Musica

Barbara Hannigan: desiderio e disciplina

Antonio Mancinelli

È una, è doppia, è trina, è quadrupla. A Spoleto – dove sarà la prima donna nella storia del festival a condurre un’orchestra – Barbara Hannigan, cantante, regista, performer e direttrice, perfino acrobata e attrice, condenserà le sue competenze in vari appuntamenti: ne La voix humaine di Francis Poulenc, sul testo di un leggendario monologo scritto da Jean Cocteau, sarà contemporaneamente maestra sul podio e protagonista sul palco, dividendosi tra l’uno e l’altro, grazie a schermi piazzati ad hoc; sarà poi il turno di Jumalattaret di John Zorn, canzoni ispirate al poema epico finlandese Kalevala; e infine, canterà nel Concerto finale diretto da Sir Antonio Pappano, in Knoxville: Summer of 1915, di Samuel Barber. Il suo percorso, da Händel a Bach, da Mozart a Ligeti, ha raccolto così tanti riconoscimenti da non poter essere elencati in poche righe: accenniamo solo al fare parte dell’Ordine del Canada, la sua patria, nel 2016 e al premio Rolf Schock per le arti musicali, nel 2018. Da vari anni porta avanti Equilibrium Young Artists, innovativo progetto di mentoring, che aiuta i giovani artisti a promuovere il loro sviluppo professionale, elevando la loro capacità espressiva. Eppure, non ha atteggiamenti divistici, è empatica e turbinosamente vitale: nella nostra chiacchierata c’è spazio e tempo per risate, riflessioni, scambi d’idee. E anche momenti di commozione.

Barbara Hannigan © Marco Borggreve

Ho letto che preferisce evitare il tema della percentuale troppo bassa di donne rispetto agli uomini che dirigono orchestre, perché non ama «vedere tutto sotto la prospettiva del genere». Non è una contraddizione?

Quello che esprimevo in quell’intervista era un auspicio, non uno statement. Io, con il mio lavoro e la mia storia, incarno una situazione di profondo squilibrio che conosco fin troppo bene. Credo sia fondamentale la formazione e l’educazione dei piccoli: quando mi esibisco davanti a spettatori giovanissimi, sento che per loro è normale vedere una donna dirigere un’orchestra. Non lo è ancora per certi adulti, perché questo tema è ancora troppo legato al genere, appunto. In ogni caso, quello che vorrei davvero è una società in cui ognuno abbia una sola missione: essere fedele a se stesso, a se stessa. Per esempio, faccio cose da pazzi: canto mentre sono a testa in giù da un pianoforte, mentre pedalo con le gambe in aria sdraiata su una sedia, mentre corro sul posto, mentre ballo senza perdere una nota. Sono curiosa di vedere se riesco a fare una cosa che non ho ancora mai fatto, è molto divertente. A me è solo capitato di nascere donna: quello che ho conquistato davvero è l’essere libera.

 

In effetti è difficile definirla, sia perché è brava in tutto ciò che fa, sia perché lei applica all’arte musicale una serie infinita di approcci…

Non voglio essere messa in una scatola con un’etichetta sopra. È questa la vera missione dell’essere artisti: dare forma, voce, movimento ai più vari sentimenti. Con Equilibrium cerco di impostare questo metodo-non-metodo: essere autentici e provare a piegare la propria passione a diverse discipline.

 

Che significato ha per lei la parola “leadership”?

Lo si comprende nella mia gestualità di conduzione: mi esprimo con movimenti che sottintendono un invito a collaborare, come se chiamassi i musicisti a far parte di un team. Essere leader per me non vuol dire essere dittatoriali, anzi: tutto il contrario.

Affrontiamo la realtà: la musica contemporanea è considerata “difficile”, non di facile ascolto come quella pop. Che cosa si può fare per apprezzarla di più?

Lei sicuramente sa che quasi ogni canzone pop è basata sulla ripetizione e sulla combinazione di tre accordi. Poi ascolto il vento, la complessità della Natura e mi chiedo se non sia un nostro dovere etico cercare di approfondire la non semplicità in cui si trovano immersi i suoni del nostro mondo. Anche se le devo confessare una cosa: quando ai bambini faccio ascoltare vari autori, spesso preferiscono Ligeti a Beethoven. Li sorprende di più, non sanno mai quale nota o strumento arriveranno in seguito. Forse dovremmo ascoltare sin da piccoli la musica contemporanea.

 

Dostoevskij sosteneva che «la bellezza salverà il mondo». Ma il mondo salverà la bellezza?

Mi fa commuovere. È il mio pensiero di questi giorni: il mistero dell’essere umano, in grado di seminare morte e poi di realizzare capolavori. Forse l’unico modo per salvare la bellezza è continuare a fare quel che si sa fare. E sempre al nostro meglio.