storia del calcio, intendendosi per veronica il dribbling che un giocatore effettua per spiazzare, sbilanciare e superare uno o più componenti dell’altra squadra, un atto creativo, tecnico ed emozionante che può aspirare alla leggenda.
Morfologicamente, stando alle prospettive della tauromachia, la veronica può riferirsi alla figura tipica della corrida eseguita dal torero con la cappa, tenendo il panno vicino al corpo, posto di profilo rispetto al toro che carica, mentre all’ultimo momento il matador lo scarta, facendolo passare da destra a sinistra.
Semanticamente, nel lessico del culto, nell’iconografia spirituale, la veronica viene definita così con stretto richiamo all’atteggiarsi di Santa Veronica che, secondo la tradizione cristiana, si sofferma a togliere il sudore di Cristo con un manto di lino (il cosiddetto “velo della Veronica”) nell’odissea della sua ascesa al Calvario.
Letterariamente, Veronica è un personaggio del racconto Il vaso d’oro di Hoffmann, è un personaggio del racconto di Robert Musil La tentazione della silenziosa Veronika, è la protagonista del romanzo di Paulo Coelho Veronika decide di morire. Cinematograficamente, è un personaggio del film Veronika Voss di Rainer Werner Fassbinder.
Musicalmente, è la figura di una canzone di Fo-Ciotti-Jannacci cantata da Jannacci, è una canzone di Edoardo Bennato, di Adriano Celentano, di Elvis Costello, dei Baustelle, è in una canzone di Alice Cooper, e in una canzone di Bob Dylan.
Demi-Véronique, per giungere al nostro spettacolo non correntemente classificato, è il fluxus di un rapido trasformarsi, è l’oscillazione tra un’umanità senza limiti e una dolce ironia, è un alternarsi di cupa malinconia e ferocia da panico, è il vibrare di un’opera non teatrale che viene trasposta in coreografia di corpi e note, è la creazione collettiva de la vie brève ispirata alla Quinta Sinfonia di Gustav Mahler e plasmata da Jeanne Candel, Caroline Darchen e Lionel Dray. Ad affascinare questi artefici di oggi è stato il senso fisico della Quinta di Mahler. Come se quella sinfonia producesse un tracciato palpabile, una performance epica, una drammaturgia segreta pronta a farsi strada nella nostra pelle oltre che nel nostro cuore. Come se negli angoli più profondi, radicali e viscerali del nostro sentire scoppiasse una mezza veronica, un atto inconsulto da corrida, uno scalciamento da finale mondiale di campionato, una pietà ardita da via crucis profana, e arrivassimo a percepire l’imminenza della carica d’un toro, l’oblio di un Aleph di Jorge Luis Borges, una pausa dopo la quale tutto può ricominciare. Come se si completasse il ciclo di una metamorfosi, l’effetto di un bacio fumante, di orecchie capriccio- se, di una tragica palpitazione, a rompere la linea retta del nostro sopravvi- vere quotidiano.
L’opera, la partitura, il grafico, la multidisciplinarietà, il sismografo scenico, l’entità di questo ascolto materico della Quinta di Mahler è, potrei dire, forse erroneamente semplificando, teatrale. Ma dentro questo riorganizzare l’arte ci sono intuizioni degli autori-registi che cercano, senza certezze, le intuizioni dei destinatari assuntori. È in questa terra di nessuno, di sensibilità non canoniche, che si determina il destino dell’arte del tempo che ancora non c’è, un’arte della non ripetizione, della non rispondenza, della non eccellenza clonata. Importante è capire le associazioni di stimolo, fare deduzioni dal percorso orientativo, dal terreno di gioco dei tre nostri artisti rigeneratori delle contraddizioni ostinate ma composite della sinfonia. Oltre a Mahler, l’influenza delle maggiori reminiscenze ha qui a che fare col set di una camera da letto finita bruciata, con relativo portfolio di immagini d’una casa andata a fuoco, un paesaggio interno di fuliggine e cenere immortalato dall’inquilina poi fotografa Karin Borghouts. Straordinario e collimante è stato il rapporto fra quelle perturbazioni d’una memoria d’un incendio e gli sbalzi e le pressioni di movimento della Quinta. Il risultato è stato Demi-Véronique che, ad eccezione del prologo, è spettacolo senza parlare, con messa in scena della musica, degli squilibri, di frammenti tra loro separati, con figure che non saranno mai personaggi e che invece si commutano, lasciando da parte il tema del significato. Ecco, diciamo che s’è preferito e s’è ottenuto di creare alla lettera un altro mondo.
Partiamo dal presupposto che Mahler ha una posizione specifica nella storia della musica occidentale, tra la tradizione sinfonica del XIX secolo e la scissione della Seconda Scuola Viennese, una musica che si diceva fosse perseguitata dalla propria morte, anche però una musica che lavora e ricompone sonorità esistenti, sia coltivate che popolari. Qui i creatori a sei mani di questo materiale di riattraversamento hanno inscenato nei tracciati musicali tutta una serie di loro fantasmi, di proiezioni di ciò che li perseguita e accompagna a livello di ricordi, storie. Hanno cioè lasciato che si mescolassero conscio e inconscio, iniezioni di libere citazioni, cesure senza limiti. E a questo punto il loro Mahler non è più un compositore lontano ma un autore caoticamente a noi prossimo. E la constatazione aiuta ad accreditare la sezione apposita che Spoleto Festival 2022 conia per la cultura d’una musica da fare più che da eseguire, da performare e non soltanto da suonare, da rendere visuale e coreografica più che concertistica.
Poi, al di là dell’importante altro modulare, trasfondere e spettacolarizzare la musica, c’è un’inedita e decisiva cultura del “come” trarne un diverso linguaggio, del “come” cantierizzare un’ulteriore disciplina facendo leva sulle ordinarie fondamenta di scrittura ed esecuzione sonora. Qui è accaduto che Mahler stesso abbia fornito assi dinamici e linee per il movimento, l’azione. E ora s’è scelto a volte di farsi trasportare dalla musica o, all’incontrario, di ignorarla se non addirittura operare contro. Il materiale del set di Demi-Véronique procede con gli stessi squilibri creativi che hanno ispirato il compositore, ed è un materiale che in modo contemporaneo distrugge, fora, lacera, bussa. Nel primo movimento si riecheggiano i miti giapponesi del pesce distruttivo. La musica viene accolta e con essa si (de)struttura qualcosa. Ci si pone la domanda: chi guida chi? È l’attore che guida l’azione, o è la musica? Posizioni che si spostano, s’alternano. Durante il prologo Lionel Dray esibisce la figura nascosta del leader che è anche alchimista della materia. La materia è il pubblico. Eccola, la posta in gioco dello spettacolo: cosa facciamo con ciò che ci sta accadendo, con ciò che la musica nasconde in noi?
d'Art Dramatique (CNSAD) dove lavora con Andrzej Seweryn, Joël Jouanneau, Muriel Mayette, Philippe Adrien, Mario Gonzalès e Arpàd Schilling. Dal 2006 al 2011 lavora regolarmente con Arpàd Schilling con cui realizza quattro spettacoli. Nel 2009 fonda la vie brève e si esibisce con la compagnia: Robert Plankett (Artdanthé, 2010); Le Crocodile trompeur / Didon et Enée, in co-produzione con Samuel Achache, adattato dall'opera di Purcell e da altri materiali (Théâtre des Bouffes du Nord, 2013); Le Goût du faux et autres chansons (Festival d'Automne, 2014), Orfeo, in co-produzione con Samuel Achache, adattato da Monteverdi (Comédie de Valence, gennaio 2017); Demi-Véronique, balletto teatrale ispirato alla Quinta Sinfonia di Gustav Mahler co-creato e interpretato con Caroline Darchen e Lionel Dray (Comédie de Valence, febbraio 2017); Tarquin, dramma lirico composto da Florent Hubert su libretto di Aram Kebabijan (Nouveau Théâtre de Montreuil - CDN, settembre 2019). Nel febbraio 2016 è invitata a mettere in scena Brùndibar di Hans Krasa all'Opéra de Lyon. In piena crisi sanitaria, mette in scena Hippolyte et Aricie di Jean-Philippe Rameau, diretta da Raphaël Pichon con l'Ensemble Pygmalion (Opéra Comique, novembre 2020) e The Rape of Lucretia di Benjamin Britten, diretta da Léo Warynski (Opéra de Paris / Théâtre des Bouffes du Nord, maggio 2021). Nell'aprile 2022 è stata impegnata in La Nuit sera blanche, tratto da Una creatura gentile di Fëdor Dostoevskij con la regia di Lionel González (Théâtre Gérard Philipe, Saint-Denis). Ha una passione per le creazioni in situ, in cui la forza motrice della creazione si basa sull'estrazione di racconti, storie inconsce da luoghi preesistenti. Creazioni in situ: Nous brûlons, une histoire cubiste, spettacolo itinerante nei recessi del villaggio di Villeréal (luglio 2010); Some kind of minster, creazione su un campo da tennis (Villeréal 2012); Dieu et sa maman, una performance in una chiesa sconsacrata di Valence, riempita di canoe, creata e interpretata con Lionel Dray (festival Ambivalences, maggio 2015); TRAP, una performance nel piano inferiore del teatro della Comédie de Valence e negli archivi dipartimentali della città (maggio 2017). Da luglio 2019 gestisce insieme a Marion Bois ed Elaine Meric il Théâtre de l'Aquarium, nella Cartoucherie di Parigi, facendone una casa di creazione dedicata all'intreccio tra musica e teatro.
Studia all'École du Studio d'Asnières con Jean-Louis Martin-Barbaz e all'École Internationale de Théâtre de Jacques Lecoq. In scena si esibisce negli spettacoli di Jeanne Candel (Nous brûlons, Some kind of monster, Le Goût du faux et autres chsansons), di Sylvain Creuzevault (Le Père tralalère), nelle sue creazioni (Entre chien et loup, Sagan), di Damien Mongin (A memoria perduda), di Antoine Cegarra (Léonce et Léna di G. Büchner), di Thomas Quillardet (Le Repas di V. Novarina e Villégiature di Goldoni), di Julie Deliquet (Amoprhe, La noce di B. Brecht), di Karine Tabet (Auschwitz et après... une connaissance inutile di Charlotte Delbo, Mort accidentelle d'un anarchiste di Dario Fo), di Lionel Gonzalez (Le Médecin malgré lui di Molière_, Escurial_ di Michel de Ghelderode, Sganarelle ou le cocu imaginaire di Molière), di Laurent Rogero (Loki, trompeur des dieux; Héraklès, 12 travaux). Al cinema, recita in Les Bienheureux diretto da Damien Mongin e in 17 filles delle sorelle Coulin.
Studia al Conservatoire National Supérieur d'Art Dramatique (2006-2009) e al Conservatoire municipal du cinquième arrondissement di Parigi con Bruno Wacrenier e Solène Fuimani. Lavora in scena con Jeanne Candel (Robert Plankett, Nous Brûlons, Dieu et sa Maman), Sarah Le Picard (Platonov, la nuit est belle), Gabriel Dufay (Push up di Roland Schimmelpfennig), Sylvain Creuzevault (Le Capital et son Singe, Angelus novus - Antifaust), Yann Joël Collin (Le Conte d'hiver di Shakespeare), Pascal Collin (Qu'est-ce qu'on joue? ), Frédérid Fresson (Pessoa), Damien Mongin (Montlabour), Adrien Lamande (Le Café di Rain Werner Fassbinder e Prométhée), Samuel Vittoz (Réception di Serge Valletti). Nel 2018 crea, mette in scena e interpreta Les Dimanches de monsieur Dézert, adattato dall'opera di Jean de la Ville de Mirmont. Nel 2021 crea con Clémence Jeanguillaume e la vie brève Ainsi la bagarre.
Samuel Achache, Jeanne Candel, Florent Hubert
Samuel Achache