Samuel Achache
In scena un uomo sta completando la costruzione di una casa. In piedi in cima a una scala, si prepara a posare l’ultima pietra quando la casa crolla. Quel che resta è solo un muro su cui poggia la sua scala.
All’interno dell’abitazione c’è un pianoforte, ora danneggiato. L’uomo sulla scala tenta di intonare una canzone, ma al pianista è impossibile accompagnarlo. È allora che in suo soccorso arriva sul palcoscenico un piccolo ensemble di musicisti. Ma è la musica stessa a subire le conseguenze di questo collasso, non esiste più nella sua forma originale, deve trasformarsi ripartendo da tracce e ricordi.
L’uomo sulla scala, con il suo canto, dà vita a una nuova musica, una musica delle rovine. Non avendo più nulla, il canto e la musica diventano la forza trainante dell’azione dando così un nuovo impulso alla ricostruzione. I resti della casa diventano superfici sonore in accompagnamento all’ensemble strumentale che si fa spazio fra le macerie. La fine si rivela essere l’inizio.
Il “paese perduto“ è uno dei temi portanti dei Liederkreis op. 39 di Robert Schumann. Il poeta, separato dall’amato o dalla patria come da un confine invalicabile, deve farsi strada attraverso una geografia reinventata. Questa perdita viene percepita come un abbandono e al tempo stesso come una trasformazione.
produzione Centre International de Créations Théâtrales / Théâtre des Bouffes du Nord & La Sourde
coproduzione Théâtre de Lorient – Centre Dramatique National; Théâtre National de Nice; Les Théâtres de la ville de Luxembourg; Théâtre de Caen; Le Quartz, Scène nationale de Brest, Festival d’Avignon; Points communs nouvelle scène nationale Cergy-Pontoise / Val d’Oise; Spoleto Festival dei Due Mondi; Opéra national de Lorraine; Festival d’Automne à Paris; Le Parvis – Scène nationale Tarbes Pyrénées; Théâtre + Cinéma Scène Nationale Grand Narbonne; Le Grand R – Scène Nationale de La Roche-sur-Yon
con il sostegno in residenza di creazione di la vie brève – Théâtre de l’Aquarium e del Centre d’Art et de Culture de Meudon
si ringrazia l’Opéra National de Lorraine per aver messo a disposizione elementi dei costumi
ARRANGIAMENTI COLLETTIVI A PARTIRE DA LIEDER DI ROBERT SCHUMANN
TRATTI DALLE RACCOLTE
LIEDERKREIS OP. 39, FRAUENLIEBE UND LEBEN OP. 42, MYRTHEN OP. 25, DICHTERLIEBE OP. 48, LIEDERKREIS OP. 24
REGIA
Samuel Achache
DIREZIONE MUSICALE
Florent Hubert
SCENE
Lisa Navarro
COSTUMI
Pauline Kieffer
LUCI
César Godefroy
COLLABORAZIONE ALLA DRAMMATURGIA
Sarah Le Picard, Lucile Rose
ASSISTENTE AI COSTUMI E AGLI OGGETTI DI SCENA
Kikita Simoni
DI E CON
Gulrim Choi, Lionel Dray, Antonin-Tri Hoang, Florent Hubert, Sébastien Innocenti, Sarah Le Picard, Léo-Antonin Lutinier, Agathe Peyrat, Eve Risser
Und meine Seele spannte Weit ihre Flügel aus, Flog durch die stillen Lande, Als flöge sie nach Haus.
La mia anima spiegò ampie le ali, volò per le lande silenziose come se volasse verso casa.
da Mondnacht (Notte di luna),
versi di Joseph Freiherr von Eichendorff
da Liederkreis op. 39
di Robert Shumann
Sembra un dettaglio solo tecnico ma non lo è: la raccolta di Lieder op. 39 del compositore tedesco Robert Schumann (1810-1856) è definita dal suo stesso autore “Kreis” e non “Zyklus”. In italiano esiste solo la parola “ciclo” ma in tedesco tra le due parole c’è una sottile differenza. Il musicologo Walter Wiora la spiega così: un “Zyklus” di canzoni è fatto da tante parti che, in ordine cronologico, raccontano una storia, delineando un prima o un dopo, seguendo un filo conduttore comprensibile e condiviso con l’ascoltatore. In un “Kreis” invece i confini sono più labili: non c’è un prima e non c’è un dopo, ci sono tanti stati d’animo, tanti frammenti visivi e poetici che tutti insieme formano un mondo interiore. Se un Zyklus accompagna per mano l’ascoltatore, un Kreis lo invita a perdersi e a cercar- si da solo la propria strada.
E cercare una propria strada in un mondo ridotto a macerie è proprio quello che fanno gli attori, cantanti e musicisti in scena in Sans tambour del regista francese Samuel Achache. Il lavoro di Achache da tempo ruota intorno ai meccanismi che legano musica e teatro, canto e recitazione. Con la sua compagnia La Sourde ha fondato un’orchestra che unisce musicisti che vengono dalle esperienze più disparate: musica antica, jazz e improvvisazione. «E non si tratta di costruire un’orchestra specializzata», spiega il regista, «ma un’orchestra la cui specialità sono le persone che la compongono». La domanda che sembrano farsi gli spettacoli di Achache, da Le Crocodile trompeur/Didon et Énée a questo Sans tambour è “Come guardare la musica? Come ascoltare il teatro?”
Quando entriamo in teatro vediamo una casa. Un uomo in cima a una scala ha appena finito di costruirla: sta sistemando l’ultima pietra. A un certo punto crolla tutto: rimane in piedi solo un muro maestro, quello su cui poggia la scala. L’uomo è lì sopra che guarda il suo mondo andare in pezzi.
In molte lingue la parola “casa” e la parola “patria”, “luogo in cui si è nati” coincidono. Le macerie di una casa sono i frammenti della vita e della storia delle persone che ci vivevano. Le immagini che vediamo oggi dei bombardamenti in Ucraina sono antiche come la storia: gente che, prima di fuggire e ritrovare la propria via nel mondo, si attarda a raccogliere gli ultimi lacerti della propria storia passata. La ricerca di una casa perduta, di una patria lontana, di un’identità andata in frantumi è uno dei temi, quintessenza del romanticismo tedesco, che sono alla base delle liriche di von Eichendorff musicate da Schumann.
Tra le macerie della casa c’è anche un pianoforte ma è andato distrutto, non suona più. L’uomo che ha visto il suo mondo crollare ha bisogno di aiuto per raccogliere i frammenti della sua storia, per tornare a suonare e cantare il suo “Kreis” di canzoni. Attraverso i Lieder di Schumann qui si opera una ricostruzione: c’è la coscienza in tutti gli artisti in scena che non potranno mai ricostruire la casa com’era prima ma possono ricucirne insieme la memoria, con amore e profonda pietà e con l’idea che dopo la distruzione non c’è mai la fine ma sempre una trasformazione. La scelta di parlare di ricostruzione partendo dai Lieder di Schumann è una scelta poetica ed efficace anche per una ragione di fondo, direi anche sociale. Il Lied accompagnato dal pianoforte, oltre che la musica romantica per eccellenza, è anche la musica dell’intimità domestica, del focolare. In ogni casa in cui c’era un pianoforte si poteva cantare. E quando il pianoforte non c’è più, come in questo caso, la musica può essere evocata lo stesso con quello che c’è.
Sans tambour è soprattutto la ricostruzione di uno spazio mentale, di uno spazio della memoria attraverso la musica e la recitazione e i Lieder di Schumann, nella loro frammentarietà poetica di “Kreis”, più che un filo da seguire offrono, sia agli artisti in scena sia al pubblico in sala, una materia spirituale con cui cominciare una paziente opera di trasformazione di quello che era e che non potrà essere mai più.
Samuel Achache si è formato al Conservatorio del V arrondissement con Bruno Wacrenier e poi al Conservatorio nazionale superiore d’arte drammatica. Nel 2013, ha co-diretto con Jeanne Candel Le Crocodile trompeur /Didon et Énée, un’opera teatrale basata su Henry Purcell, che ha vinto il Molière per la performance musicale. Nel 2015, ha diretto Fugue, presentato al Festival di Avignone. Ha rinnovato la sua collaborazione con Jeanne Candel per Orfeo /Je suis mort en Arcadi e per La Chute de la maison al Festival d’Automne. Nel 2018, ha creato Chewing gum Silence con Antonin Tri Hoang al Festival d’Automne, Songs con l’Ensemble Correspondance – Sébastien Daucé. Dal 2019 al 2020, co-dirige il Théâtre de l’Aquarium con la vie brève. Nel 2020, ha diretto Original d’après une copie perdue al Théâtre de l’Aquarium con Marion Bois e Antonin Tri Hoang. Nel 2021, lascia il Théâtre de l’Aquarium e la vie brève e crea la propria compagnia La Sourde per continuare il suo lavoro con il teatro e la musica.
Samuel Achache, Jeanne Candel, Florent Hubert
Jeanne Candel, Caroline Darchen Lionel Dray