Amen
«Sin da ragazzo, da quando avevo vent’anni, volevo scrivere di teatro. Ero un vero appassionato di teatro, mangiavo pane e teatro. Non avevo molti soldi e i pochi che avevo li spendevo per andare a teatro. Poi, come spesso accade nella vita, ci sono stati incontri che hanno in qualche modo deviato questa mia prima vocazione: c’è stata la filosofia, e c’è stata la psicanalisi che mi ha completamente assorbito. Negli ultimi anni ho cominciato però a depositare qualche appunto con l’idea di tornare al teatro. Sono tornato a vedere il teatro, sono tornato a leggere di teatro. E durante il primo lockdown ho cominciato a radunare questi appunti e a scrivere un testo; ho fatto quello che, in piccolo, fa Noè nella Bibbia all’indomani del diluvio. Mentre scrivevo questo testo attorno c’era la morte. Suoni di campane, di autoambulanze, una Milano deserta, i nostri vecchi che morivano. E così ho scritto questo testo. Come direbbe il grande pittore Rothko, quando si fa arte o si parla della vita e della morte o è meglio non farla. Ho seguito questa indicazione. Al centro di questo testo c’è il rapporto tra la vita e la morte, e ci sono delle domande. Domande su cosa ci sarà dopo la vita, se ci sarà “un dopo”, e come saremo noi dopo la vita, cioè il problema della resurrezione della vita dopo la morte. Certamente c’è questo grande tema, ma soprattutto c’è il tema di come la vita può resistere alla tentazione della morte, di come noi possiamo continuare a essere vivi pur essendo destinati alla morte e pur avendo attorno a noi la morte. Amen è quindi la parola che consacra la possibilità che la vita possa esistere anche dove è la morte, che la morte non possa essere l’ultima parola sulla vita. Amen vuol dire “così sia”, “che sia così”, che la vita sia viva, che la morte non sia l’ultima parola sulla vita. […] Nella mia storia c’è un incontro, che poi è all’origine di questo testo, su cui ritorno costantemente nel corso della mia vita di intellettuale. Ed è il fatto che sono nato destinato alla morte. Da piccolo i medici non mi davano chance di sopravvivenza. Il medico, così mi raccontò mia madre, chiamò il prete a sostituire la scienza. Sono stato un bambino che, nel tempo del battesimo, riceve l’estrema unzione. Battesimo – estrema unzione è il ritmo della nostra esistenza, apertura e chiusura. Di questo parla Amen».
Massimo Recalcati