IL FESTIVAL PER LUCA RONCONI
FRAU HALL - JULY 10 _ _
at 10.30
FOR LUCA
to Edited by **Rita Cirio **essayist, playwright and journalist
introduce
**Giorgio Ferrara **and Rita Cirio
intervene
Octavia Piccolo
**Margherita Palli **scenographer and costume designer
**Italo Rota **architect and set designer
Robert Quitta director/journalist
**Brigitte Salino **journalist "Le Monde"
**Paolo Isotta **musicologist, writer
**Stefano Massini **artistic consultant Piccolo Teatro Milano
Encounters and memories. Actors, collaborators, set designers, foreign scholars, Italian authors, spectators. All together, with affection far more than academic sass, they try to compose and define what Luca Ronconi's work in and for the theater has been and has represented in Italy and Europe.
at 16.00
_SO SPOKE LUCA RONCONI _
to edited by Rita Cirio
with
Ottavia Piccolo and Alessio Boni
Among the many interviews and chats with Ronconi in front to of a tape recorder and during the preparation of his shows, Rita Cirio has extracted a few moments that recount the evolution of the work of this irreplaceable man of the theater, from the Kolossals of 11 at such as "Ingnorabimus," to the first cautious approach to Pirandello, to Gadda's "Pasticciaccio" brought to the stage. A kind of composite portrait of the director at various times in his life and works.
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C’è un quadro molto bello e affettuoso, quasi impressionista, nella sua casa in Umbria. Ritrae e racconta Luca Ronconi seduto, attento, sta leggendo un libro o un copione chissà, nella tranquillità della sua campagna dove grazie a un pollice verde da botanico intuitivo, selvaggio e attivissimo, in poco tempo aveva trasformato una scoscesa protuberanza di terra terremotata in un verdeggiare di cespugli giganti di rosmarino, roseti, pergole. All’interno dell’ex casa colonica uno scalone di pietra imponente e austero - opera di Gae Aulenti - separa la parte notte dal soggiorno. Neanche Wanda Osiris ha mai avuto una scala così. Risate. Nei rari intervalli che dedicava alla vita fuori dal teatro Luca era ironico, divertente, curioso, poteva anche prodursi in imitazioni assai credibili, specialità in acclamati direttori d’orchestra, leggere e rileggere di tutto - ed è stato comunque uno dei più grandi e analitici conoscitori di testi teatrali di sempre. Le critiche sapeva interpretarle anche tra le righe. «Sono stato fuori moda per anni - diceva - anche troppo di moda troppo "l’Orlando", molto fuori moda durante il laboratorio di Prato, del genere "queste cose non si fanno" ma chi ha fatto teatro per più di 60 non può più tenere conto di alti e bassi». Come spettatore aveva cominciato da bambino, portato dalla madre, come attore, giovanissimo, all’Accademia. Grandi applausi come rivelazione in Tre quarti di luna di Squarzina, ma lui si sentiva fuori posto «Fare l’attore mi rendeva infelice perché ho bisogno di stare nascosto, avrei preferito fare il macchinista o lo scenografo piuttosto. Da attore sarei rimasto un poveretto» confidava. Sette anni di infelicità, neanche i panni di Arlecchino nella Buona moglie lo rinfrancarono. Finché un gruppo di attori capeggiati da Sergio Fantoni gli chiede di fare lui la regia dei Lunatici (’63) di novità sconvolgente che non viene capita, testimoniano gli attori d’allora, grande apertura di prospettive sceniche che solo Roberto De Monticelli svela nella sua critica. Tornerà a recitare molto più tardi, nelle sue regie, se un attore si fa male e bisogna sostituirlo in fretta o solo per compiacere qualche giovane filmaker, umilmente e generosamente, offrendo una recitazione classica, ben diversa dal "ronconese" a cui allenerà i suoi attori. Dal ‘69 in poi, col successo dell’Orlando furioso in tutto il mondo, da Parigi a New York, una nuova generazione di Theatregoers scopre i carrelli che trasportano attori e pezzi di testo frantumato, ognuno può scegliersi il suo spettacolo. E poi tutta una lunga sequenza di teatro utopico, bello e a volte impossibile per impedimenti burocratici e spaziali: la Katchen von Heilbronn su zattere sul lago di Zurigo, l’Orestea in bilico sulle magnifiche pedane di Enrico Job, le undici ore di Ignorabimus, I Giganti della montagna nelle ex saline di Salisburgo, gli Ultimi giorni dell’umanità tra le locomotive del Lingotto, Il Pasticciaccio di Gadda con pareti che si abbattono a terra, Infinities di John Barrow, Lolita, la strada davanti al palazzo dei diamanti di Ferrara lastricata di specchi per Amore allo specchio, i falò veri per Farhenheit 451… Quanti ricordi. Grandiosità barocca (e non) delle macchine sceniche. Ronconi è stato anche un grande scenografo, senza nulla togliere a chi ha firmato le scene, nel senso di scardinare lo spazio scenico convenzionale per creare un teatro totale, nella prosa come nella lirica. E poi ci ha cresciuti abituandoci a credere nell’onnipotenza del teatro, nella sua forza onnivora, qualunque testo non nato per le scene, saggio sull’universo o sull’economia, romanzo o sceneggiatura, nelle sue mani geniali è diventato teatro. Per toglierci le rassicurazioni tradizionali, come personaggi, vicende, verosimiglianza e restituirci solo incandescente materia prima teatrale. Certo, un teatro che ha reclamato spettatori non spalmati sulle poltrone nel post prandiale, ma allenati fin da piccoli a dribblare carrelli, persino alla militanza fisica e all’apertura della mente. Tanto, si sa, che quando il teatro è grandioso è anche analgesico, il mal di schiena può aspettare. Militanza e disciplina non poi tanto diverse dalla sua, anche se di minor durata, lui che ha provato e diretto fino all’ultimo il bellissimo Lehman trilogy al Piccolo, ore e ore di prove anche nei giorni (tre alla settimana) in cui era costretto alla dialisi. «Ho imparato a conoscere il mondo attraverso il teatro - raccontava - da adolescente ero chiuso in me stesso, poi, da regista, ho imparato a conoscere gli altri e me stesso. Il teatro per me è stato terapeutico». Gli "altri" sono stati anche tutti gli attori che ha formato nell’amato centro di Santa Cristina, quasi ai piedi della sua casa umbra, e quelli della scuola del Piccolo di Milano che porterà il suo nome. Voleva che imparassero a conoscersi oltre che a recitare, per preservarli da eventuali infelicità, come era stata la sua da giovane. Artisti, professionisti o mestieranti? Declinava così le diverse opzioni del mestiere di attore, si possono fare le tre cose benissimo, ma bisogna esserne coscienti e sapere perché si fa teatro. «Può anche succedere che a un attore che vuol fare solo il mestiere resti attaccata l’etichetta di artista, ma il contrario può essere molto, molto frustrante». Se si parlava di sogni, mi raccontava i suoi, banalissimi diceva, terra terra, il contrario di quelli che offriva lui a teatro. Da drammaturgia minimalista, proprio quella da tinello che non sopportava, una sorta di pena del contrappasso scontata in sogno. Ma dopo la malattia erano cambiati: «Si sogna quello di cui si ha paura». E raccontava di fare viaggi senza meta, di non riuscire più a trovare la via di casa, non della casa in Umbria, ma di quella a Roma dove aveva vissuto con sua madre. «E se è vero che la casa rappresenta l’identità… vedi un po’ tu». Il teatro è stato il grande amore della sua vita, totalizzante, per il quale e nel quale ha vissuto, letteralmente. Ma si sa, i grandi amori fanno anche soffrire. «No, non mi ha mai fatto soffrire, mai. È stato davvero gran parte della mia vita, ma sono abbastanza lucido per riconoscere che non è la cosa più importante del mondo. Davvero, non ho mai pensato che il teatro potesse cambiare il mondo». Il suo poi era un teatro orgogliosamente aristocratico. «È un’esperienza minoritaria, un lampo di conoscenza che ha la durata di un lampo di magnesio». Per noi è stato tanti lampi di magnesio che ci hanno fatto spalancare gli occhi, credere nella capacità di rappresentare senza limiti e che, finché avremo memoria, non potremo dimenticare.
Rita Cirio
SIX O'CLOCK THEATER - JULY 11
at 15.00-19.00
REMEMBERING LUCA RONCONI
National Academy of Dramatic Art "Silvio d'Amico" - Italy
Santacristina Theater Center
to edited by Roberta Carlotto and Lorenzo Salveti
Films recounting the work of the great master and contributions recited from actors graduates of the National Academy of Dramatic Art "Silvio d'Amico" who over the years have followed the educational paths conceived and directed from Luca Ronconi at the Santacristina Theater Center.
at 15.00
SUMMER SCHOOL
by Jacopo Quadri
with **Luca Ronconi **
and the students of the Santacristina Theater Center.
photography Maura Morales Bergmann
music Valerio Vigliar
sound Antonio Barba
an Ubulibri and Rai Cinema production in association with **Okta Film **.
In collaboration with the Santacristina Theater Center and theNational Academy of Dramatic Art "Silvio d'Amico"
duration 87'
film winner of the Special Award at the 2015 Nastri d'Argento Docs
English subtitled version
at 16.30
RONCONI WORKSHOP: IN SEARCH OF AN AUTHOR
by Felice Cappa
made from **David Doplicher **.
a Rai Cultura and Rai 5 production in collaboration with Centro Teatrale Santacristina
duration 36'
at 17.00
**LUCA RONCONI. PORTRAIT OF DIRECTOR FROM GRANDE **
By **Franco Marcoaldi **
with the direction of Ariella Beddini
a **RES/Rai Storia ** production in collaboration with Rai Teche and **Turin Production Center** and with Centro Teatrale Santacristina
duration 49'
at 18.00
FRAMES
Played from Fabrizio Falco, Lucrezia Guidone, Luca Mascolo, Massimo Odierna, Sara Putignano, Loris Fabiani, Rosy Bonfiglio
at 19.00
NAMING OF THE SIX THEATER TO LUCA RONCONI
The historic Teatrino delle Sei in Piazza della Signoria to Spoleto will be named to Luca Ronconi in the presence of Spoleto Mayor Fabrizio Cardarelli and Festival dei 2Mondi Artistic Director Giorgio Ferrara.