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58

I DUELLANTI

Alessio Boni

da
Thursday
9
July
2015
ore
19:30
da
2015
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12
July
Ore
17:30
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2015
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2015
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2015
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Teatro

Sinossi

Un romanzo esemplare, scritto da uno dei più grandi autori europei di primo Novecento: Józef Teodor Konrad Korzeniowski, meglio noto come Joseph Conrad, un polacco che, in inglese, racconta una sorprendente storia francese. Di più: napoleonica. L’affresco di un mondo, quello della cavalleria e degli eserciti ottocenteschi, che da lì a breve sarebbe stato spazzato via dalle nuovi armi e dalle nuove logiche militari del Novecento: l’introduzione di armi da fuoco a ripetizione e il super potere degli industriali nella gestione dei profitti di guerra avrebbero buttato all’aria antiche regole, l’etica militare e reso smisurati gli eccidi sui campi di battaglia.

L’idea geniale su cui Conrad costruisce _The Duel _è che i due avversari non si fronteggiano sugli opposti versanti del campo di battaglia: sono ufficiali dello stesso esercito, la Grande Armée di Napoleone Bonaparte. Ussari, per l’esattezza.

Per motivi a tutti ignoti – e in realtà banalissimi, al punto da rasentare il ridicolo – inanellano sfide a duello che li accompagnano lungo le rispettive carriere, senza che nessuno sappia il perché di questo odio così profondo. E, proprio per il mistero che riescono a conservare, i due diventano famosissimi in tutto l’esercito napoleonico: non tanto e non solo per i meriti sui campi di battaglia di tutta Europa, quanto per la loro eroica fedeltà alla loro sfida reciproca, che li accompagnerà per vent’anni, fino al duello decisivo.

Un’opera su di un mondo in rapida estinzione, e al tempo stesso un capolavoro dell’assurdo, su come i fili della vita e del destino sfuggano di mano e sopravanzino ogni buon senso e prevedibilità.

Gabriel Florian Feraud, guascone iroso e scontento, e Armand D’Hubert, posato e affascinante uomo del nord, non sono semplicemente due giovani promettenti, e sconcertanti ufficiali del più grande esercito dell’Ottocento, ma a modo loro incarnano incubi e ossessioni che – da Melville a Faulkner, da Kafka fino ad Albert Camus – accompagnano la cultura occidentale fino allo sfacelo della seconda guerra mondiale.

Questo è un lavoro sull’avversario e sul diventare adulti.

_Per me nei _Duellanti _esiste una questione semplice per quanto contorta: l’avversario più feroce lo hai dentro di te e non riesci a liberartene per il semplice fatto che sei tu che non vuoi liberartene. È il richiamo della foresta, la voglia di libertà, il piacere del rischio e della conquista. E non sta altrove, sta dentro e si nutre di te e tu di lui. Amo quelle storie in cui io posso leggere una trama, e contemporaneamente un’altra completamente diversa, e le due convivono perfettamente. Questo è uno di quei casi: Feraud esiste ed è un avversario reale, in carne e ossa, spietato, feroce, pure stupido per certi versi ma molto determinato. Non mollerà mai. Eppure, al tempo stesso, Feraud è la metà oscura di D’Hubert: è quella parte di te che riemerge ogni volta che abbassi la guardia, ogni qualvolta che – guardandoti intorno – scopri un desiderio vietato che non ti vuoi negare, come ad esempio un duello in piena regola, anche se le regole dei duelli sono stata abolite da Napoleone, che i duelli odiava. Eraldo Affinati, nel commentare Il compagno segreto, un racconto di Conrad degli stessi anni di The Duel, scrive: «Il compagno segreto spiega come si fa a diventare adulti: bisogna scegliere, ma ciò significa rinunciare a qualcosa di se stessi, non soltanto ai rami secchi, il che non costerebbe nulla; anche a quelli fioriti, persino ai più belli. E questo è molto meno facile. Si tratta di una vera e propria amputazione spirituale: chi non l’accetta, non cresce». Mi sembra una fotografia perfetta anche per i nostri Duellanti e fa di questa storia un Fight Club ante litteram: uno scontro violento e inevitabile, desiderato, dove – in realtà – il tuo vero avversario non esiste. Anzi, molto peggio: sei tu. Come se, nel momento di iniziare il duello, quando sei spalla a spalla, e fai i tuoi passi per allontanarti, nel voltarti verso il tuo Feraud, vedessi te stesso. E di quel duello ne hai più bisogno dell’aria che respiri. Senza, sei morto. _

Francesco Niccolini

SINOSSI

**Quanto è lungo un duello? **

La nostra versione teatrale de _I Duellanti _mostra quanto sia impossibile dare una risposta univoca alla domanda. Perché un duello può durare poco più del tempo necessario a estrarre le sciabole e procurare all’avversario una ferita troppo profonda per continuare. Oppure, all’opposto, può durare vent’anni. O ancora, giusto il tempo perché – fuori da un bosco – i due padrini di uno dei duellanti, mentre attendono gli sviluppi di quello che sta accadendo tra gli alberi – possano provare a ricostruire la misteriosa vicenda che lega due ufficiali dell’esercito napoleonico, Armand D’Hubert e Gabriel Florian Feraud. Sono proprio loro due che, nel bosco, e lungo vent’anni, non smettono mai di duellare. E sono sempre loro due che a cavallo o su un prato, si infilzano con sciabole e fioretti. Hanno iniziato quando erano tenenti, dopo un banale battibecco, e non hanno più smesso. D’Hubert, ben visto dai suoi superiori, elegante uomo del nord, e Feraud, il guascone che odia i damerini ruffiani e cicisbei, come il suo avversario: il primo sempre più disincantato dalle imprese e dalle disfatte napoleoniche, il secondo fedele oltre ogni ragionevole dubbio all’imperatore, nella buona e nella cattiva sorte. Di duello in duello, D’Hubert e Feraud partecipano alla conquista dell’Europa e all’ascesa di Napoleone, poi vivono sulla loro pelle la disfatta di Russia, senza mai smettere di trovare occasioni per duelli che, di volta in volta, si fanno sempre più epici per tutta l’Armata, soprattutto perché nessuno conosce i motivi profondi della contesa: una donna? Napoleone? Un’offesa inconfessabile? Qualcosa che viene ancora da più lontano nel tempo e nelle loro vite? Quale segreto così feroce e vergognoso li lega? Impossibile dare una risposta, dato che i due protagonisti non ne parlano con nessuno. Le poche cose chiare di questa vicenda sono che Feraud non intende in nessun modo fare sconti a D’Hubert, che D’Hubert non vuole sottrarsi a Feraud, e che – probabilmente – uno non può fare a meno dell’altro. I due militari (che intanto hanno fatto carriera e sono arrivati a essere capitani, poi colonnelli e infine generali) sono così abituati a combattere e a rischiare la vita, che quei duelli diventano volenti o nolenti parte fondamentale delle loro vite, una ossessione che i due vivono in modi opposti: con astio furente Feraud contro il damerino e traditore, con rassegnata incapacità a sottrarsi D’Hubert. Tutto questo fino al giorno che la caduta e l’esilio di Napoleone fa precipitare le cose: D’Hubert si trova tra i fedeli della restaurata monarchia e viene salvato, mentre Feraud precipita con Napoleone e rischia l’esecuzione capitale. Solo l’intervento (segreto) del suo nemico D’Hubert lo salva: e mentre il "damerino" si prepara al matrimonio con una giovane e bellissima nipote di un aristocratico del sud della Francia, Feraud viene costretto a una sorta di domicilio coatto e a una pensione anticipata e forzata, sotto minaccia di arresto in caso di cattivo comportamento.

Tutto questo non impedisce a Feraud di organizzare un nuovo duello, definitivo, alla pistola. Sottraendosi agli ordini della Monarchia, e insieme a due surreali e invecchiati padrini, il guascone raggiunge D’Hubert in Provenza e si prepara allo scontro finale: alla pistola e in un bosco, praticamente alla cieca. D’Hubert – in attesa del duello – passa la notte più difficile della sua vita: lui che è abituato a combattere sul campo di battaglia e a vedere la morte in faccia, per la prima volta, dubita non solo di Napoleone, ma anche di quella vita, e se è veramente arrivato il momento di smettere di vivere spada in pugno e pensare alla sua nuova famiglia. Forse per la prima volta ha paura.Ma tutto scompare quando i due si trovano davanti e, pistole alla mano, penetrano dentro il bosco, lasciando i due padrini di Feraud (D’Hubert ha deciso di non averne) ad attendere gli sviluppi. Questo è il tempo del racconto e del duello: venti anni, oppure poco più di un’ora. Fino alla sorprendente scoperta finale.

Crediti

Programma

di **Joseph Conrad **

traduzione e adattamento **Francesco Niccolini **

drammaturgia di Alessio Boni, Roberto Aldorasi, Marcello Prayer, Francesco Niccolini

con

Alessio Boni

Marcello Prayer

e con

Francesco Meoni

violoncello Federica Vecchio

maestro d’armi Renzo Musumeci Greco

musiche Luca D’Alberto

scene** Massimo Troncanetti**

costumi Francesco Esposito

luci Giuseppe Filipponio

regia Alessio Boni, Roberto Aldorasi

produzione Goldenart

il testo dello spettacolo è nato da un laboratorio tenutosi presso il Teatro della Pergola di Firenze

regolazione luci E.T.C. Italia www.etcconnect.com

Programma di Sala

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Date & Biglietti

INFO BIGLIETTERIA
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2015
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Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti
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Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti
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Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti
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Orari Evento
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29 Giugno
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Biografie

ALESSIO BONI

Nasce a Sarnico, secondo di tre figli, da papà Ignazio e mamma Roberta; una famiglia proletaria. Per i primi anni segue contro voglia il lavoro paterno e consegue il diploma di ragioneria tramite un corso serale. Successivamente, si rifugia per 15 mesi in Polizia, per poi accorgersi di non esservi portato e scappare con l’amico Roberto negli Stati Uniti, a San Diego, in quel Nuovo Mondo per lui sinonimo di mille opportunità. Ma si sbaglia, e così ritorna a Villongo. A 19 anni, dopo un mese di totale sconforto, riesce a farsi assumere dalla Semi Granturismo come animatore turistico e lì comincia ad appassionarsi agli spettacoli che si tengono ogni sera. Un giorno, Lamberto, il capo animatore, gli suggerisce di provare ad entrare in una scuola di recitazione: prova così ad entrare al Centro Sperimentale di Cinematografia, è il 1988. All’ultimo esame si trova di fronte Giulietta Masina, Luigi Comencini e Mauro Bolognini, arriva undicesimo ma i posti sono 10 e non viene accettato. Si trova allora per caso ad andare a Teatro, al Sistina (non ci era mai stato fino ad allora), e vede La Gatta Cenerentola di Roberto De Simone. Ne esce letteralmente folgorato e si iscrive ad una Scuola privata, gestita da Alessandro Fersen, e dopo un anno di studi si prepara meticolosamente col regista cipriota Andreas Rallis per tentare di entrare all’Accademia Nazionale D’Arte Drammatica Silvio D’Amico. Se non fosse entrato, sarebbe andato a Milano per studiare Psicologia. Lo accettano, e da qui inizia la fortuna degli incontri. Studia per tre anni il metodo mimico con Orazio Costa Giovangigli, poi incontra registi come Roman Viktjuk, Luca Ronconi, Peter Stein, Giorgio Strehler, Liliana Cavani, Carlo Lizzani, Micha Van Hoecke, Giampiero Solari, Marco Tullio Giordana, Roberto Andò, Michele Soavi, Cristina Comencini, Robert Dornhelm e tanti altri...che lo hanno aiutato enormemente ad essere ciò che è ora.

MARCELLO PRAYER

A teatro lavora interpretando testi classici come IliadeRomeo e Giulietta e Bella e la BestiaRiccardo IIILa tragedia di Amleto, principe di Danimarca di W. Shakespeare; _Evgenij Onegin _di Prokof’ev (da Puskin), poema drammatico per soli, attore e orchestra op.71, per la drammaturgia e regia di Luciano Alberti; Il Platone della Casilina su testi di Platone e Pasolini, di cui è anche regista assieme a Gianni Cascone. Partecipa anche al progetto "Dante – Divina Commedia. Per un teatro di poesia" con la regia di Federico Tiezzi al Teatro Metastasio di Prato. Dal 1991 al 2003 è insegnante del Metodo Mimico, applicato alla poesia in forma di coro, presso il Centro d’Avviamento all’Espressione/Gruppo MIM di Firenze diretto da Orazio Costa Giovangigli, spesso collaborando con l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico di Roma. Nella stagione 2011/2012 fa parte del progetto teatrale, in coproduzione tra il Teatro Stabile di Torino e il Teatro Stabile di Roma, The coast of utopia di Tom Stoppard, per la regia di Marco Tullio Giordana. Nella stagione successiva prende parte al progetto teatrale La guerra di Kurukshetra (dal Mahabharata, antico poema epico indiano), per la regia di Giorgio Barberio Corsetti e a In Flagrante Delicto-Gesualdo da Venosa, principe dei musici, regia di Roberto Aldorasi. Da tempo si dedica, con Alessio Boni, alla poesia italiana, elaborando drammaturgie poetiche concertate a due voci. Nelle numerose produzioni cinematografiche e televisive, ha lavorato, tra gli altri, con Marco Tullio Giordana ne La meglio gioventù (2003), Quando sei nato non puoi più nasconderti e Romanzo di una strage, con Andrea Porporati ne Il Dolce e l’AmaroL’uomo che rubò la Gioconda per la regia di Fabrizio Costa, in El artista di Gastón Duprat e Mariano Cohn, Galantuomini regia di Edoardo Winspeare, Il nostro messia regia di Claudio Serughetti, Shooting Silvio regia di Berardo Carboni, _Jesus von Assisi _regia di Friedrich Kluetsch, Mai abituarsi alle cose regia di Giuseppe Eusepi, L’ultimo crodino regia Umberto Spinazzola, _Feisbum film in 8 episodi da un’idea di Marco Scaffardi e Serafino Murri, L’estate di Martino _regia di Massimo Natale, _La città ideale _regia di Luigi Lo Cascio.

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